Grande successo alla Galleria d’arte “Spazio 57”, dove per l’affollata mostra d’arte contemporanea “Frammenti di Temporama Alchemico” di Francesco Filippelli si proroga fino al prossimo 18 febbraio . Un evento artistico di sicuro interesse che, nello spazio di via Chiatamone 57 a Napoli, con il sottotitolo “Il Bello e i suoi salti immortali” sta raccogliendo giorno dopo giorno un numero straordinario di visitatori. L’esposizione dei quadri di Filippelli curata da Irene Prokulevych, rappresenta come afferma lo stesso artista “un passo che, in pittura, non era mai stato compiuto prima d’ora: abbattere il muro dell’atemporalità”.
“Temporama – ha detto il chimico con l’”ossessione” della pittura – nasce da un’analogia con il termine ‘panorama’, infatti, come affacciandosi a contemplare un panorama è possibile cogliere un’ampia porzione di spazio, considerando il tempo come una dimensione è possibile affacciarsi mentalmente su una linea che si estende dall’origine dell’Universo fino alla sua remota fine, e in cui noi, nel presente, occupiamo solo un punto infinitamente piccolo. In questa visione un periodo (‘frammento’ appunto di temporama) non è visto necessariamente nel suo svolgersi univoco ma può essere osservato come un tutt’uno, in cui ogni momento è parte di un unicuum percettivo». «Restituire ciò artisticamente – ha detto ancora Filippelli- richiede l’accesso ad una realtà interiore, reale tanto quanto quella fisica”.
È dunque attraverso un processo chimico, che potremmo definire alchemico (in quanto l’alchimia è trasformazione spirituale oltre che materica) che l’autore riesce a portare alla luce dipinti su tela che mutano sotto gli occhi dell’osservatore, una trasformazione puramente pittorica, senza l’ausilio di strumenti digitali. Dipinti, quelli di Filippelli, nati da un processo alchemico che ci svelano una trasformazione bidirezionale, distesa davanti a noi, mutevole eppure atemporale nel suo mutamento: frammenti di temporama di un tempo interiore, spirituale, svolto e riavvolto nell’esecuzione dell’opera, un periodo percettivo che, come un ologramma, racchiude in ogni suo punto l’anima intera.
“Osservando i ritratti di Filippelli – ha detto Filippo Petrella della Galleria “Spazio 57”– ci si rende conto in maniera inequivocabile che il concetto di nuovo in pittura è ancora possibile. Un limite ci pone sempre di fronte una possibilità: quella di valicarlo, ma perché questo sia possibile dobbiamo riconoscere i muri che si pongono innanzi, comprenderne a fondo la natura. In questo caso Filippelli ci è riuscito benissimo percorrendo cosi una strada nuova e originale”.
“L’unicità della prassi pittorica di Francesco Filippelli- ha scritto il critico Carmela Di Maro– all’interno del panorama artistico postmoderno, non si esaurisce nella mera riconoscibilità stilistica, ma nella comprovata capacità di ripensarsi entro lo statuto iconografico di quel genere millenario, qual è il ritratto, con cui la dinamica percettiva della rappresentazione dell’umano nel tempo si è espressa col cifrario metaforico della permanenza o del disfacimento. I suoi ritratti sconfinano così la mimesi conformista della frontalità e sprigionano l’intima alterità sensibile delle sembianze, rivelandosi allegorie fisiognomiche. E tali sono “Dorian Gray”, la corruttibilità della bellezza, “Chiamatemi Tiresia”, l’agnizione del genere umano, “’O Principe”, “The Portrait of Diane Gorry”, “XXI secolo – Allegoria del Primo Ventennio”, maschere, simulacri dell’immortalità e, infine, la veemenza dell’autoritratto “Frammento di Temporama Alchemico riflesso allo specchio”, prima tangibile innervazione di un dipinto moto dell’anima”.