L’Iran ha risposto. Dopo l’attacco degli Stati Uniti contro i siti nucleari di Natanz, Fordow ed Esfahan, Teheran ha lanciato missili. I bersagli? Le basi americane in Qatar, Siria e Iraq. L’operazione si chiama “Benedizione della Vittoria”. La tensione è alle stelle.
La Casa Bianca segue ogni mossa. “Monitoriamo da vicino le minacce alla base in Qatar”, fanno sapere. Donald Trump è nella Situation Room. Il rischio di un’escalation è altissimo. Gli Stati del Golfo reagiscono subito.
Gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein e il Kuwait chiudono lo spazio aereo. La paura di un conflitto regionale spinge tutti a blindare i cieli. I voli vengono cancellati. Le compagnie aeree cambiano rotta.
L’Italia osserva con preoccupazione. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è in contatto con le ambasciate italiane nella regione. L’Unità di Crisi ha convocato gli ambasciatori dell’area. Si valutano rischi e strategie.
Nel frattempo, gli analisti dell’ISPI spiegano un punto chiave. L’Iran, secondo loro, non chiuderà lo Stretto di Hormuz. Sarebbe una mossa troppo rischiosa, anche per Teheran. Ma il pericolo resta.
In molti si chiedono: perché gli USA sono entrati nella guerra tra Israele e Iran? Le ragioni affondano nelle alleanze, nella strategia e negli attacchi precedenti. La tensione è cresciuta settimana dopo settimana.
L’attacco americano all’Iran potrebbe scatenare conseguenze devastanti. Non solo nella regione. Anche l’Europa teme un allargamento del conflitto. Le borse tremano, il petrolio sale.
Infine, Trump ha parlato alla nazione. Ha difeso l’attacco. Ha promesso fermezza. Ma ha anche chiesto unità. Ora il mondo aspetta. Il prossimo passo potrebbe cambiare tutto.
Fonte: Fanpage
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