«Anche i più immaginifici tra i massimi vertici delle istituzioni potrebbero non avere soluzioni ed essere costretti a mandarci al voto tra due mesi. Io sono pronta». Era iniziata in solitudine con una dichiarazione di fuoco contro il presidente del Consiglio, la giornata di Giorgia Meloni: «Draghi arriva in Parlamento e chiede pieni poteri». È finita con l’annuncio, dal palco della manifestazione “Piazza Italia”, di una ritrovata sintonia con gli alleati: «Mi pare che anche il centrodestra oggi sia abbastanza pronto». Poi, quasi a notte, il lampo di un sospetto: «Mi stupisce che Draghi non si sia dimesso già stasera e non so se sia prodromico a qualche tentativo, con il favore delle tenebre, di inventarsi qualche alchimia. Ma vedo dei margini molto stretti».
La leader FdI tocca con mano l’agognata meta elettorale: «La legislatura è finita», esulta. «Un anno fa ci dicevano che stavamo tornando nella fogna ed eravamo velleitari. Abbiamo avuto tre governi diversi, tre maggioranze diverse. Ce ne è uno che ha funzionato? No. La storia ci ha dato ragione. Perché gli unici governi che funzionano sono quelli a maggioranza coesa». E ancora: «Se in un sistema presidenziale metti un presidente del Consiglio decisionista può fare la differenza… ma in un sistema parlamentare, decide il Parlamento».
Era iniziata con rabbia la mattinata: «Milioni di italiani vorrebbero tornare alle urne e chiedono rispetto. Ma per la maggioranza dei partiti, evidentemente, non sono meritevoli di considerazione», aveva tuonato sui social, parlando di «deriva pericolosa» di Draghi.
Poi, dalle 13, i contatti con la Lega e Forza Italia per convincerli a mollare Draghi e il suo programma. E infine, quando appariva ormai chiaro che la maggioranza era implosa, la soddisfazione dal palco della manifestazione già convocata: «Per anni ci siamo sentiti dire che non eravamo responsabili. Ora sentiamo dire che gli italiani sono migliori di questo Parlamento. Allora perché è stato tenuto in piedi?»
Quindi le stoccate contro i soldi già spesi senza cambiare il Paese: «180 miliardi col Covid; 250 col Pnrr. L’Italia è messa meglio? No, peggio. Sì, c’è stata la pandemia. Ma perché l’Italia fanalino di coda
Torna a punzecchiare Draghi, Meloni, dopo la secca smentita di lui («Non ho chiesto pieni poteri»). «Mi ha stupito stamattina in aula, dove viene e dice: mi volevo dimettere però ho deciso di restare perché c’è stata una mobilitazione senza precedenti. Quando nacque il Conte II, FdI mise insieme 20mila persone. Ci dissero che eravamo sovversivi. E invece 100 persone che manifestano a Torino (che solo i parenti di chi ha avuto nomine sarebbero stati venti volte tanto) sono una mobilitazione popolare?». Nelle democrazie occidentali, attacca, «la volontà dei cittadini si manifesta con un voto libero e segreto, le parate le fanno nei regimi»
Ancor prima di una telefonata con Silvio Berlusconi, dopo la fiducia non votata da Fi e Lega, invita a non credere ai rischi della mancanza di un governo stabile: «Non fatevi spaventare. Non è vero quello che vi hanno detto sulle elezioni. Che sono spaventose. Che si blocca tutto. Il Pnrr non si blocca, come non s’è bloccato in Francia, dove si è votato due volte. O in Germania. Perché nelle democrazie c’è la burocrazia e il governo che rimane in carica fino al governo successivo».