«Mi sottovalutano spesso. Perché sono donna, per la mia età, per il mio aspetto fisico. Sono una guerriera e lo so, ma a volte mi manca la forza. Ho bisogno di avere più donne al mio fianco, che mi sostengano quando da sola non ce la faccio. Unite, è più facile». Parla così Josephine Teske, 35 anni, a cui anche il settimanale tedesco Der Spiegel ha dedicato un lungo ritratto. È pastora di due comunità: quella evangelica di Büdelsdorf – cittadina nel nord della Germania – e una virtuale, su Instagram, da oltre 29 mila follower.

Rappresenta tante cose Josephine, a partire dal nome. Frau Teske in chiesa, con la tunica nera e i capelli raccolti sulla nuca, e “Phine” su Instagram, immortalata con un vestito bianco e verde il giorno del suo compleanno. Si definisce con tre sostantivi: amante della vita, femminista, mamma single.

Quando le chiedi se femminismo e fede siano in contraddizione, risponde con tono placido che no, non è così, perché tutti gli esseri umani hanno pari dignità e in quanto tali meritano lo stesso rispetto. Uno dei temi a lei più cari è l’empowerment femminile, la capacità di rafforzare la consapevolezza di sé e delle proprie capacità. Creando comunità e apprezzamento reciproco: «Dovremmo sostenerci a vicenda e non invidiarci o sminuirci. Diciamocelo se ci piace qualcosa l’una dell’altra. Una cosa tipo, “hey, come sei bella oggi, hai davvero un bel vestito”».

Per Teske, che ha due figli piccoli, femminismo e maternità sono intrecciate: «Mi ritengo una buona madre, anche quando ho dei dubbi. Anche se sgrido i miei bambini, o se gli lascio bere la Coca Cola. Amo i miei figli e mi butterei nel fuoco per loro, sono grata di averli avuti. Eppure, sono altrettanto grata quando si addormentano». Nessun senso di colpa dovrebbe impedire di ritagliarsi del tempo prezioso. L’attività di Josephine Teske, di persona e sui social, ruota attorno all’importanza di creare connessioni con le altre donne: «Se sgrido i miei bambini – a volte bisogna farlo – mi piacerebbe ricevere sguardi dei comprensione e non occhiate severe».

I temi di cui parla Teske sono vari, spesso difficili o laterali per la religione. Sesso prima del matrimonio, masturbazione o mestruazioni, secondo lei, non sono tabù ma «argomenti che interessano alla società di oggi, e in quanto tali imprescindibili per la Chiesa». Proprio questo le permette di rivolgersi a un pubblico vario – capita la seguano anche atei o appartenenti ad altre confessioni – con cui mantiene un dialogo aperto. Nel suo profilo una sezione è dedicata alle domande dei follower – «Quando sei rimasta incinta?», «Com’è stato il tuo primo funerale?», «Hai mai dubbi sulla fede?» – e lei risponde a tutti.

Oggi, di dubbi non ne ha più. Ma in passato il cammino per diventare pastora non è stato facile. Già a 14 anni sapeva di voler fare quello, perché nessuna professione l’affascinava più del vicariato. Eppure, le incertezze hanno coinciso con l’inizio degli studi di Teologia, a Rostock. «Mi intimidiva l’approccio “scientifico” alla fede – racconta – all’università non avevo trovato una comunità e lo studio mi metteva davanti a questioni cui non sapevo dare risposte». La perdita di un figlio, il primo, a pochi giorni dal parto, acuisce il dolore e porta con sé una nuova consapevolezza: «Ero così arrabbiata con Dio. Allo stesso tempo, però, sapevo che era sempre là per me».

Continua a studiare nonostante la difficoltà di apprendere lingue nuove, soprattutto il greco antico, mentre latino ed ebraico le vengono più facili. Si trasferisce a Büdelsdorf, la cittadina in cui risiede tuttora. Qui scopre il lato femminista della fede, che cambia anche il suo rapporto con Dio. Spesso a lui si rivolge usando il genere femminile, una particolarità che non disturba i fedeli. Il Signore ha tanti volti, spiega, «puoi chiamarlo padre nostro o madre amorevole, dio è un concetto e in quanto tale non ascrivibile a una categoria».

Secondo il portale web Statista, nel 2020 sono stati oltre 440 mila i credenti che in Germania hanno lasciato la chiesa cattolica ed evangelica. Molti l’hanno fatto per sfuggire alla “Kirchensteuer”, la tassa sulla religione. L’appartenenza religiosa – cattolica, protestante o ebraica – va infatti segnalata nella dichiarazione dei redditi e comporta il pagamento di una cifra. Teske crede però che sulla scelta dei cattolici abbiano influito anche gli scandali legati agli abusi sessuali e la poca apertura verso le coppie omosessuali. «La Chiesa, temo, non parla più la lingua delle persone».

Josephine Teske ha ricevuto critiche, «alcune costruttive, altre meno», perché affronta la religione in modo poco convenzionale. Discute di temi su cui la fede preferisce non interrogarsi, dà spazio ai dubbi dei giovani. E sfrutta ogni mezzo possa agevolarla nel dialogo: «Instagram è più di un social dove postare foto, è uno strumento per creare rete e parlare». Come le piace ripetere, in fin de conti, «non mi va di combattere da sola, è troppo faticoso».