Positiva all’HIV e epatite C da trasfusioni negli anni ’70: una donna scopre la sua positività e trasmette il virus al coniuge. La Corte d’Appello di Catania condanna il Ministero della Salute al risarcimento di 500mila euro per entrambi i coniugi.
Riconosciuto il diritto al risarcimento anche per il coniuge. La sentenza, in linea con quella di primo grado, stabilisce che il contagio involontario del coniuge da parte della vittima primaria di una trasfusione infetta è risarcibile.
Il caso risale agli anni ’70. Una donna, sottoposta a trasfusioni di sangue, scopre negli anni 2000 di essere positiva all’HIV e di aver contratto l’epatite C. Successivamente, il contagio da epatite C (ma non HIV) viene accertato anche nel marito.
Nel 2018 la coppia fa causa al Ministero della Salute. I coniugi chiedono il risarcimento dei danni per le gravi patologie derivanti dalle emotrasfusioni infette.
Il Tribunale di Catania dà loro ragione. La sentenza stabilisce che l’HIV, come l’epatite C, può essere trasmesso da emotrasfusioni e che anche il successivo contagio del coniuge va risarcito.
La Corte d’Appello conferma la sentenza. La decisione sottolinea l’importanza di risarcire non solo la vittima primaria dell’illecito, ma anche le vittime secondarie, come il coniuge contagiato involontariamente.
Risarcimento per entrambi i coniugi. I due avranno diritto a un risarcimento come vittima diretta e indiretta delle operazioni. Il Ministero della Salute dovrà risarcire il danno arrecato ad entrambi i coniugi.
La sentenza rappresenta un precedente importante. Secondo l’avvocato Vignera, che ha assistito la coppia, il principio sancito è che “il risarcimento del danno spetta anche alla vittima secondaria dello stesso fatto illecito”.
Fonte: Fanpage
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