È stata recuperata in mare la Lancia Y di Najouia Minniti, la 36enne di Calimera (Lecce) che, secondo le prime ricostruzioni, si sarebbe tolta la vita dopo aver ucciso il figlio di 8 anni, Elia. L’auto è stata individuata da un sub in un tratto di mare non lontano dalla piazzetta di Roca Vecchia e da Torre dell’Orso. Il corpo della donna era stato trovato il 18 novembre, ma solo nei giorni successivi è stato possibile localizzare la vettura. Le ipotesi degli investigatori indicano che Minniti possa essersi lanciata dalla scogliera con l’auto. Le forze dell’ordine hanno diffuso il video del recupero effettuato dai sommozzatori.
Il giorno stesso del ritrovamento della donna, era stato scoperto anche il corpo di Elia: il bambino giaceva nel suo letto, con segni compatibili con uno strangolamento. Gli elementi raccolti finora puntano verso un omicidio-suicidio, scenario che dovrà però essere confermato dagli esiti dell’autopsia. La Procura di Lecce ha incaricato per oggi, 24 novembre, il medico legale Alberto Tortorella di eseguire gli accertamenti sui due corpi per chiarire le cause dei decessi.
L’allarme era stato lanciato dal padre di Elia. L’uomo, come di consueto, era andato a prenderlo a scuola, ma una volta arrivato ha scoperto che il bambino non era mai entrato in classe. L’avvocato del padre, Mario Fazzini, aveva raccontato a Fanpage.it che già un anno prima la donna aveva manifestato intenzioni suicidarie. Il 16 dicembre 2022, infatti, il suo assistito aveva denunciato alcune frasi allarmanti pronunciate dall’ex compagna: “Saluta bene Elia perché lo porto con me, è già capitato che io sia andata davanti al mare con la macchina. Ritieniti responsabile di qualsiasi cosa accada a me e a Elia”.
Il legale ha spiegato che, dopo quella denuncia, l’intervento dei servizi sociali aveva portato all’affidamento del bambino al padre. Successivamente una relazione parzialmente favorevole sulla situazione familiare aveva consentito di arrivare a un affidamento condiviso con precise limitazioni: tra queste, il divieto per la donna di portare il figlio fuori dalla residenza e l’obbligo di seguire un percorso con i servizi sociali per almeno un anno, percorso che però – secondo quanto riferito – non sarebbe mai stato intrapreso. Le indagini proseguono per chiarire tutti gli aspetti della vicenda.
Fonte: Fanpage.it
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