Uno dei volti più noti degli spot : Marco Casabona

30 Marzo 2021 - 7:42

Uno dei volti più noti degli spot : Marco Casabona

E’ uno dei volti più conosciuti delle pubblicità, sia italiane, sia internazionali. Parliamo di Marco Casabona,

conosciuto da tutti quanti come Marchino. Un percorso iniziato quando aveva appena 18 anni, che l’ha

portato a diventare il volto di punta di tantissime promozioni, tra cui spiccano quelle di marchi importanti

come McDonalds, Haribo, Scavolini, Pittarosso. Spesso programmato all’interno di trasmissioni seguitissime

dal pubblico, come C’è Posta Per Te, Pomeriggio Cinque, Caduta Libera, Marchino ha un sogno nel cassetto:

lanciarsi definitivamente come volto della televisione e farsi conoscere anche per le sue idee, motivo per quale

non disdegnerebbe di diventare un’opinionista. Proprio come ci ha raccontato in questa intervista, dove non

ha risparmiato critiche ad alcuni volti dello showbusiness.


Ciao Marco, sei un volto molto noto delle pubblicità, italiane ma soprattutto internazionali. Come ti sei avvicinato per la prima volta a questo mondo?

“Mi sono avvicinato inizialmente con il teatro. A 14 anni, nella mia Genova, facevo teatro per bambini perché non avevo il permesso dei miei genitori per iscrivermi in una scuola. Per ovviare a questo problema feci di nascosto un provino per una compagnia d’attori, che già andavano in scena. Ero il più piccolo e venni presso, ma facevamo spettacoli per un pubblico adolescente. All’età di 18 anni mi sono invece trasferito a Milano, ho trovato un’agente, che gestiva anche i primi personaggi del Grande Fratello”.

E come è andato l’incontro con questa tua prima agente?

“Innanzitutto, ho sempre avuto il nomignolo di Marchino, che mi sono tenuto non per scelta mia ma perché fatta dagli altri. Chi mi conosce, mi chiama spontaneamente così. L’agente mi disse da subito che potevo essere carino e gentile, ma che la nostra collaborazione non avrebbe avuto molta luce qualora non fossi ritornato vincente dai vari casting a cui mi mandava. All’epoca ero un ragazzino, motivo per cui volevo fare provini su provini. Ne feci così uno pubblicitario ed il giorno seguente sono riuscito a passarlo. Alla mia agente non era mai successo che uno dei suoi assistiti venisse preso al primo casting. Mi fece dunque i complimenti, sicura che avrei fatto molta strada in quell’ambiente. Ed effettivamente aveva ragione, perché poi io negli anni ho confezionato una serie di marchi internazionali, che ha consentito al mio volto di fare il giro del mondo. Ho partecipato a campagne mondiali come quelle con Valeria Mazza, in Francia con Victoria Silvstedt, che è la valletta che gira le lettere a La Ruota della Fortuna, che lì è ancora in onda. In Spagna, sono rappresentato da un agente di attori, in quanto parlo molto bene lo spagnolo, così come il francese. Tornando al punto di prima, ho cominciato a collezionare una serie di brand. Oltre a delle capacità che ho acquisito a scuola, ossia all’Accademia d’arte drammatica Paolo Grassi, credo di avere una qualità: piaccio al cliente. Forse non sono un bravo attore, ma ho le giuste competenze in quello che faccio, ossia nelle pubblicità. Ovvero quando il casting è pre-selezionato da un casting director e poi arriva alla scrivania con il cliente, che alla fine è quello che sceglie e decide il messaggio che deve veicolare per un determinato prodotto. Non è un regista, il direttore creativo o un addetto della fotografia, ma un cliente che magari produce pasta e alle 19.00 o alle 20.00 quando stacca del lavoro va a casa. Non sa tanto di recitazione, ma sicuramente è cosciente di quello che vuole”.

A questo punto, la domanda sorge spontanea: cosa vuole il cliente?

“Vuole una faccia amica, sicuramente non aggressiva, né remissiva. Il più delle volte vuole una faccia standard, che è quella che ho io. Mi ritengo il tipico ragazzo della porta accanto. I miei vicini mi amano, nel palazzo sono conosciuto da tutti. Credo che questa sia una mia specialità. Grazie al mio carattere, riesco ad entrare in sintonia con i gusti del cliente. Sono fortunato perché, a modo mio, so fare ciò che il cliente chiede. Le due cose collimano nel mio farmi essere ad oggi quasi nel Guinnes dei primati. Non c’è sicuramente il titolo del volto più usato nelle pubblicità, ma mi fa ridere pensare all’idea che, invece di ricevere un Oscar come tutti gli attori sognano, possa un giorno inventarmi un meme dove ritiro la targa del Guinnes. Ti confesso che sono nostalgico del Mezzo Minuto d’oro, che presentava Fiorello e premiava i volti, la creatività, le idee dell’industria della pubblicità. Che è sicuramente molto più grande di quella cinematografica…”

Ah, sì? Spiegami meglio.

“Ci sono delle figure professionali come il food designer, che se devi masticare, come mi è successo, un panino della McDonalds, viene con una siringa, con dentro la maionese, e fa sì che dallo stesso panino esca quella goccia che ingolosisce il referente finale, che è il consumatore. Sono molto emozionato quando mi rendo conto di far parte attivamente della pubblicità, non come una comparsa. Sono contento di andare sul set anche quando devo fare le levatacce e svegliarmi presto, perché non è una fatica. Lo stesso concetto che dice Barbara D’Urso, che non si stanca di svegliarsi presto nemmeno quando è stata in onda fino a tardi la sera prima. La seguo molto, mi piace. Non c’è niente di più bello di alzarti la mattina e fare quello che ti piace davvero”.

Ultimamente anche gli influencer fanno spesso pubblicità, soprattutto via web. Cosa pensi di loro?

“Qui voglio diventare un po’ gossipparo. Per quanto mi riguarda, gli influencer sono nella sostanza dei parassiti di tutta questa industria pubblicitaria di cui ti stavo parlando. Secondo me, togliendo i fronzoli e andando all’anima del concetto, gli influencer vorrebbero essere quello che sono io, ma non ci riescono. Ossia, un ragazzo della porta accanto scelto da personalità artistiche e confermato da clienti che investono milioni di euro per fare delle campagne pubblicitarie. Mi stupisco tantissimo quando alcune delle pubblicità che mi vedono protagonista vengono riportate nei giornali di settore di marketing. Per anni, sono stato il ragazzino della Balocco. Quella campagna ha avuto 2 milioni di investimenti, tra effetti speciali, messa in onda, la regia, i creativi, i fonici e le varie maestranze. L’influencer, invece, per 50 euro ti prende in mano il prodotto e dice di farlo conoscere a un migliaio di persone, ma in realtà le aziende già sanno che quei numeri sono farlocchi. Continuano però a spendere perché c’è una richiesta di mercato. Mi lamento perché, se una volta c’era un budget dedicato alla pubblicità e alla comunicazione quasi obbligatorio per le aziende di largo consumo, oggi quello stesso budget non è aumentato, perché c’è un canale in più, ma si è aggiunto un posto a tavola. E questo mi fa tanto arrabbiare. Non odio gli influencer, ma non mi piacciono. Li trovo cheap. I loro codici di sconto e cambio merce se li possono infilare in tasca”.

Da ciò deduco che tu possa avere un parere controverso anche sugli opinionisti televisivi…

“In parte. Alcuni opinionisti che si vedono adesso in televisione, se sono sinceri e onesti come dicono di essere, dovrebbero dimettersi. Ad esempio, ritengo Biagio D’Anelli molto bravo perché si documenta e, grazie a questo, riesce a portare in tv una sua opinione. Nella maggior parte dei casi, vengono invece dati dei giudizi e non un’opinione, che è sicuramente più interessante perché può portare a una riflessione. Molti opinionisti non sono in grado di adempiere a questo ruolo e sfociano in “giudi-cessi”. La Groppelli e la Collovati sono sempre out of topic. E poi c’è anche Karina Cascella, talmente professionale come opinionista, che a Uomini e Donne ha scippato il tronista ad un’altra, mandando in malora mesi e mesi di registrato e un grosso lavoro di redazione, che in programmi del genere è tanto. Eppure, è ancora seduta in tv a fare quello. Francesca Cipriani è una “trash chance”. In anni di occasioni, visibilità e opportunità di lavoro, non ha avuto modo di crescita, di miglioramenti. Ha buttato le sue mille chance nel cestino, non si è evoluta. Non prova a migliorarsi. Continua a farsi vedere per i suoi interventi chirurgici, senza provare, che ne so, a imparare a ballare, a recitare in una sit-com, a fare una rubrica di cucina, visto che all’Isola ci ha menato per mesi con la storia che le piaceva il cibo. A La Pupa e il Secchione fa il suo, ma si vede che a lei non interessa proprio crescere. Non ha nessuna aspirazione di crescita. Mi ha bloccato per questo motivo da Instagram, perché glielo dicevo. Non mi piace nemmeno la new entry dei salottini Alberto De Pisis. Lo conosco da prima che diventasse un opinionista della D’Urso e con me non è mai stato gentile. Piuttosto un bulletto strafottente, anche se mi ha sempre seguito sui social. Taylor Mega è molto simpatica, ho potuto conoscerla meglio attraverso una lunga telefonata, dove mi ha colpito tantissimo”.

E se ti dico Francesca De Andrè?

“Le nostre rispettive famiglie si conoscono. Sono fiero di Francesca, per come è cresciuta. La tenevo in braccio, da piccola, mente facevo insieme a Fabrizia i compiti delle vacanze di scuola. La aiutavo, visto che sono un po’ più vecchio. Con Francesca ho un rapporto bellissimo. E’ l’unica famosa che è venuta nel mio programma di interviste che facevo su Odeon Tv. Con Fabrizia ho invece avuto un malinteso, motivo per cui non ho un buon rapporto attualmente. Mi ha bloccato un po’ ovunque e non le ho potuto nemmeno fare gli auguri quando è diventata mamma. So comunque che le sono arrivati attraverso la madre, che ogni tanto incontro. In ogni caso, ora Fabrizia è occupata anche a fare la mamma, cosa in cui sarà sicuramente bravissima. E’ ovvio che io non sia nei suoi pensieri. Posso dirti che mi è dispiaciuto che non abbia partecipato al GF, fondamentalmente perché è una ragazza molto buona. Somiglia molto caratterialmente ad Andrea Zenga”.

A proposito di Grande Fratello, sei contento della vittoria di Tommaso Zorzi?

“Sono felicissimo. Lo conobbi ancora prima che cominciasse la sua carriera; si vedeva già da allora il suo forte carisma. Lo adoro. Viva Tommaso! Non posso dire la stessa cosa di Alba Parietti, che mi piace a tratti e molto poco in altri. Forse frequento Ibiza più di lei. Mi dà fastidio quando si fa vedere alla spiaggia gay sempre e solo esclusivamente o con un fotografo o una telecamera. Non si viene mai a fare la giornata per i cavoli suoi, che invece si fa in barca, rovinando il tenore favolistico dell’isola, con i suoi amici chic. Fa vedere che è gay-friendly solo con le telecamere. Francesco Oppini, al contrario, è stato top nella casa. Mi è piaciuto questo affiatamento, senza barriere di pregiudizio alcuno con Tommaso, con il quale ha costruito una bella amicizia. L’ho amato”.

E parteciperesti al Grande Fratello?

“Allo stato attuale no. Nemmeno se, dopo le dovute verifiche, mi offrissero tanti soldi come budget iniziale. Ho fatto i casting quando avevo 25 anni, così come ho fatto quelli di Amici. Ricordo che ne passai tantissimi. Un anno mi misero anche in una stanza con altri affinché la produzione potesse ‘spiare’ come ci comportavamo. E’ stato un processo così duro e faticoso, perché non è facile fare il provino. E’ difficilissimo. Quando lo fai, se sei intelligente, capisci che sei tu a proporre il programma, attraverso un questionario standard che ti fanno compilare per tracciare un tuo profilo. Appena rispondi a queste domande, stai tracciando il reality, quello che faranno. Ad esempio, se scrivi che hai paura dei topi, ti fanno lo scherzo del genere. Se non vedi tuo fratello da anni, fanno in modo che l’incontro avvenga. Per questo farei fatica a partecipare sinceramente al programma, qualora avessi l’opportunità. Se non vuoi spingerti entro certi limiti, non scrivi nel questionario quello che non vuoi che avvenga. Ormai sono un uomo adulto, ho una famiglia che mi guarda. Non voglio trascinarli in un circolo mediatico così grande. Sono tamarro, per che chi va in televisione lo è, ma non fino a questo punto”.

Ti vedresti bene nel ruolo di opinionista?

“Certamente, perché mi piace dare un’opinione e non un giudizio. Spesso e volentieri quando siamo chiamati ad analizzare qualcosa, facciamo sempre inizialmente un giudizio. Ma la vera sfida è vedere oltre. L’opinione è una conquista di intelligenza. Chi ha una padronanza di opinione e non un giudizio, tanto di cappello. Se noti, nei salottini, quando uno dà un’opinione nessuno gli parla sopra, cosa che non avviene coi giudizi, dove le voci si accavallano e spesso la D’Urso, per dire, minaccia di chiudere il microfono ai suoi ospiti. Perché avviene questo? Perché l’opinione è più interessante e costruttiva del giudizio. Non ci parli sopra spontaneamente. Spero che qualcuno si accorga di me, che pensi che magari posso essere utile, con le mie idee, per riempire un minuto e mezzo di spazio, a cui poi ne seguirà un altro. Voglio dire ciò che penso, senza nascondermi. Magari qualcuno si incazzerà? Ok, fa parte del gioco”.

In passato, hai fatto anche i casting di Amici. Hai mai conosciuto Maria De Filippi?

“Sì, l’ultima volta è stato nel 2007, nell’edizione di Marco Carta. Sono arrivato per due anni fino alla prima puntata ed ero già stato in onda con diversi spot. Fioretta Mari, che insegnava recitazione, stravedeva per me. Comunque sia, i provini di Amici erano bellissimi. Sono tra le esperienze più belle che io abbia mai fatto. Si andava alle porte di Cinecittà davvero prestissimo, alle 5 del mattino. Nonostante fossi abituato alle grande attese, perché quello delle pubblicità è un lavoro certosino, soffrivo i momenti di pausa, perché ero circondato al 70% da persone meno professionali di me, dato che Amici era il sogno di tanti ragazzi, che partecipavano poiché desiderosi di avere la loro opportunità. Ho incontrato Maria lo stesso giorno in cui avevo deciso di andare via, dopo vari giorni di prove e senza sapere se sarei stato convocato per la prima puntata. Mi aspettavo di vederla prima, perché pensavo che avrebbe partecipato a tutte le varie fasi delle selezioni, dove ci confrontavamo in ogni disciplina, dal canto al ballo. Quando me la sono ritrovata davanti mi sono letteralmente sciolto. Non ho di certo avuto il coraggio di dirle che era da tanto che attendevo di vederla”.

Nel tuo curriculum di provini c’è anche quello di Forte, Forte, Forte, show condotto da Raffaella Carrà. Che sensazioni hai avuto lì?

“Non buone. Inizialmente, dopo un primo contatto, avevo rifiutato di partecipare perché, su domanda mia diretta, mi era stato detto che il programma sarebbe stato impostato un po’ alla maniera di The Voice e non tipo Ballando con le Stelle, in cui si mettevano a confronto 15 persone per trovare, come mi avevano detto via telefono, i nuovi Fiorello e Raffaella Carrà della televisione. Tuttavia, qualche giorno dopo, ho postato sui social un video dove suonavo il pianoforte, motivo per cui questa ragazza mi ha ricontattato, chiedendomi se volessi fare il provino come conduttore del programma. Ti giuro che mi sono messo a piangere per quell’opportunità. E quindi ho deciso di andarci”.

E come è andata?

“Ai casting erano presenti volti come Paolo Stella, Fiammetta Cicogna e Brenda Lodigiani, con cui avevo girato un video molto famoso per Maccio Capatonda. Ricordo però che, al momento della prova, Raffaella Carrà mi ha rimproverato stizzita, come una maestra fa al bambino che chiede insistentemente di uscire dall’aula, perché avevo osato dire ‘Signori e signori’ durante il lancio di presentazione. Mi ha detto con tono di rimprovero: ‘No, nel mio programma non si dice Signori e Signori’. Ci ho messo un po’ a metabolizzare questa cosa, perché in fondo avevo usato una formula che sentivo da anni in televisione ed ero comunque giovane e un po’ in ansia per il casting. In ogni caso, ci tengo a precisare che questa percezione negativa non toglie nulla alla bravura della Carrà, che è stata una grande professionista, lo è ancora e sempre lo sarà. Anche se confesso che non è mai stata tra le mie preferite”.

L’abbiamo già accennato prima. Terminal1, il programma di interviste che hai condotto su Odeon Tv. Parlamene un po’.

“Sicuramente non posso fare le D’Urso-interviste, né tanto meno ambire alla carriera brillante che ha fatto Barbara, nemmeno se rinasco 10 volte. Ad ogni modo, Terminal1 diciamo che ha lo stile di Marchino. Non sono un giornalista, non posso fare certamente una cosa formale per venderla ad un giornale. Posso creare un contenuto divertente, dove si fanno quattro chiacchiere con la scusa di invitare una persona. Era un programma coadiuvato ad un late night, che si è visto un po’ con Zorzi al Grande Fratello. Non è nient’altro che un format trito e ritrito di una televisione anni ’80, talvolta stucchevole, che si rinnova con i personaggi attuali. Terminal1 erano delle chiacchiere intervallate da eventi straordinari, come chiedere agli ospiti di scegliere un braccialetto portafortuna, da usare come escamotage per parlare di desideri. Che ne so, un ospite prendeva il braccialetto rosso perché in quel momento voleva trovare l’amore, verde se voleva fare una riflessione su una speranza che aveva. A volte utilizzavo una paletta, rossa o verde, per chiedere loro pareri su eventuali outfit mostrati da alcuni personaggi, come quello di Giulia Salemi a Venezia. Era puro intrattenimento. Non abbiamo inventato nulla di particolare, dato che ero anche autore dello spazio. L’unica cosa bella era che avevo fatto costituire un passaporto molto grande, inizialmente chiuso. Aprendolo, al posto della foto, c’era una specie finestra, dove poi faceva capolino il mio vip. Prima di farlo accomodare, si effettuava un check, col suo nome, cognome, eventuale nome d’arte, nascita, luogo e così via. Infine, mostravamo una breve clip su di lui, incentrata dal punto di vista social. E da lì si chiacchierava per circa mezzora. Terminal1 partiva proprio dall’idea di questo passaporto. Viaggiando ci si incontrava e si faceva una chiacchiera ”.

Attualmente, stai portando avanti dei progetti, anche a livello pubblicitario?

“Sto continuando la collaborazione con Mediaset. Sono in programmazione, ma penso che mi chiameranno quando ci saranno altre batteria pubblicitarie. E in quel caso ubbidirò, come faccio sempre. I progetti Mediaset non sono sempre legati alla telepromozione. Per adesso, è sicuramente l’attività che mi ha coinvolto maggiormente lì, pur ritagliandomi degli spazio socio-culturali. Ad esempio, sono stato volto di un’ultima campagna sociale sull’importanza del gioco dei bambini. E’ importante che ricomincino a giocare, dopo questo periodo di Covid. Ho avuto l’occasione di lavorare con dei professionisti, che mi hanno dato modo di imparare tanto. Mi sono sempre sentito parte integrante del lavoro, non ai margini. Penso che, se capitasse l’occasione giusta, la televisione, che non è per tutti, potrebbe essere adatta a me. Se invitano il panettiere sexy, che fondamentalmente è lì per apparire, perché non inviti me per dare un’opinione? Il panettiere che cosa se ne fa di questa ospitata? Cosa credi di costruire? Magari ti scrivono un articolo, ma poi?”.

 Mi viene dunque spontaneo chiederti una cosa. Come mai lavori principalmente in pubblicità?

“Semplice. Perché la pubblicità è largamente più democratica e meritocratica della tv. Spesso, per andare in televisione uno deve provare a mettere in fila quello che sto cercando di fare a carte scoperte. Fare una serie di interviste, di attacchi, di opinioni. Non mi interessa più fare interviste, dove mi si chiede qual è il mio colore preferito o lo spot più bello che ho fatto. So essere pungente, cattivello, ma sono anche tanto sensibile. In questo momento sono nella via della “redenzione”. Voglio usare il mio cervello per dire qualcosa che sia costruttivo. Non cerco la competizione, ma se mi metto in gioco per ballare, ballo. Cosa importa alla gente sapere se Luca Argentero era bono quando abbiamo fatto lo spot insieme? Tra parentesi, era super Bono, così come lo è Biagio D’anelli, che abbiamo citato prima. Comunque sia, senz’altro, la gente è più interessata a sapere com’è Simona Ventura, con cui ho girato lo spot Pittarosso. Sicuramente, non gliene può fregar di meno di cosa ho fatto io, di dove sono nato o che cosa ho studiato. Si è più interessati a cosa si dice, non a cosa si fa. Anche se, e questo ci tengo a dirlo, mi sono tolto tantissime soddisfazioni nelle pubblicità: mi hanno trasformato in un cartone animato, ho avuto la voce da bambino nella pubblicità della Haribo, uno spot che attira molto la curiosità degli addetti ai lavori, ho fatto il fidanzato, il single, il papà, le telepromozioni Mediaset, Rai e La 7; mi sono buttato con un paracadute per Riomare. Ho fatto campagne pubblicitarie strapagate e mondiali; partecipazioni a Costa Crociere o per prodotti come De Agostini, Scavolini – l’unica cosa bella che ho in comune con la Carrà -, Balocco e così via, fino ad arrivare all’ultima campagna di Samsung, che è stata proiettata al Duomo durante Natale”.

Ti faccio un’ultima domanda. Il Covid ha cambiato un po’ il tuo modo di lavorare?

“Beh, sì. Il lavoro si è sicuramente dimezzato, le chance sono minori. Ad esempio, quando capitano degli spot in cui c’è bisogno di una coppia che deve stare vicini. In quel caso, gli attori devono essere prevalentemente conviventi. Per questo ho deciso di espormi. Se devo parlare, adesso è arrivato il momento. Parliamo. Se mi chiamassero come opinionista, sarebbe grasso che cola. Potrei dire, che ne so, la mia su qualcuno che si è trovato ad entrare nel problema dell’anoressia per poter lavorare nelle pubblicità, in televisione. Non mi vergogno a dirlo, sarebbe proprio grasso che cola. In questo momento è tutto fermo, troppo preciso. Soprattutto nel mondo pubblicitario, che può sembrare semplice, ma è difficilissimo per il suo tecnicismo”.

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