Roma – Il dibattito politico italiano è attualmente focalizzato sulla proposta di riforma del premierato, una mossa significativa del governo Meloni.
La riforma prevede l’elezione diretta del premier, un cambiamento che sta suscitando reazioni contrastanti sia nel panorama politico che nell’opinione pubblica.
La proposta di riforma ha incontrato reazioni contrastanti tra i partiti politici. PD, M5S e Azione hanno espresso critiche verso la riforma, definendola “pasticciata” e “pericolosa” poiché potrebbe indebolire il Parlamento e limitare le prerogative del Presidente della Repubblica. Inoltre, si teme che possa smantellare la forma parlamentare del governo italiano.
IV, invece, ha assunto una posizione più cauta, esprimendo la volontà di attendere e valutare i testi ufficiali della riforma
Ma vediamo in cosa consiste la riforma del premierato.
La riforma del premierato è un disegno di legge costituzionale composto da cinque articoli. Si prevede di modificare tre articoli della Costituzione italiana: l’articolo 88, riguardante il potere del capo dello Stato di sciogliere le Camere; l’articolo 92, sulla nomina del premier; e l’articolo 94, sulla mozione di fiducia e sfiducia al governo. Di conseguenza, le votazioni per l’elezione del Presidente del Consiglio e per il rinnovo delle Camere avverrebbero tramite un’unica scheda elettorale. Un altro aspetto importante della riforma è l’introduzione di un sistema elettorale maggioritario con un premio del 55% assegnato su base nazionale, garantendo così il 55% dei seggi nelle Camere ai candidati e alle liste collegate al candidato premier eletto.
Il ruolo del presidente della Repubblica
La riforma modifica il ruolo del Presidente della Repubblica, che non avrebbe più il potere di nominare il premier, ma conferirebbe l’incarico al premier eletto, mantenendo tuttavia il potere di nomina dei ministri su indicazione del capo del governo. Inoltre, in caso di dimissioni o decadimento del premier, il Presidente della Repubblica potrebbe assegnare l’incarico di formare un nuovo governo al premier dimissionario o a un altro parlamentare collegato al presidente del Consiglio, allo scopo di garantire continuità alla legislatura. Un’ulteriore modifica riguarda i senatori a vita: la riforma prevede di eliminare il potere del Presidente della Repubblica di nominare i senatori a vita, garantendo però che gli attuali senatori a vita restino in carica fino alla fine del proprio mandato.
La proposta di riforma del premierato ha generato ampio interesse e dibattito in Italia. Secondo un sondaggio di Lab 21.01 per Affaritaliani, oltre la metà degli italiani, precisamente il 57,3%,si dichiara favorevole all’elezione diretta del premier. In uno scenario di referendum, il 48,2% del campione voterebbe a favore della riforma, mentre il 25,2% si opporrebbe.
La questione, tuttavia, è complessa e le opinioni variano significativamente tra gli elettorati politici. Mentre una larga maggioranza degli elettori di centrodestra sostiene la riforma, solo il 40% degli elettori di opposizione condivide questa visione. Inoltre, secondo un sondaggio di Quorum/YouTrend per Sky TG24, gli italiani sono divisi su quale direzione dovrebbe prendere questa riforma: il 25% preferirebbe dare più poteri al governo, il 21% al Parlamento, e il 32% manterrebbe l’attuale equilibrio costituzionale.
Articolo scritto da: Maria Paola Falanga