Da due anni, la famiglia di Luigia Russo è in cerca di verità e giustizia. O meglio: di giustizia, perché la verità è tristemente nota.
Luigia Russo aveva 72 anni ed era madre di quattro figli maschi e nonna di cinque nipoti. Vent’anni fa, le viene diagnosticata una patologia meccanica dell’apparato digerente e nello specifico di ernia iatale del III tipo, con uno scivolamento di parte dello stomaco dall’addome al torace per effetto della dilatazione dello iato. Per esito di perizie medico-legali, è stato possibile evidenziare che, malgrado l’evolversi del quadro clinico (manifestazione di episodi di vomito) , la cura farmacologica in atto e la sintomatologia suggerivano una strategia attendista. Per conoscenza indiretta, tuttavia, la signora Russo ebbe modo di affidarsi a chirurgo dell’ospedale Fatebenefratelli di Napoli e fu inserita in lista d’attesa per effettuare l’intervento chirurgico.
Dopo due mesi di attesa, malgrado la sintomatologia si fosse estinta del tutto, la signora fu contattata dalla struttura sanitaria napoletana per il ricovero e l’operazione da effettuarsi tra il 9 maggio ed il 10 maggio 2022. La motivazione addotta per il ricovero fu che l’intervento era da farsi per effetto di approfondimenti dell’equipe medica della chirurgia generale, sempre sulla scorta degli esami privati della stessa lasciati al chirurgo. Al riguardo non è stato mai fatto sapere per quali approfondimenti la signora dovesse sottoporsi all’intervento chirurgico. Nello specifico la cartella clinica è gravemente carente del consenso informato e dei rischi connessi che, come si vedrà, richiedevano protocolli informativi non praticati, ed un équipe medica di notevoli esperienze statistiche del personale sanitario per interventi di ernia iatale.
Tali considerazioni, chiarite dai dossier della famiglia Russo affidati allo Studio Legale dell’avvocato Andrea Marzorati di Milano, sono state compiute chiaramente a-posteriori. Nell’immediato, infatti, la donna preferì ricoverarsi ed operarsi nella speranza di “riuscire a risolvere il problema”. Così, come da programma, il 9 maggio la donna fu ricoverata ed il 10 maggio fu operata. Da qui, inizia per Luigia Russo l’odissea terminale. Attraverso, infatti, la ricostruzione e le contestazioni presentate dai legali della famiglia, è possibile ricostruire il decorso ultimo di questa terribile vicenda.
Perché la signora Russo è stata operata senza valutare il decorso sintomatologico e gli esami in possesso quando era necessaria una condotta attendista ? Come mai l’intervento è avvenuto con omissioni del consenso informato ? L’inadeguatezza della condotta chirurgica ha determinato una lesione dell’esofago con conseguente versamento interno ed inizio di processo infettivo. Il tutto, ovviamente, è documentato dagli esiti delle analisi ematocliniche.
Come mai solo dopo 7 giorni è stata diagnosticata la lesione? E, diagnosticata la lesione, com’è possibile che sia avvenuto non correttamente il secondo intervento chirurgico, teso a rimarginare la lesione? Non c’è da sorprendersi, allora, che dinanzi a tali inadempienze, surrogate da perizie medico-legali, la povera signora Russo sia finita in terapia intensiva e sia stata intubata. Si giunge, quindi, solo al 9 giugno 2022, quando la struttura sanitaria provvede all’installazione di un sondino naso-digiunale. Da qui, quindi, la naturale domanda: come mai, una paziente con quadro clinico già così compromesso ha iniziato un percorso di alimentazione solo un mese dopo il ricovero e l’ultimo pasto? Ma, ed è da notare, anche sul sondino naso-digiunale si rivela un caso di inadempienza. Lo Studio Legale Marzorati contesta inoltre che il sondino non sia stato installato correttamente, causando soffocamento da ab-ingestis e, per le diverse intubazioni, fistoli tracheali.
Così iniziano gli ultimi giorni sofferti: emotrasfusioni effettuate solo dal 19 giugno 2022 e ripetute in sequenza, finché il 26 giugno 2022 furono registrati episodi di crisi epilettiche, dettate da un quadro clinico disperato. Ad aggravare irreversibilmente il quadro clinico (quindi anche la posizione dell’ospedale) è la contrazione di un batterio nosocomiale multiresistente. Questa Via Crucis ha la sua parola ultima il 30 giugno, quando Luigia Russo si spegne per arresto cardiaco.
I legali della famiglia, come riportato dall’articolo del Mattino (23 luglio 2024), lamentano anche la mancata collaborazione e l’ostruzionismo della struttura sanitaria nel fornire i documenti richiesti dalla difesa, in particolare in termini di protocolli sanitari sulla prevenzione di batteri nosocomiali.
È questa, allora, una triste storia, la cui verità pare nota ed evidente. Ma la famiglia, attraverso la lotta del figlio della vittima, Michele Punzo, chiede legittimamente giustizia perché “quello che è accaduto alla mia povera mamma non capiti più a nessuno”.
L’avvocato Marzorati ha già introdotto un ricorso al tribunale civile di Roma avendo il Fatebenefratelli sede legale nella Capitale, al fine di accertare e quantificare questi dimostrati gravi errori sanitari.