Michele si suicida per bullismo a 17 anni: è stato deriso sin da piccolo.

24 Dicembre 2020 - 15:00

Michele si suicida per bullismo a 17 anni: è stato deriso sin da piccolo.

Prima di morire Michele aveva scritto una lettera di addio finita nelle mani di alcuni coetanei, che però non hanno avvertito nessuno. E si sono messi d’accordo: “Quella lettera non deve esistere, ok? Se no è omissione di soccorso”.

A due anni dalla morte del giovane Youtuber, la famiglia chiede che si faccia chiarezza sulle responsabilità avute da coloro che si sono resi responsabili di comportamenti bullizzanti e persecutori nei confronti del ragazzo. “Non è stato un semplice suicidio” dice mamma Maria a Chi l’ha visto, che ieri ha dedicato un lungo servizio al caso “è stata “istigazione al suicidio”.

I problemi di Michele iniziano quando è piccolissimo. Non riesce a stare in piedi, i genitori lo sottopongono ad esami e visite dai più autorevoli esperti, ma non migliora. Gli diagnosticano una ipotonia agli arti superiori e inferiori. Non è una fatalità, ma la conseguenza della somministrazione di un vaccino scaduto. A tre anni, Michele non riusce a stare in piedi. Uno, due, tre passi e cade. Nonostante tutto non perde mai il sorriso e a un certo punto, la vita pare ricambiarlo. Michele riesce a camminare senza cadere, a stento, ma si tiene su. Non è guarito, è solo diventato bravo a gestire la sua condizione. È merito suo. Cresce, intanto, è curioso e intelligente. Legge scrive e da adolescente apre un canale You Tube per comunicare con i suoi coetanei.

Anziché apprezzare la sua forza, i suoi compagni di scuola lo bullizzano. In presenza o alle spalle, è un continua d’insulti, offese, risatine. Lo chiamano ‘handicappato’ e in palestra, nell’ora di educazione fisica, gli sputano addosso. Più Michele cerca di integrarsi e più i suoi coetanei lo emarginano.

In famiglia lo incoraggiano a rispondere al bullismo e alla violenza con educazione e intelligenza, ma Michele si chiude, si ripiega su se stesso, si spegne giorno dopo giorno.Il 23 febbraio torna a casa e pranza con i suoi per l’ultima volta.

Prima di lanciarsi nel vuoto, però, ha scritto una lettera di addio. Una lettera indirizzata a un amico e consegnata a una ragazza, dalle cui mani poi passa a quelle di altri coetanei. “Tu sei l’unico dei pochi amici che avevo che mi aveva capito – scriveva Michele – e sei l’unico che riesce a calmarmi e a riflettere sul senso della vita e anche come andare avanti sempre e in qualunque caso. Io ti ringrazio di tutto, ti voglio un bene dell’anima, ma è arrivato il momento di dirti addio, spero che non mi dimenticherai facilmente anche perché quando ti arriverà questa lettera, io non ci sarò più”. I ragazzi leggono la lettera, ma nessuno pensa ad avvisare i genitori.

Un tentativo di depistaggio è l’ultimo atto di questa tragedia a cui neanche la morte pone fine.

Oggi, a quasi tre anni dalla morte di Michele, i suoi genitori attendono ancora risposte dalle indagini aperte sul bullismo. “Hanno preso in considerazione solo l’episodio del funerale, non il contesto” dice mamma Maria, che ci tiene a precisare di non voler mandare in carcere nessuno.

Nel nome di Michele, oggi, la famiglia ha fondato l’associazione ‘Miky Boys’, dedicata alla sensibilizzazione dei giovani alla lotta al bullismo. “Andiamo nelle scuole a parlare ai ragazzi. Loro ascoltano, capiscono, sono la nostra speranza”.