La proposta del Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi di svolgere l’attività anche durante i mesi estivi (luglio ed agosto) espressa
in audizione al Senato, ha suscitato innumerevoli polemiche da parte del corpo docente. Il Ministro ha successivamente precisato che, come
sempre, la scuola terminerà a metà giugno, ma il suo piano è creare “un ponte” per tutti i bambini ed i ragazzi tra quest’anno scolastico e il
prossimo, affinchè possano facoltativamente frequentare corsi e laboratori estivi, con lo scopo di recuperare proprio quella socialità
persa negli ultimi due anni a causa della attività didattiche a distanza. Queste attività, precisa il Ministro, “non per forza dovranno tenersi a
scuola, ma potranno svolgersi anche all’esterno. Né si terrà conto dell’organizzazione in classi. I temi potranno essere i più diversi: si
pensa ad organizzare laboratori teatrali o musicali, anche per aiutare il settore ancora fermo. Gli insegnanti, potrebbero partecipare su base
volontaria, ma sarebbero comunque retribuiti a parte rispetto al normale stipendio”. L’idea proposta dal Ministro è estremamente interessante, e se
vogliamo si avvicina alle impostazioni
di fondo del sistema scolastico americano e anglosassone, che vede l’inizio delle attività tra fine luglio e primi giorni di settembre,
con una durata complessiva di 9 mesi. Risulta evidente che, nel caso specifico, rispetto ad una probabile riorganizzazione del programma
scolastico, occorre necessariamente un tempo di maturazione. La cosa più semplice sarebbe quella di iniziare prima, in forma facoltativa, con
l’apertura di corsi e laboratori a tema durante i mesi estivi, per poi tarare il grado di sostenibilità e attendibilità di un’ ampia
progettualità che, da qui ed ora, il Ministero definire nei mesi a venire. La visione americana sembra essere molto cara al prof. Bianchi: un
orario ridotto di lezione, un breve spacco tra una lezione e l’altra, il cambio classe per svolgere le lezioni, la possibilità di incrementare le attività sportive, musicali e ricreative, la formazione di un percorso di studi individualizzato, con la scelta da parte dello studente tra le materie obbligatorie e quelle facoltative, l’importanza che viene data alle attività extrascolastiche, come lo sport ed i club e le associazioni per il volontariato. Un sistema ben diverso da quello cui siamo abituati, che punta alla scuola in quanto comunità, in cui si vive tutta la giornata, il posto che abilita la partecipazione a tante attività, si fa il tifo per la propria squadra e ci sono occasioni di divertimento e feste: tutto questo determina affezione scolastica e un forte spirito di appartenenza. I professori hanno uno spazio, dedicato solo a loro, per ricevere gli studenti, i cosiddetti tutoring; c’è anche la figura del counselor che guida lo studente alla scelta dei corsi e delle attività extrascolastiche e a comprenderne le passioni e le attitudini: tutto il percorso scolastico è orientato e strutturato secondo l’individualità di ogni singolo allievo. Non vi sono lezioni frontali, ma gli studenti sono incoraggiati a partecipare, interagire, porre domande, esprimere se stessi, presentare lavori di gruppo e ricerche individuali. Le lezioni favoriscono una maggiore autonomia di ogni discente nel processo di apprendimento. E’ proprio questo modo di fare scuola che penso voglia portare avanti il Ministro Bianchi, e se questa è l’ idea di cambiamento e rimodulazione dell’orizzonte scolastico, è davvero ora indispensabile che le scuole
statali e paritarie pubbliche restino aperte nei prossimi mesi di luglio ed agosto, per cavalcare l’onda di rinnovamento che ci porterà a mettere al centro della scuola ogni bambino e o ragazzo, strutturando quello che sarà il percorso giusto nelle sue corde. La visione europeistica ed oltreoceano della riorganizzazione della scuola accoglierebbe sicuramente il consenso del premier Draghi, molto vicino alla cultura anglosassone, guarderebbe anche all’approvazione dei sindacati, considerando come si espresso Landini nei suoi non ultimi interventi, indicando l’opportunità di aumentare l’età dei ragazzi rispetto all’obbligo formativo portandolo fino ai 18 anni, proprio per poter lavorare sull’analfabetismo culturale dei nostri giovani, e portare la scuola italiana all’altezza di altre realtà europee. Siamo davanti ad una visione politica di fare scuola che porterebbe a gestire le disuguaglianze e nel contempo a far rientrare la dispersione scolastica, perché ci sarebbe una vera presa in carico da parte della scuola del bambino come del ragazzo per farlo sentire partecipe di un progetto di comunità educante con un forte senso di appartenenza, determinando tra l’altro, un avvicinamento tra il nord e il sud del Paese. La scuola, in quanto collettività formante, è anche un progetto condiviso dalla Chiesa cattolica, basti pensare a quanto ha affermato Papa Francesco nel “Global Compact Education” quando si riferisce alla ‘catastrofe educativa’- di fronte ai circa dieci milioni di bambini che potrebbero essere costretti a lasciare la scuola a causa della crisi economica generata dal coronavirus, aumentando un divario educativo già allarmante (con oltre 250 milioni di bambini in età scolare esclusi da ogni attività formativa)”. Da qui la richiesta di una svolta, lanciata da Papa Francesco: “Noi riteniamo che l’educazione sia una delle vie più efficaci per umanizzare il mondo e la storia. L’educazione è soprattutto una questione di amore e di responsabilità che si trasmette nel tempo di generazione in generazione. L’educazione, quindi, si propone come il naturale antidoto alla cultura individualistica, che a volte degenera in vero e proprio culto dell’io e nel primato dell’indifferenza”. Ed allora, se questi sono i presupposti, si percepisce quanto sia necessario puntare ora ad una nuova riorganizzazione del sistema scuola, in modo da garantire, non solo posti di lavoro, ma anche l’ingresso di nuove figure professionali: un progetto che rappresenterebbe la concreta ed effettiva realizzazione di quell’idea di autonomia scolastica che ha visto il suo inizio iter nel lontano 1997 con Luigi Berlinguer. La formula pluralistica della scelta educativa tra scuole statali e scuole paritarie pubbliche sarebbe poi la quadratura del cerchio. Dopotutto il Ministro Patrizio Bianchi, precedentemente capo della task force dell’ex ministra Azzolina per la ripartenza della scuola lo scorso aprile, si troverebbe a realizzare una “nuova stagione per la scuola”, e l’acquisto dei banchi con le rotelle, proprio quei banchi tanto discussi, avrebbe ora davvero un senso per svolgere l’attività didattica in presenza, non frontale ma di gruppo, che fa molto sistema americano. Più volte il Ministro ha indicato che “oramai è indifferibile avviare una vera fase costituente per la scuola, una nuova stagione in cui essa torni a essere, o meglio divenga, il motore di una crescita di un Paese che da troppo tempo è bloccato”. Mi sento di consigliare, rispetto a questa vision progettuale e di rinnovamento scolastico, di integrare la valutazione dei Dirigenti Scolastici e degli stessi docenti, mai veramente avviata, con un sistema di verifica che venga attivato direttamente dal Miur, in cui anche gli studenti e le famiglie, che fruiscono di un servizio, possano avere accesso, rilasciando un loro giudizio. Occorre cambiare prospettiva, riconoscendo alla scuola il ruolo di “impresa umana”, realizzatrice di un processo educativo che è necessario monitorare nel tempo, per mantenerne alta la qualità e poter intervenire nel caso decada lo standard del servizio.
Valentina Ercolino Presidente della sezione CONFAPI Scuole Paritarie della Campania