Giorgia Meloni attacca apertamente Silvio Berlusconi per il diktat su Licia Ronzulli. «Noi lavoriamo per l’Italia, spero che gli altri vogliano fare lo stesso», dice in pubblico. Mentre ai suoi fa sapere che «quello di oggi (ovvero la scelta di Forza Italia sull’uscita dall’aula, ndr) è stata un grandissimo gesto di mancanza di rispetto». E qualcuno getta benzina sul fuoco esortandola a «non dare nulla agli alleati». Ovvero a ritirare quella «proposta generosa» con la quale sperava di aver trovato la quadra sui ministri. E a farsi davvero il nuovo governo «da sola», dicendo agli alleati semplicemente «prendere o lasciare».
Se non c’è la possibilità di andare avanti, allora si tornerà a votare. Niente compromessi al ribasso e niente galleggiamenti. D’altro canto lei chiedeva nuove elezioni anche dopo le urne del 2018. Con l’indicazione di Lorenzo Fontana a Montecitorio, è il ragionamento, si vedrà se Forza Italia vuole ancora giocare o fare sul serio. Anche perché se saltasse il banco gli elettori la farebbero pagare proprio agli azzurri, è il ragionamento. Il Corriere della Sera scrive oggi che Meloni non ha intenzione di offrire a Fi i cinque ministeri che aveva promesso. Che invece diventavano sei nel biglietto del Cav.
Ovvero Antonio Tajani agli Esteri, la Giustizia per Casellati, l’Università per Anna Maria Bernini, la Pubblica amministrazione per Maurizio Gasparri, Transizione ecologica o Ambiente per Alessandro Cattaneo. Più le Politiche europee per Ronzulli, la vera pietra dello scandalo. E sicuramente, aggiunge il quotidiano, sarà lei e soltanto lei a scegliere i nomi. Indipendente dalle indicazioni dei partiti. Forse nominando vicepremier Tajani e Matteo Salvini. E con Giancarlo Giorgetti al ministero dell’Economia. Per rimuovere l’impasse sul tecnico di via XX Settembre. E per mandare un segnale a chi vuole mettersi di traverso: «Questi non si rendono conto, pensano solo a posti e poltrone. Dopo il loro gesto noi dovremmo votarli alle vicepresidenze? E perché?».
Fonte: Open