Un uomo è stato accusato di aver violentato la propria figlia perché lesbica per poi investirla con la macchina, per questo la Procura di Termini Imerese
(Palermo) ha chiesto una condanna a otto anni di carcere. La giovane si era costituita parte civile. Una storia terribile di violenze e soprusi nei confronti di una
ragazza che all’epoca dei fatti aveva appena 15 anni, e che aveva la sola “colpa” di essere omosessuale, e che vede sul banco degli imputati sia il padre che
la madre, per cui invece il pm ha chiesto due anni di reclusione. Una punizione esemplare scattata tra le mura domestiche. Come raccontato dalla stessa
vittima, quando il padre la violentò le disse: «Queste cose devi guardare, non le donne». E poi avrebbe ancora detto, con la moglie: «Meglio morta che lesbica»,
dopo averla rinchiusa nella camera da letto. Oggi la vittima ha quasi 25 anni e si è costituita parte civile davanti al gup di Termini Imerese, nel processo che si
celebra con il rito abbreviato, contro i genitori accusati di maltrattamenti e atti persecutori. Il padre risponde anche di violenza sessuale aggravata. A
rappresentare la ragazza in aula l’avvocato Giuseppe Bruno, che è sempre stato vicino alla vittima. Una volta diventata maggiorenne la ragazza trovò
il coraggio di denunciare l’accaduto. A fare scattare la rabbia e la follia dei genitori erano stati dei messaggi trovati sul cellulare della ragazza da cui sarebbe
emerso il suo orientamento sessuale. Fu la sorella della giovane a raccontare tutto ai genitori. La donna tentò anche più volte il suicidio. Poi, dopo l’ennesimo
abuso sessuale, scappò di casa e li denunciò appena diventata maggiorenne. «Vennero a prendermi a scuola – raccontò la vittima agli
inquirenti- e mentre eravamo in macchina mi davano botte dappertutto». Poi a casa l’abuso sessuale. L’udienza è stata rinviata dal giudice per le indagini
preliminari al prossimo 22 giugno per sentire le difese e la parte civile. Dopo la denuncia presentata nel 2016 la giovane è stata subito trasferita in una comunità protetta.