La Procura di Roma, ha riaperto
il caso di via Poma, che ha visto l’omicidio di Simonetta Cesaroni.
A distanza di trentadue anni
dal delitto, è stato aperto
un nuovo fascicolo e sono stati ascoltati nuovi testimoni.
I quali, potrebbero aiutare
gli inquirenti a far finalmente chiarezza, su uno dei cold case italiani.
Al centro delle nuove indagini,
c’è un sospettato, che risulta aver fornito agli investigatori un falso alibi.
Quando è stato ascoltato nel 1990,
La decisione della Procura ,è dovuta
al fatto che è arrivata una segnalazione.
Ad essere ascoltati dalla procuratrice aggiunta Ilaria Calò c’è Antonio Del Greco, che quando Simonetta
è stata uccisa.
Ricopriva l’incarico di dirigente della Squadra Mobile della Polizia di Stato,
e che insieme al magistrato si è occupato delle indagini.
Spetta agli inquirenti verificare
se la pista sia giusta e se finalmente, trascorso tutto questo tempo,
Simonetta e la sua famiglia possano avere giustizia.
Il caso di via Poma: l’omicidio di Simonetta Cesaroni
Simonetta Cesaroni ,
è stata uccisa all’età di vent’anni
con ventinove coltellate ,
il 7 agosto del 1990, ma il suo assassino ,non è ancora stato trovato.
Il giorno d’estate ,in cui è morta Simonetta ,era al lavoro in un palazzo dove si trovavano gli uffici dell’Aiag, al numero civico 2 di via Poma,
nei pressi di Piazza Mazzini.
Il suo corpo senza vita ,è stato rinvenuto intorno alle ore 23.30,
da sua sorella ,e dal suo capo Salvatore Volponi, che si erano allarmati ,
perché la donna non rispondeva alle telefonate.
Il cadavere era all’interno
dell’ufficio chiuso a chiave,
ma non nella stanza in cui solitamente, la donna lavorava.
Era nuda, alcuni vestiti ed effetti personali erano scomparsi, e le scarpe erano state sistemante vicino alla porta.
L’arma del delitto non è mai stata ritrovata, è stato ipotizzato che fosse un tagliacarte.
Imputato e assolto l’ex fidanzato
Per l’omicidio di Simonetta Cesaroni,
tre giorni dopo il ritrovamento
del cadavere il 10 agosto è stato arrestato Pietro Vanacore .
Quest’ultimo , morto suicida nel 2010,
il portiere del palazzo dove la donna lavorava.
Nel 16 giugno del 1993 ,
il giudice per le indagini preliminari lo ha prosciolto perché “il fatto non sussiste”, decisione che è poi diventata definitiva nel 1995, dopo il ricorso in Cassazione.
Successivamente ,a passare sotto
alla lente d’ingrandimento degli inquirenti sono stati anche Volponi.
Federico Valle, il cui padre aveva uno studio all’interno del palazzo,
e l’ex fidanzato della vittima,
Raniero Busco.
Busco in primo grado ,è stato condannato a 24 anni di reclusione,
sentenza ribaltata in Appello,
con la Cassazione.
Nel 2014 fu assolto, perché i giudici della Suprema Corte ,hanno definito
gli elementi ,che hanno portato
alla sua condanna in primo grado solo “congetture”.