Una “manutenzione straordinaria” del Reddito di cittadinanza. Che durerà otto mesi per gli occupabili nel 2023. E nel 2024 verrà abolito e sostituito con un nuovo sussidio. La prima Legge di Bilancio del governo Meloni cambia così il Rdc, producendo risparmi previsti pari a 734 milioni per quest’anno. Ovvero meno di un decimo della spesa complessiva, pari a 8 miliardi. Questi soldi andranno a un apposito fondo per una riforma complessiva del sostegno alla povertà o all’inclusione. Così il reddito di cittadinanza torna a somigliare al reddito di inclusione. Mentre 660 mila occupabili rischiano di perderlo già da settembre a dicembre 2023.
Il comunicato del ministero dell’Economia e delle Finanze guidato da Giancarlo Giorgetti ha precisato che a partire dal primo gennaio 2023 arriverà una «manutenzione straordinaria del reddito di cittadinanza, che si avvia verso la sua abolizione, con un periodo transitorio nel 2023 con maggiori controlli sul fronte di chi lo percepisce e di chi riceve offerte di lavoro». Il reddito sarà abrogato il primo gennaio 2024 e sostituito con una nuova riforma. A partire dall’anno prossimo quindi alle persone tra i 18 e i 59 anni, abili al lavoro ma che non hanno nel nucleo familiare disabili, minori o persone a carico con almeno 60 anni di età, è riconosciuto il reddito nel limite massimo di otto mensilità invece delle attuali 18 rinnovabili. Ma chi lo avrà dovrà partecipare a un corso di formazione o riqualificazione professionali. Altrimenti il beneficio decadrà. Decade anche nel caso si rifiuti la prima offerta “congrua” di lavoro.
Secondo questa prospettiva quindi il numero di persone che potrebbe perdere tra settembre e dicembre 2023 il reddito di cittadinanza ammonta a 660 mila. Gli “occupabili” sono i beneficiari del reddito di cittadinanza che possono anche lavorare. Nell’ultima rilevazione dell’Inps erano 830 mila. Ma 173 mila di loro hanno già un reddito di lavoro. Ma, spiega oggi Il Fatto Quotidiano, guadagnano talmente poco che il Rdc serve a integrare i loro incassi. Per loro l’idea del ministero è di fissare un tetto all’integrazione via reddito, evitando di cancellarlo. Con la proposta della ministra del Lavoro Marina Calderone i nuclei con figli minori, quelli con disabili ed anziani a carico non dovrebbero essere colpiti da tagli. Il 35% dei nuclei percettori ha attualmente un minore in famiglia. Il 18% ha un disabile. Quindi in teoria il totale degli interessati dal taglio dovrebbe scendere a 500 mila persone.
C’è però da ricordare che tre quarti degli “occupabili” ha la licenza media, il 73% di loro non ha esperienze lavorative negli ultimi tre anni. Si tratta quindi in gran parte di disoccupati di lungo corso. E ancora: l’80% di chi trova un lavoro deve accettare un contratto a tempo determinato o stagionale. Poi torna al sussidio. Il 60% delle persone che hanno lavorato durante la fruizione del Rdc è al Sud. I meridionali costituiscono il 67% dei percettori presi in carico dai centri per l’impiego. Intanto La Stampa spiega oggi che Giorgia Meloni ha cambiato idea sulla cancellazione del sussidio proprio dopo un intervento della ministra Calderone. Che ha spiegato alla premier come la cancellazione del Rdc avrebbe portato a «un rischio di tenuta sociale. Molti dei percettori non riuscirebbero a trovare lavoro». Ma il ragionamento sui rischi di tenuta sociale è stato condiviso dall’intero governo. Eliminare la misura avrebbe avuto un impatto troppo violento sull’economia italiana. Che dovrà affrontare un’inflazione reale tra il 17 e il 18% l’anno prossimo.
Intanto il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte annuncia battaglia. E in un post su Facebook prepara una manifestazione di sostegno al reddito di cittadinanza: «L’ultima novità che arriva dalla maggioranza della Meloni parla di un taglio di mensilità del Reddito di cittadinanza per gli “occupabili”: persone in grande difficoltà, fra cui molti over 50 e 60 per cui trovare lavoro oggi è durissimo e 200 mila cittadini che già lavorano e che chiedono il Rdc per integrare stipendi da fame. Siamo disposti a tutto per arginare questo piano folle, anche a scendere in piazza. Noi non getteremo mai la spugna su queste battaglie, vediamo se saremo i soli o se altre forze politiche risponderanno “presente”». Il riferimento al Partito Democratico e al centrosinistra è chiarissimo. D’altro canto adesso la Legge di Bilancio comincia il suo lungo percorso che dovrà portarla all’approvazione in forma identica sia alla Camera che al Senato. E altre modifiche potrebbero arrivare in corso d’opera. Magari spinte proprio dalla piazza.
Fonte: Open