Tragedia a Cortesano, in zona Maso Saracini, piccolo centro a pochi chilometri da Trento. Un imprenditore agricolo di 39 anni, Lorenzo Cattoni, ha
ucciso la ex moglie, Deborah Saltori, 42 anni, mamma di 4 bambini, sembra utilizzando un’accetta e colpendola alla carotid, e poi tenta il suicidio.
Il femminicidio è avvenuto nella campagna in cui l’uomo stava lavorando. L’allarme è stato lanciato da un passante che ha notato il corpo dell’uomo
agonizzante a terra. Ora il 39enne è ricoverato in gravi condizioni intubato all’ospedale Santa Chiara di Trento. L’uomo, che era agli arresti domiciliari a
casa dei genitori a Nave San Rocco, a circa 15 chilometri da Trento, ma poteva assentarsi per lavorare, era già stato ammonito dal questore di Trento due
volte per violenza domestica, anche nei confronti di una precedente compagna. Solo pochi mesi fa Cattoni era stato arrestato dalla Squadra Mobile della
Questura di Trento perché negli ultimi quattro anni – avevano verificato gli investigatori – aveva più volte malmenato e vessato, fisicamente e
psicologicamente la sua compagna, madre di quattro figli minori, di cui tre avuti da una precedente relazione. I rilievi sono ancora in corso. Sul posto ci
sono gli agenti della Squadra Mobile coordinati dal vicequestore Tommaso Niglio ed il pubblico ministero Carmine Russo. Ora il 39enne è ricoverato
all’ospedale Santa Chiara di Trento. Secondo le ultime informazioni l’uomo ha una grave emorragia ma dovrebbe sopravvivere. Il femminicidio – hanno
ricostruito gli investigatori della Squadra Mobile guidata dal vicequestore Tommaso Niglio – è avvenuto in campagna, in una baracca degli attrezzi
che l’uomo utilizzava per lavorare in campagna. Cattoni, che era agli arresti domiciliari a casa dei genitori a Nave San Rocco, a circa 15 chilometri da Trento,
ma aveva il permesso di assentarsi per lavorare, solo pochi mesi fa era stato arrestato dalla Squadra Mobile della Questura di Trento perché negli ultimi
quattro anni – secondo quanto avevano verificato gli investigatori – aveva più volte malmenato e vessato, fisicamente e psicologicamente, Deborah Saltori.
Lo scorso novembre la donna si era presentata al pronto soccorso con una frattura composta dell’orbita sinistra, ma non aveva voluto dire ai medici come se
la fosse procurata. Sul posto erano però arrivati i poliziotti della Squadra Mobile, allertati dal personale sanitario. Il drammatico racconto della 42enne si era
quindi trasformato in una vera e propria denuncia, mai fatta prima per paura di ritorsioni. Gli episodi violenti, aveva raccontato, erano iniziati nel 2016, anche
durante la gravidanza. Gli episodi più gravi erano avvenuti nel 2017, quando la donna – aveva raccontato lei alla polizia – era stata colpita al naso con dei pugni, e
nel 2019. Ma a novembre 2020 Deborah Saltori aveva deciso di denunciare dopo essere stata colpita con un pugno. «Rischiamo di non trovare più parole
adatte, non scontate, di fronte alle uccisioni di donne. Eppure io credo che dobbiamo fermarci e trovarle. Dobbiamo interrogarci come maschi, come
cittadini, come istituzioni. Due donne uccise in meno di due mesi in Trentino. A dicembre Agitu, oggi Deborah. Oggi è successo in un sobborgo di Trento,
dentro la nostra comunità, in un luogo che può sembrare più sicuro di altri. E invece no. La strage non si ferma, ogni giorno. Rischiamo di viverla come
lontana da noi ma non è così. Dobbiamo fermarci e capire come possiamo curare una società malata di violenza che produce maschi violenti che ammazzano
mogli, compagne, fidanzate. Lo dobbiamo ad Agitu, a Deborah e alle loro famiglie», ha scritto il sindaco di Trento, Franco Ianeselli.