Robinho ha trascorso un anno in carcere. Non è certo l’anniversario che avrebbe voluto celebrare. A 41 anni, l’ex campione brasiliano si trova in una cella, lontano dai riflettori.
Nel 2013, la sua vita è cambiata per sempre. L’ex attaccante di Milan, Real Madrid e Manchester City ha violentato una donna in una discoteca di Milano. La giustizia italiana lo ha condannato a nove anni di prigione. Lui ha sempre negato, ma il verdetto è definitivo.
Dopo la condanna, Robinho è tornato in Brasile per evitare la detenzione. I suoi avvocati hanno cercato di impedirne l’arresto. Hanno tentato ogni strada legale, ma senza successo. Ora sconta la pena nel carcere di Tremembé, noto per ospitare criminali famosi.
Gli avvocati non si arrendono. Continuano a presentare ricorsi, sostenendo che la giustizia brasiliana dovrebbe prevalere su quella italiana. Finora, però, tutti i tentativi sono falliti.
Robinho cerca di ottenere la semilibertà con la buona condotta. Non crea problemi e partecipa a molte attività. Studia elettronica, legge, fa giardinaggio e pratica sport. Ogni 12 ore di lavoro gli valgono un giorno di riduzione della pena.
Gioca anche a calcio con altri detenuti. Usa scarpini presi in prestito e prova a divertirsi. Nel suo primo match dietro le sbarre, ha subito un duro colpo. “L’hanno battezzato”, hanno scherzato gli altri prigionieri.
Vive in una cella di otto metri quadrati con un detenuto più giovane. Può ricevere visite solo da parenti stretti. Il figlio 17enne, che ora gioca nel Santos, va a trovarlo una volta al mese. Gli portano cibo, vestiti e libri.
Robinho continua a proclamarsi innocente. Insiste che il rapporto fosse consensuale. Ma la giustizia ha già deciso: è colpevole. E deve scontare la sua pena.
Fonte: Fanpage
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