I guai giudiziari per la famiglia Cesaro non finiscono mai. Neanche un mese fa era arrivata una richiesta d’arresto per Luigi Cesaro, senatore accusato di corruzione, oggi emerge il coinvolgimento di tutti e tre i fratelli del parlamentare azzurro nell’inchiesta condotta dai carabinieri del Ros, con il coordinamento della Dda di Napoli, sulle ramificazioni dei clan camorristici Puca, Verde e Ranucci, attivi nella zona di Sant’Antimo, nella periferia settentrionale di Napoli. La Dda aveva chiesto la misura cautelare in carcere per Cesaro, ma al momento risulta solo indagato.
I militari, coordinati dai pm Giuseppina Loreto e Antonella Serio, hanno eseguito una misura cautelare a carico di 59 indagati accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno, corruzione elettorale, estorsione e turbata libertà degli incanti. La misura degli arresti domiciliari è stata notificata ad Aniello e Raffaele Cesaro, entrambi già coinvolti in un’altra inchiesta su presunte collusioni con la camorra. L’accusa contestata è di concorso esterno in associazione mafiosa. Tra i destinatari delle misure cautelari figurano anche diversi elementi di spicco della criminalità organizzata napoletana. Il giudice per le indagini preliminari, Maria Luisa Miranda, ha disposto invece il carcere per Antimo Cesaro, titolare del centro di analisi Igea di Sant’Antimo. Il gip ha firmato anche un ordine di sequestro per la società “Il Molino”.
Il giudice ha disposto 38 arresti in carcere e 18 ai domiciliari. L’operazione ‘Antemio’ ha fatto luce “su attentati dinamitardi, estorsioni e tentati omicidi, ma anche su una fitta rete di cointeressenze sia in ambito politico sia imprenditoriale, sfociate in affari milionari per i clan e in una rilevante situazione di infiltrazione dell’amministrazione comunale”. Il gip si è riservato di prendere una decisione in relazione alla posizione del senatore Luigi Cesaro, “all’esito dell’eventuale autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni, ritenute rilevanti, secondo la procedura che verrà attivata da questo ufficio”. Il giudice ha disposto il sequestrato di 194 unità, tra civili abitazioni, uffici, magazzini, autorimesse, nonché di 27 terreni (tutti ubicati tra le province di Napoli, Caserta, Frosinone e Cosenza), 9 società e 3 quote societarie, 10 autoveicoli e 44 rapporti finanziari. Tra i beni immobili c’è appunto la galleria commerciale di Sant’Antimo “Il Molino”, con oltre 90 locali adibiti ad esercizi commerciali ed uffici. Tutto per un valore di circa 80 milioni.
Le indagini inoltre hanno accertato “il condizionamento delle elezioni comunali del Comune di Sant’Antimo (sciolto il 20 marzo per infiltrazioni mafiose) tenutesi nel giugno 2017, attraverso una capillare campagna di voto di scambio. In tal senso è stata fatta luce su un’incalzante opera di compravendita di preferenze, con una tariffa di 50 euro per ogni voto, a favore di candidati del centrodestra, soccombente, come noto, al ballottaggio, dopo un primo turno favorevole”. Il controllo del Comune di Sant’Antimo da parte del clan, secondo gli inquirenti, “risulta proseguito anche dopo le elezioni. Infatti, a seguito della mancata affermazione elettorale, la strategia criminosa è stata finalizzata da un latoa far decadere quanto prima la maggioranza consiliare e dall’altro a mantenere – malgrado una Amministrazione di diverso schieramento politico – il controllo sul locale Ufficio Tecnico attraverso la conferma nel ruolo di responsabile dell’ingegner Claudio Valentino”, indagato sia per l’ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa (clan Puca), sia per episodi di corruzione e di turbata libertà degli incanti relativi a quattro gare a evidenza pubblica, del complessivo valore di oltre 15 milioni di euro. In questo contesto, proseguono gli investigatori, è stata chiarita la genesi di due attentati tra novembre e dicembre 2018 contro le case di consiglieri comunali di maggioranza “per farli dimettere dalla loro carica e così far venir meno il numero legale per il funzionamento del Consiglio e determinarne lo scioglimento”.
La notizia degli arresti della famiglia Cesaro ha avuto un effetto devastante all’interno del suo partito, visto che ci troviamo a poche ore dalla definizione del candidato governatore e dei candidati consiglieri alle elezioni politiche 2020 in Campania. Come è noto, Luigi Cesaro già coordinatore provinciale di Forza Italia, presidente della Provincia di Napoli, parlamentare europeo e deputato di lungo corso (la prima elezione risale al 1996) è considerato un esponente di punta del partito campano, da sempre vicinissimo al leader Silvio Berlusconi, tanto da esprimere negli anni un buon numero di candidati prima ed eletti dopo. Vedasi ad esempio il figlio Armando, capogruppo regionale in Campania, il segretario regionale e senatore Domenico De Siano e il deputato Antonio Pentangelo. Su quest’ultimo e su Cesaro senior, per l’inchiesta ex Cirio, pesano un ordine di arresto per corruzione, sospeso dal Gip che ha inviato la richiesta dell’autorizzazione a procedere delle Camere di appartenenza.
Dunque l’ennesima grana giudiziaria, che investe la famiglia Cesaro, potrebbe avere contraccolpi politici. Tanto che – voci di corridoio in ambienti romani – intravedono una scelta drastica da parte dei vertici nazionali di Forza Italia. Lo stesso presidente Berlusconi, impegnato con tutte le sue forze a sostenere la candidatura a governatore di Stefano Caldoro e volendo giocare una grande partita in Campania, regione che da sempre, ha dato grandi soddisfazioni all’ex premier, potrebbe – per evitare attacchi violenti da parte del centrosinistra, M5S, ma anche e forse sopratutto dalla Lega – invitare Armando Cesaro, a fare un passo indietro e non ricandidarsi.