Ha lasciato a casa i suoi amati piccioni – fino a poco tempo fa nel giardino della faraonica villa di Los Angeles possedeva anche tigri e leoni – ed è tornato a combattere sul ring.
Una ricca borsa, quasi dieci milioni di dollari, che sarà devoluta in beneficenza. Tutta, forse in larga parte, chissà. Che strano personaggio Mike Tyson detto Iron, una faccia davvero da paura.
Resa ancora più minacciosa dal tribale maori che gli copre un’area estesa sulla tempia, e uno sguardo che te lo raccomando. E dei denti affilati come lame di un seghetto con i quali staccò con un morso un orecchio ad Holyfield suo avversario nel match mondiale del 1997.
Quella sera, Tyson perse il titolo ed Evander un orecchio. Ha sniffato, lo fa da una vita, anche prima di incrociare, a 54 anni, i guantoni con Roy Jones junior che di anni ne ha 51, un secolo e cinque anni in due.
I pugni di un tempo che hanno fermato il tempo. Otto riprese di due minuti, match pari. Gran battage pubblicitario, si pensa anche di ospitare una sua esibizione in Italia, sempre per beneficenza eh!.
Tyson è l’altra essenza della boxe che viene definita la nobile arte: grinta, cattiveria, ganci e diretti come macigni. Un passato di dannazione quello di Iron Man, retaggio di un’infanzia difficile.
Confessò tra le lacrime di aver subìto molestie sessuali quando aveva 7 anni, Un bambino. E da allora il suo istinto di vendetta verso il mondo lo portò sulla via della droga e delle risse.
Quando aveva 13 anni era già entrato e uscito per 39 volte dal carcere minorile: furti e violenze, alcol e droga. Un’esistenza sempre in bilico. L’uomo vissuto due volte, dicono di lui. Anche tre.
Quattro mogli ed otto figli, ma non si dica che non ha saputo nutrire gli affetti familiari. Che altro si può fare se non divorziare quando trovi lei (Robin Givens) a letto con l’allora giovanissimo Brad Pitt?
Andò bene ai due piccioncini, non credete? Gli hanno affibbiato più nomi che riconoscimenti: il sanguinario del ring, Kid dinamite, King Kong. E comunque passerà alla storia del pugilato come il più giovane campione del mondo dei massimi, vent’anni.
Titoli conquistati, perduti, riconquistati. Fino a quindici anni fa quando si ritirò dal ring. Una vita, compresa quella sportiva, fatta di gloria e onori, cadute nella polvere, osanna e accuse.
Ha confessato di aver dilapidato un patrimonio di 500 milioni di dollari, provate a contarli, c’impieghereste anni. Era salito sul ring nel giorno della morte di Maradona.
Dirà con commozione: “Diego ci ha lasciato, era uno dei miei eroi, mi mancherà”. Poi, l’altro Tyson ha incrociato i guantoni con Jones junior nel tempio dei Lakers e di Kobe Bryant.
Pugni antichi per far del bene a senzatetto e a tossicodipendenti. Quel pensiero fisso agli anni torbidi vissuti tra i vicoli di Brooklyn. Ha sniffato, ha combattuto, non ha vinto né perso. E’ sceso dal ring felice per aver dato aiuto a chi soffre. Ed è tornato dai suoi piccioni.
Adolfo Mollichelli