“Evitiamo di caricare i nostri figli delle nostre aspettative e ambizioni. Perché a volte, la paura di deluderci può diventare un peso insopportabile”, sono le parole di dolore del papà di Riccardo Faggin, il 26enne padovano morto nello schianto della sua auto contro un albero dopo aver detto a tutti che il giorno dopo si sarebbe dovuto laureare e che in realtà si è rivelata essere una bugia.
Una bugia che che ha portato tanto dolore ai genitori di Riccardo.
“Gli mancava un esame: Filosofia del Nursering. È stato bocciato una prima volta, poi una seconda… Era come bloccato. Poi a primavera ci ha detto che era riuscito a superarlo e che finalmente poteva concentrarsi sulla tesi” ha rivelato il genitore al Corriere della Sera.
Era in realtà una bugia dalla quale il 26enne non è più riuscito a tornare indietro, forse per paura di deludere qualcuno, e che ha trascinato avanti fino a inventare la finita laurea.
Nessuno del resto aveva dubitato di lui, da sempre considerato bravo ragazzo, impegnava nel volontariato e col sogno di diventare un paramedico del soccorso alpino a cui la laurea in Scienze infermieristiche all’Università di Padova lo avrebbe dovuto portare.
La sera prima della presunta laurea aveva detto di voler uscire con gli amici per andare la bar a stemperare la tensione del momento, ma anche quella era una bugia. Nessuno lo attendeva e il bar che aveva indicato a quell’ora era già chiuso
Nessuno però lo sapeva e tutto è venuto alla luce drammaticamente nella notte tra il 28 e il 29 novembre lungo via Romana Aponense ad Abano Terme quando l’auto su cui Riccardo Faggin viaggiava in direzione Padova, è improvvisamente uscita di strada schiantandosi contro un platano senza lasciare scampo al 26enne.
Al momento nessuno sa con precisione cosa sia accaduto in quei momenti e sul sinistro mortale sta indagando la polizia ma si sospetta che a pesare sia stato proprio lo stato d’animo di Riccardo, che l’indomani avrebbe dovuto dire tutta la verità.
“A questo punto non so neppure se quella tesi esista davvero. Non sono uno psicologo ma credo sia iniziato tutto così: una bugia innocente per gestire un momento di debolezza, seguita da un’altra, e poi un’altra, ma non gliene faccio una colpa. La responsabilità, semmai, me la sento addosso. Mi rimprovero di non aver saputo leggere i segnali, di non avergli insegnato a essere più forte, almeno ad avere quella forza che serve per chiedere aiuto” ha dichiarato il papà Stefano Faggin, concludendo: “Voglio pensare che la sua morte possa insegnare comunque qualcosa ad altri genitori: con l’impegno di tutti si può proteggere anche chi è fragile, evitando di caricare i nostri figli, anche inconsapevolmente, delle nostre aspettative e ambizioni”
Fonte: fanpage