Serena Mollicone, dopo 21 anni oggi la sentenza sui Mottola per l’omicidio della 18enne

15 Luglio 2022 - 13:03

Serena Mollicone, dopo 21 anni oggi la sentenza sui Mottola per l’omicidio della 18enne

Alle 10 di oggi i giudici di corte d’Assise a Cassino sono entrati
in camera di consiglio per la sentenza sul delitto di Serena Mollicone.

Un processo al quale dopo 21 anni
sono affidate le ultime possibilità di stabilire se davvero la 18enne di Arce, è stata uccisa nella caserma dei carabinieri.

E , se i responsabili del delitto
sono l’allora comandante della stazione Franco Mottola (la procura ha chiesto 30 anni di carcere), suo figlio Marco (24 anni) e la moglie Anna Maria (21),
più, in subordine, il vice maresciallo Vincenzo Quatrale (15 anni) e il brigadiere Francesco Suprano ,(4 anni per favoreggiamento).

È la prova cardine dell’accusa, quella sulla quale è stato possibile riaprire le indagini che sembravano orami a un punto morto.

Si tratta di una porta dell’appartamento al primo piano della caserma dove alloggiavano i Mottola.

Partendo dall’intuizione che Serena potesse essere stata uccisa in caserma, dopo che il brigadiere Santino Tuzi,
poi suicida, aveva detto di averla vista entrare la mattina dell’1 giugno 2001.

I pm Beatrice Siravo e Carmen Fusco, hanno trovato il riscontro decisivo a questa ipotesi nei segni sulla presunta arma del delitto.

Secondo la perizia dei carabinieri del Ris e dell’istituto di anatomopatologia Labanof di Milano c’è perfetta corrispondenza tra la forma del cranio di Serena, ricostruito in 3D, e la frattura nella porta.

Compatibilità anatomica col punto di impatto della tempia e per il tipo di conseguenze riportate dalla testa della ragazza in seguito all’urto su una superfice liscia.

Il materiale dei micro frammenti di legno ritrovati tra i capelli della 18enne e la loro distribuzione ha fornito secondo l’accusa ulteriori riscontri scientifici.

La spiegazione alternativa a quel buco nella porta è che sia dovuto a un pugno di Franco o Marco Mottola nel corso di una lite.

Ma la loro testimonianza non ha saputo fornire indicazioni più precise e la perizia della procura esclude che ci sia compatibilità con la forma di una mano.

La ricostruzione della accusa è che Serena sia entrata in caserma poco dopo le 11 e qui sia stata aggredita da Marco Mottola, nella continuazione di una lite iniziata poco prima in auto e su cui hanno riferito due testimoni.

Una volta tramortita, la ragazza sarebbe stata lasciata in agonia per oltre quattro ore,.

Fino alla scelta di Franco Mottola
di soffocarla coprendole naso e bocca col nastro adesivo e poi legandole mani e piedi col fil di ferro e chiusa,
in una busta di plastica.

Il padre di Serena, Guglielmo, morto alla vigilia del rinvio a giudizio degli imputati .

Dopo aver combattuto con tutte le sue forze per la riapertura delle indagini, ha sempre sostenuto che il motivo della lite tra Serena e Marco Mottola, risiedesse nelle intenzioni della
figlia di denunciare la sua attività di spaccio.

Lei stessa ne aveva parlato al padre, riferendo di uno scontro verbale avuto col maresciallo Mottola in piazza,
il quale l’avrebbe inviata a non impicciarsi.

Serena e Marco avevano per un periodo frequentato la stessa comitiva poi si erano persi di vista.

Le indagini dei carabinieri hanno annotato come il figlio del maresciallo fosse consumatore e venditore abituale di hashish, che custodiva anche in caserma.

In almeno una circostanza il padre gli evitò guai peggiori, quando fu fermato a un controllo stradale.

Marco ha sempre negato ogni rancore verso Serena, e i suoi difensori ritengono non dimostrato questo movente che secondo la procura è però irrilevante ai fini di determinare l’origine della loro lite una volta accertato che sia avvenuta.

Assieme all’indagine sull’omicidio
si è mossa quella sul suicidio del brigadiere Tuzi.

Avvenuto alla vigilia di un suo interrogatorio dopo aver già fornito agli inquirenti la testimonianza dell’ingresso di Serena in caserma,
(la procura ritiene di averne le prove a prescindere).

Secondo l’accusa, Tuzi si sarebbe ucciso temendo di rimanere coinvolto nelle indagini e su istigazione di Quatrale che si era offerto di farsi intercettare a colloquio con lui.

La corte d’Assise ha compiuto anche un sopralluogo in caserma per verificare se dalla sua postazione Tuzi avesse davvero potuto vedere Serena entrare.

Anche la sua amante, che ha accreditato la pista della difesa del suicidio per motivi passionali, è stata indagata per falsa testimonianza.

A lei Tuzi avrebbe confermato, come riferito da altre persone, di temere conseguenze per il segreto mai rivelato fino ad allora sulla morte della 18enne.