Siamo dentro un campionato “strano” rispetto alle ultime nove, dieci stagioni dove c’è sempre stato un marchio preciso d’identità e superiorità griffato Juventus. Qualcuno afferma che, complice il Covid-19 e la contestuale assenza di pubblico sugli stadi, il livello della serie A si sia ulteriormente abbassato. Ma, francamente, vedendo l’incertezza che contraddistingue questa prima parte di campionato, non è detto che sia un male. E, soprattutto vedendo i risultati della giovane e intraprendente nazionale di Mancini, non è detto che sia vero. Di sicuro questa anomalia del calcio al tempo del Coronavirus ha di fatto riequilibrato valori tecnici e agonistici per un campionato più avvincente.
Incertezza
Dapprima era Juventus e solo Juventus. Oggi comanda a sorpresa il Milan e nessuno poteva immaginarlo o pensarlo alla vigilia della stagione. Ma alle spalle dei rossoneri ringhiano pure il Sassuolo sempre più sorprendente, il solido Napoli di Gattuso, La Roma “americana” di Friedkin, L’Atalanta spettacolo, nel bene e nel male, di Gasperini. In attesa del ritorno della Juve di Pirlo, ancora alle prese con problemi di quadratura tecnico-tattica, e dell’Inter di Conte, in debito di punti con i 6 in meno rispetto alla scorsa stagione, è un bel vedere di gioco e di gioventù.
Rivoluzione
Si è sempre sostenuto che in Italia manca il coraggio di lanciare i giovani. Una diffidenza dovuta a troppi tecnici che privilegiavano l’esperienza spesso a scapito del talento, condizionando anche scelte e strategie dei club allenati. La vera sorpresa della stagione è che questa specie di politica assurta per anni a dogma per poter vincere sia stata ribaltata dalle ultime scelte fatte da tecnici e dirigenti. Essi hanno investito sul talento, complici anche le difficoltà economiche che il virus ha creato più o meno direttamente.
La stessa Inter che pure ha puntato sull’usato sicuro con Vidal (33), Kolarov (35) e Sanchez (32), ha in formazione giovani talenti come Bastoni (21), Hakimi (21), Barella (23) e Martinez (23). E la stessa politica hanno intrapreso la Juventus, con De Ligt, Demiral (22), Kulusevski (20), McKennie (22) e il Milan con Tonali (20), Hauge (21), Dalot (21), Bennacer (23) e Leao (21). Tutti a seguire un po’ la scia del Napoli che è stato il club precursore di questa “rivoluzione” cultural-pedatoria anagrafica. Si è puntato sul talento più che sulla carta d’identità, di cui Koulibaly (29). 7 stagioni in azzurro, Zielinski (26), alla quinta stagione, Fabian Ruiz (24), alla terza, sono oggi testimoni e bandiera per i vari Meret (23), Elmas (21) e Osimhen (22).
La sfida del San Paolo
Non è proprio per caso, dunque, che domenica sera la sfida del San Paolo tra Napoli e Milan richiami alla mente le sfide scudetto di fine anni ’80 per l’importanza della posta in palio. Allora c’erano grandi stelle, Gullit e Van Basten contro Maradona e Careca, a giocarsi il triangolino tricolore. Domenica, senza star, sarà protagonista il gioco, anzi il piacere del gioco che contraddistingue le due squadre. E soprattutto i due tecnici, Pioli e Gattuso, nonostante i loro trascorsi, il primo da difensore, il secondo da mediano più di rottura che di costruzione. Non ci sarà Pioli sulla panchina rossonera, fermato dal virus. Motivo di preoccupazione in più per Gattuso che si ritroverà di fronte un Ibrahimovic in veste anche di allenatore, senza nulla togliere al bravo Bonera.
Spettacolo
Il Napoli giocherà per vincere e agganciare il Diavolo, il Milan per difendere un’imbattibilità in campionato che dura da 19 gare. Le premesse per una gara pirotecnica ci sono tutte. E se in campo le due squadre scenderanno con moduli speculari, bisognerà vedere quale 4-2-3-1 saprà essere più armonico e agile, giocato con convinzione e molto movimento di centrocampisti e attaccanti.
Non ci saranno Leao per i rossoneri e Osimhen per il Napoli. Gattuso punterà sull’estro e la velocità di Mertens e Lozano. Il Milan, teleguidato da Pioli, punterà su un centrocampo potente e agile con Kessie e Bennacer di supporto all’attacco. Ma sarà soprattutto duello Insigne-Ibrahimovic. Davide contro Golia. Sappiamo come finì. Attendiamo una conferma.
Sergio Curcio