E’ ancora acceso il dibattito sulla didattica a distanza e sul rientro nelle scuole che ha diviso l’opinione pubblica e la politica. Se da un lato alcuni genitori temono l’aumento dei contagi e mostrano preoccupazione per la tutela dei propri figli e familiari, dall’ altra la DAD non convince in termini di funzionalità ed efficacia, per cui si temono importanti conseguenze sulla formazione dei bambini e dei giovani studenti. Tuttavia c’è stato il rientro in presenza per il nido e la scuola d’infanzia e a tal proposito ne abbiamo parlato in un’intervista con Anna Sommella, la Fondatrice e Direttrice della scuola Adolphe Ferrière.
E’ avvenuto il rientro completo nelle scuole per i bambini? Qual è stata la reazione dei piccoli per il ritorno a scuola?
“Innanzitutto con il nido e l’ infanzia abbiamo ripreso la didattica dal 24 novembre invece con la scuola primaria solo con la prima e seconda classe mentre per il resto delle classi si presuppone il rientro nel mese di Gennaio dopo le festività natalizie. I bambini sono contenti e le mamme anche di più, abbiamo avuto un rientro quasi completo dei bambini eccetto due del nido. All’ inizio qualche bambino non voleva tornare a scuola perché aveva paura di cosa potesse accadere, è evidente che la pandemia al di là dei problemi di salute fisici ha innescato un meccanismo psicologico così grave che credo sarà difficile potrà esaurirsi in breve tempo”.
Quali sono tuttora le principali preoccupazioni dei genitori? La scuola è stata adeguatamente messa in sicurezza?
“Le preoccupazioni dei genitori sono dettate soprattutto dall’ esterno, perché noi abbiamo attuato tutti quelli che erano i dispositivi di sicurezza indicatici dal governo e per di più i nostri docenti sono stati monitorati ogni quindici giorni con tamponi e test sierologici che la scuola ha provveduto a far effettuare a proprie spese, è stato messo tutto in sicurezza. Abbiamo provveduto a dare in dotazione ai bambini visiere e mascherine, fornito ogni classe di un dispenser per la pulizia delle mani, cercando di evitare ogni fattore di rischio favorendo un clima di tranquillità ma di controllo per tutelare i bambini e non generare ulteriore stress”.
Nelle scuole cosa si racconta e come si spiega del covid ai più piccoli? Come si cerca di far comprendere il distanziamento dalla maestra?
“Ai bambini dell’infanzia non puoi spiegarlo, si possono inventare delle scuse per evitare che avvenga il contatto fisico che per un bambino è imprescindibile. Si dice che la maestra ha la mascherina e non può farlo, magari raccontando una favoletta con l’ausilio di illustrazioni. Con i bambini più grandi è semplice spiegare loro che in giro c’è una malattia, come ce ne sono state tante altre nel corso dei secoli”.
Cosa pensa della didattica a distanza nel complesso e se si é dimostrata un’ alternativa efficace per i bambini?
“La didattica a distanza può essere utilizzata solo in situazioni d’ emergenza ma non deve assolutamente diventare consuetudine. Il problema non riguarda solo i bambini, anche per noi adulti è importante riprendere l’incontro in presenza, perché la dad non fa altro che alimentare la distanza tra le persone. Se si pensa che possa essere la soluzione ottimale per qualsiasi problema, si sta pensando davvero di abolire la scuola. Questo tipo di didattica non è adeguata nemmeno per i ragazzi che frequentano l’università perché vengono privati di quegli elementi fondamentali che fanno sì che anche un adulto porti avanti la sua formazione, la crescita avviene nella socialità è impensabile da remoto. C’è da aggiungere una cosa importante, molte mamme erano contrarie perché per loro era diventata motivo di lavoro, un impegno casalingo di pseudo mamme-maestre impegnate con i propri figli nell’apprendimento”.
Un pensiero finale, una riflessione che ci proietti verso il futuro, sarà possibile recuperare questo tempo perso in termini sia di didattica sia di socialità?
“Ci sarà sicuramente la possibilità di recuperare, ma non tutti potranno farlo se non si hanno a disposizione delle risorse umane molto valide per portare avanti una didattica che non sia soltanto contenutistica, ma di conoscenza reale e di collaborazione anche con le varie parti sociali e non della città. La didattica è fine a se stessa ed è quindi necessario implementarla con la socialità, serve a ben poco per un bambino che non è cresciuto con le emozioni, saltare questa delicata fase significa non creargli delle opportunità future. Ci vorrà del tempo ma sono fiduciosa e credo che questo si possa realizzare, sarà indispensabile formare le persone ed attuare tutto il possibile in contesti gioiosi e soprattutto di grande formazione”.