Parafrasando un film del 1985 di Robert Zemeckis, è un ritorno al… passato e non al futuro, quello che il designatore Rizzoli, ha dovuto affrontare nell’ultimo raduno degli arbitri della Can. Il tutto perché, da quest’anno, come avvenne una decina d’anni fa, il Comitato Nazionale dell’AIA ha accorpato nuovamente gli arbitri e assistenti della serie A e serie B.
Il motivo principale di questa fusione è che la classe arbitrale italiana negli ultimi anni stava vivendo una penuria sia di vocazioni, ma ancor più di vera qualità, dei propri rappresentanti.
L’uscita di Rocchi dal Settore per raggiunti limiti di età, ha solo accelerato la crisi del movimento. Rizzoli senza la Riforma avrebbe avuto ancora un anno sportivo con 21 arbitri (contro gli attuali 50), di cui alcuni ancora in formazione. E senza dunque la possibilità di un ricambio, vero motivo della riforma stessa.
E’ così che già dalle prime giornate abbiamo cominciato a conoscere nomi nuovi (per i non addetti) di arbitri dell’ex organico della serie B. Hanno iniziato a dirigere confronti anche di buon livello, e con buoni risultati, gare di serie A. Questa aggregazione nasconde anche aspetti psicologici non indifferenti.
Da un lato di spingere ancor più gli arbitri della serie A a non fossilizzarsi sulla sicurezza della categoria, e altrettanto quello di iper motivare gli arbitri della B ad affermarsi nella massima serie senza laceranti attese per le poche promozioni disponibili.
Un’ultima analisi da fare oggi, a quasi un quarto di campionato, è che il tutto non sta provocando eccessivi traumi e scompensi. I veterani della serie A possono insegnare delle dinamiche non indifferenti a quelli della B. Questi ultimi, invece, potranno affacciarsi alla massima serie e acquisire altre esperienze nell’utilizzo del VAR. Peraltro attualmente non presente, nella serie cadetta.
Giuseppe Gargiulo