Quattro chiacchiere con Luisella Sordini, opinionista della quarta edizione di The Coach

21 Marzo 2022 - 0:45

Quattro chiacchiere con Luisella Sordini, opinionista della quarta edizione di The Coach

Quattro chiacchiere con Luisella Sordini, opinionista della quarta edizione di The Coach, il talent show di
7Gold condotto da Agata Reale. Ecco che cosa ci ha raccontato di questa sua esperienza all’interno del
programma.
Luisella, nell’edizione di The Coach che sta andando attualmente in onda sei tra gli opinionisti. Come ti
sei trovata in questo ruolo?
“Mi sono trovata molto bene. Era un ruolo per me completamente nuovo. Sono vocal coach da più di 15
anni e, quindi, mi sono sempre trovata nella posizione di essere valutata, piuttosto che giudicare il lavoro
degli altri. Perché, se ci pensi, il mio lavoro è fatto di persone che alla fine ti scelgono. E’ stato dunque
interessante fare l’opinionista a The Coach, visto che sono una che ama poco giudicare e che cerca di essere
sempre coerente con il suo pensiero. Per questo, non è stato sempre semplice non essere eccessiva. E’
stata un’esperienza nuova che mi ha lasciato tanta positività”.
Un ruolo che, senz’altro, è arrivato dopo l’esperienza da coach dello scorso anno…
“Esattamente. Ho iniziato il mio percorso come coach, lo scorso anno, ma non sono arrivata alle fasi finali.
Il fatto che si siano ricordati e che abbiano pensato a me nel ruolo di opinionista, perché in qualche modo il
mio mestiere poteva essere utile alla nuova edizione della trasmissione, mi ha fatto davvero molto piacere.
Lo confesso. E’ stato un onore”.
Immagino tu abbia utilizzato due approcci diversi tra l’essere coach e opinionista. In quest’ultimo caso ti
sei sentita più libera?
“Molto più libera. Essere coach è veramente emozionante, ma anche stressante. Ti senti veramente in un
ruolo guardato da tutti, mentre nella normalità è un lavoro che si svolge a quattr’occhi perché lavori con un
cantante all’interno di una sala. A The Coach devi fare vedere quanto vali, trasmettere i tuoi messaggi alla
velocità televisiva, che è tutta un’altra storia. Bisogna riuscire a dare il massimo nei pochi minuti che ti
vengono concessi. Devi essere concentrato, sul pezzo”.
In che modo hai conosciuto The Coach? Come sei arrivata nel programma?
“Ho conosciuto la trasmissione per vie traverse. Diversi colleghi avevano partecipato alle due edizioni
precedenti e ho trovato che fosse uno stimolo interessante. Non mi sono avvicinata al programma per
vincere o per fare promozione, ma perché sentivo l’esigenza di un’esperienza di quel tipo. Sapevo che
andare in televisione mi avrebbe arricchito a livello professionale o umano. Sono abituata a questo. Mi
cimento nelle nuove esperienze non per i risultati effettivi, ma per quello che mi lasciano. E The Coach
lascia veramente tanto, bisogna saperlo cogliere. Se riesci ad affrontarlo mettendoti sotto esame è
veramente un’esperienza molto bella”.
Con gli altri colleghi opinionisti, invece, che tipo di rapporto hai instaurato? Antimo Lomonaco e Vincenzo
Beltempo lo erano già anche quando hai partecipato come coach, ma insieme a loro c’è stata una sorta di
turnazione…
“Sì. Io ho lavorato con Federica Zei. Mi sono trovata benissimo con lei, siamo diventate anche amiche. Ed è
stato piacevolissimo. Vincenzo e Antimo li ho vissuti prima come feroci opinionisti e poi come colleghi. Li
ho nel cuore entrambi. Sono persone splendide, che sanno essere ironiche, autoironiche. Mi hanno saputo
consigliare su come stare sul lavoro. Non posso parlarne altro che bene”.
Estendi questo discorso anche a tutta la produzione del programma?
“Certo che sì. The Coach è veramente una famiglia. Ovviamente ci sono le dinamiche del lavoro, dove
ognuno ha il suo ruolo, ma c’è una bellissima atmosfera”.

A proposito di famiglia, come ti sei trovata con i produttori Luca Garavelli e Marco Zarotti? E con la
conduttrice Agata Reale?
“Sono delle persone squisite. Marco è sempre allegro, disponibile, incoraggia i propri collaboratori. Ogni
momento condiviso con lui è stato un immenso piacere. Luca è una persona veramente accogliente e
spiritosa. Non manca mai la battuta e la risata. Agata è di una capacità di empatia pazzesca con i ragazzi che
partecipano a The Coach. Ha anche la sua esperienza personale che, probabilmente, l’ha resa una donna
veramente sensibile e una persona differente da tanti. Io ti parlo bene di tutti, ma sono persone davvero
molto belle, che è difficile trovare in questo ambiente, perché è un lavoro dove la maggior parte sono
concentrate su se stesse. Ed ho avuto piacere a lavorare con loro. L’aspetto umano di questa esperienza è
la cosa che mi è rimasta più addosso”.
Consiglieresti ad altri coach e talenti di partecipare al programma?
“Assolutamente. Faccio partecipare molti dei miei ragazzi. Dico loro che, comunque andrà, il percorso gli
sarà utile per imparare delle cose, soprattutto personali. Credo che nella vita la vittoria sia sempre riduttiva.
A volte vincere non è così costruttivo come non vincere. Ai ragazzi, ai coach, agli amici a cui ho suggerito di
partecipare ho sempre dato questo consiglio, ossia di provarci perché si sarebbero portati a casa tanta
roba. Ovviamente, il percorso di un coach è diverso da quello di un talento. Il coach deve andare anche per
promuovere la sua immagine, perché la televisione serve anche a farsi conoscere”.
E dei giurati, cosa mi dici?
“L’unico con cui non ho avuto tanto a che fare è stato Morgan, visto che è arrivato nelle fasi finali. Con
Meriam Jane, Maura Paparo e Ludovica Pagani ho avuto modo, invece, di scambiare delle piacevoli
conversazioni. Le ho trovate tutte molto competenti e capaci, sia nel vedere oltre a quella che era
l’esibizione stessa, sia nel saper spiegare e dare consigli. Cosa che non è sempre semplice, perché dei grandi
professionisti non sempre sono dei grandi oratori”.
La scorsa edizione, dove sei stata tra i coach, ha visto trionfare Federica Gili e il cantante Siba. Cosa pensi
di loro?
“Siba ho avuto il piacere di rivederlo in un’esibizione di questa edizione dove sono opinionista. L’ho trovato
un progetto molto interessante. Mi sembra un’artista con delle buone possibilità. Federica è una
grandissima professionista ed un’amica. L’ho conosciuta nella terza edizione ed avevamo legato molto. E’
stata forse la persona con cui ho legato di più ed è stata anche quella che mi ha mandato a casa. Posso
parlare solo bene di lei. Quando ho saputo che aveva vinto, le ho detto che non potevo avere più bella
soddisfazione se non quella di essere stata eliminata dalla vincitrice. Si può accettare, dopotutto, di essere
buttata fuori dalla migliore”.
Secondo te, perché The Coach piace così tanto al pubblico? E’ già stato rinnovato per una quinta
edizione…
“Credo che in questi ultimi dieci anni, i talent abbiano fatto la televisione. E’ chiaro che The Coach cavalca
quest’onda in maniera egregia e, oltretutto, educativamente. L’idea di concentrare l’attenzione sul coach,
oltre che sul talento, è ottima. Era quindi inevitabile che il format funzionasse. E se devo essere sincera mi
stupisco che non funzioni ancora di più perché lo trovo veramente un prodotto adatto per quello che è il
mondo attuale”.
Ah, sì? E come mai?
“Ormai tutti gli artisti riescono ad avere un minimo di attenzione o sui social o sui talent. Questi sono i due
meccanismi che funzionano adesso. I manager che vanno nei locali o nelle sale di danza per trovare il
talento sono rari, soprattutto nel canto. I ragazzi, ovviamente, sono proiettati nelle trasmissioni come The

Coach. E trovo anche sbagliato non essere d’accordo su questo. Ci sono persone che puntano il dito sui
talent, ma il mondo è così. Se si vuole un minimo di possibilità bisogna cercare di affrontare questo tipo di
promozione”.
Anche perché se il talento c’è va avanti, altrimenti non basta solo un talent…
“Assolutamente. E’ sempre stato così. Per certi versi, il talent ti permette di rodarti perché poi chi, secondo
me, porta avanti il proprio sogno è chi mantiene la tenacia necessaria. Anche un percorso come quello di
The Coach, dove viene messa a dura prova la tua emozione, la capacità di mantenere il controllo, la
resistenza fisica e mentale, è un rodaggio per far capire a chi partecipa se quel mondo fa parte della loro
essenza oppure no. Il mondo dello spettacolo si basa, in fondo, su tutto quello che The Coach fa vedere in
piccolo. L’artista deve essere cosciente non solo di quello che succede sul palco, ma anche di tutto ciò che
c’è dietro”.
E la tua passione per il mondo della musica, invece, quando nasce?
“La mia vita è concentrata sulla musica fin da quando sono piccola. Avevo uno zio che la amava, lavorava in
teatro ed era giornalista. Questa passione mi è stata trasmessa dalla tenera età. Da bambina, invece di
raccontarmi le favole, mi spiegavano le trame delle opere liriche. Insomma, sono cresciuta a pane e Puccini.
Quando ho cominciato ad essere un pochino più grande, il canto mi ha sempre accompagnato. Ho sempre
cantato. In seguito, ho iniziato a suonare la chitarra, finché a 16 anni sono arrivate le esibizioni nei locali.
Circa 20 anni fa mi sono affacciata al mondo dell’insegnamento con grande umiltà, perché pensavo che non
fosse un mestiere che sarei stata in grado di gestire. E, invece, ho scoperto un mondo. Mi sono accorta del
fatto che l’insegnamento è preziosissimo e ti permette di dare agli altri tutto quello che tu hai vissuto. Ti
senti veramente di creare delle piccole creature. Ti affezioni ai ragazzi che segui veramente come se fossero
dei figlio, o per lo meno io così sono abituata a lavorare”.
Insegnare è anche un arricchimento personale, no?
“Sì, è un arricchimento personale immenso perché ti permette di mantenere dei bellissimi rapporti di
stima, di confidenza, con diversi allievi. Ovviamente non con tutti perché, ad un certo punto, ci sono delle
persone che staccano il cordone ombelicale anche per scelte di vita. Ad oggi, non saprei cosa sarebbe la mia
vita senza la musica, che è una costante e lo sarà sempre perché mi consente di avere anche un mio
equilibrio”.
Oltre a The Coach, avevi già lavorato in televisione?
“Ero una segretaria di produzione. Ho lavorato per undici anni in un’emittente regionale toscana, ossia
Italia 7. Facevo inoltre la vj per una trasmissione che si chiamava Manicomio e girava per le discoteche nei
fine settimana. Mi sono dunque fatta quel tipo di esperienza lì, che era completamente diversa da quella di
The Coach. Come ho detto, lì ero con dei cameramen in giro per i locali e le registrazioni in studio erano
semplicemente dei lanci sui luoghi in cui andavamo. Ho visto il mondo televisivo su altri aspetti, non
soltanto in base a quello che il pubblico vede col prodotto finito”.

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