36enne positivo al covid, al vaiolo delle scimmie e all’HIV: il primo triplo contagio mai registrato

26 Agosto 2022 - 12:51

36enne positivo al covid, al vaiolo delle scimmie e all’HIV: il primo triplo contagio mai registrato

Un uomo di 36 anni è risultato positivo al covid, al vaiolo delle scimmie e all’HIV contemporaneamente. Si tratta del primo caso di co-infezione di questi tre virus mai documentato.
La storia del paziente è raccontata su un articolo del Journal of Infection. L’uomo era tornato da un viaggio in Spagna. Dopo 9 giorni ha accusato i primi sintomi: febbre fino a 39°C, mal di gola, affaticamento, mal di testa, ingrossamento dei linfonodi inguinali.
Il giovane si è così sottoposto al tampone per il covid, risultato positivo. Lo stesso giorno, l’uomo ha presentato un’eruzione cutanea al braccio sinistro: primo sintomo del vaiolo delle scimmie.
Tre giorni dopo, a seguito di una progressiva diffusione delle vescicole, l’uomo ha fatto il suo ingresso nel pronto soccorso G. Rodolico – San Marco, a Catania. Successivamente è stato trasferito al reparto di Malattie Infettive.
Durante il ricovero, il paziente ha rivelato di aver avuto rapporti sessuali non protetti con altri uomini quando si trovava in Spagna. Aveva già ricevuto cure per la sifilide tre anni fa, e soffriva di disturbo bipolare.
I medici hanno inviato dei campioni al laboratorio dell’AOUPP Giaccone di Palermo. Hanno così confermato anche la positività al vaiolo delle scimmie. E non solo: il paziente è risultato positivo anche all’HIV.
Questa vicenda è la dimostrazione che i primi sintomi simil-influenzali e il successivo risultato positivo del tampone non possono portare all’esclusione del vaiolo delle scimmie. Anche a seguito di un’infezione, è ugualmente possibile contrarne delle altre.
Gli autori dell’articolo evidenziano: “Pertanto i medici dovrebbero essere consapevoli della possibilità di co-infezione da Sars-CoV-2 e virus del vaiolo delle scimmie, in particolare nei soggetti con una storia recente di viaggi in aree con focolai” oltre a “incoraggiare i propri pazienti alle precauzioni appropriate”. E aggiungono che i sistemi sanitari “devono essere consapevoli dell’eventualità di co-infezioni, promuovendo appropriati test diagnostici nei soggetti ad alto rischio, essenziali per il contenimento, in quanto non esistono cure o profilassi ampiamente disponibili”.