Chirurgo stroncato da un infarto dopo 12 ore di lavoro in sala operatoria. I sindacati: “Turni massacranti”

23 Dicembre 2021 - 13:41

Chirurgo stroncato da un infarto dopo 12 ore di lavoro in sala operatoria. I sindacati: “Turni massacranti”

Morto per un infarto dopo 12 ore di lavoro notturno in sala operatoria.

Vittima il chirurgo Raffaele Sebastiani. Aveva 61 anni ,e lavorava al Policlinico di Bari.

E anche se il possibile collegamento tra la fatica, e il decesso è eventualmente da appurare, i sindacati vogliono vederci chiaro.

Carte alla mano, chiedono di poter verificare i turni a cui era stato sottoposto nei giorni precedenti.

L’emergenza Covid ha reso tutto più complicato.

A quanto si è appreso, il medico era rientrato a casa raccontando di sentirsi stanco.

Poi la morte, nel sonno.
Sembrerebbe per un infarto. «Lo conoscevo, molto scrupoloso e un gran lavoratore.

Davvero una brava persona»,
dice di lui una dottoressa ancora troppo scossa dalla notizia.

Il medico lascia moglie e due figlie.

«Dopo 24 ore di reperibilità e 12 ore di sala operatoria» ,ricorda un collega che poi commenta:

«Con il suo lavoro, la sua dedizione,
la sua vita ha onorato il camice bianco».

Tra i tanti, anche il ricordo di un’infermiera del Policlinico:
«Ci mancheranno i suoi sorrisi, le sue battute, i cioccolatini a fine turno e le diete che iniziavano il lunedì e terminavano il martedì. Ci mancherà il suo saper lavorare in équipe».

Da tempo i sindacati dei medici denunciano orari massacranti.

«Accade di fare il turno di notte e poi, il giorno dopo, andare in sala operatoria. O il contrario.

E ormai viene considerato come fosse la normalità.

Da quanto mi hanno riferito, Sebastiani aveva fatto un intero turno di 12 ore in sala operatoria perché si erano accavallate una serie di urgenze».

A parlare è Antonio Mazzarella della Cgil Medici Puglia.

«Non sappiamo precisamente cosa abbia causato la sua morte, ma lo stress continuo influisce notevolmente sullo stato di salute. Per noi non c’è mai stato un attimo di tregua».

Personale carente e richieste aumentate con la pandemia.

Poi, quando il Covid ha un po’ mollato, i sanitari hanno dovuto mantenere gli stessi ritmi per recuperare quelle prestazioni che non erano state erogate a causa dell’emergenza.

«Sebastiani quella notte era impegnato in sala operatoria Covid.

Significa un maggiore affaticamento sia fisico che mentale: sei bardato con tute, guanti e doppi guanti.

E ci sono procedure molto rigide.
Fino a che punto possa essere la causa non lo sappiamo, ma sicuramente è una determinante importante».

Denunce spesso inascoltate.

«Come sindacato ,fa sapere Anna Lampugnani ,della Fismu Puglia,
abbiamo più volte segnalato turni di super lavoro.

Mi riferisco in particolare ai pronto soccorso che sono allo stremo.

Un collega di Lecce adesso ha 4 bypass. La situazione è drammatica dappertutto, siamo sotto organico.

In sanità non serve la telemedicina, servono persone: medici e infermieri in un numero adeguato».