Medicina sportiva: tanti infortuni, l’importanza della duttilità del ruolo

5 Marzo 2021 - 19:36

Medicina sportiva: tanti infortuni, l’importanza della duttilità del ruolo

E’ più di un anno che viviamo in emergenza pandemica, con danni enormi all’economia. Ma che ha colpito tutti i campi, sport compreso. Specialmente quello amatoriale, quasi azzerato, anche per la chiusura delle strutture.

L’impossibilità ad allenarsi con continuità ha penalizzato chi nello sport cerca anche l’incremento prestazionale. E’un fenomeno che ha riguardato meno i professionisti, che comunque hanno avuto la possibilità di continuare ad allenarsi.

C’è una intervista molto interessante al professore Marco Bonifazi, dell’Universitá di Siena, presidente della Commissione Medica della Federazione Italiana Nuoto. Lì il professionista ha spiegato come è possibile sfruttare un momento così difficile per migliorare le qualità dell’atleta.

In un momento di grande incertezza nella programmazione degli allenamenti bisogna rivedere i modelli tradizionali. Troppo legati sia alla continuità sia al mantenimento di un determinato livello di carico per ottenere un miglioramento della prestazione.

In realtà ciò è possibile anche mantenendo bassi i livelli di carico e sviluppando gli aspetti tecnici. Un aiuto ci viene dato anche dalla memoria degli allenamenti precedenti.

Che consente di diminuire di fatto la parte di preparazione generale concentrandosi sulla tecnica, migliorando la performance. Lo sport considerato da Bonifazi è il nuoto, ma vale per tutti.

L’allenamento tradizionale, oltre alla continuità, prevede delle sedute di scarico, necessarie per il mantenimento nel lungo periodo dello stato di forma. Nel campionato di calcio attuale, dove praticamente si gioca ogni 3 giorni, la programmazione è quasi impossibile.

La conseguenza è una lunga serie di infortuni muscolari, che associati al contagio, stanno falcidiando tutte le squadre. Era un problema previsto, ma forse non di tale entità.

Si sta lavorando, dove è possibile, sulla specificità di ruolo. Giocare dove lo si è sempre fatto riduce la fatica che invece aumenta nell’adattamento ad un ruolo diverso. La duttilità è una dote ma richiede un minimo di apprendimento.

Senza tralasciare il costo energetico legato alle energie nervose. Essere impiegato in un ruolo diverso può creare stress, e nel caso si abbiano difficoltà a interpretarlo, c’è il rischio di danneggiare l’autostima dell’atleta.

Col rischio di ridurne le prestazioni anche se riportato nel ruolo abituale. In assenza di tempo, l’allenamento deve esaltare le qualità proprie dell’atleta piuttosto che cercare di adattarlo.

Confermare le sue certezze piuttosto che imporgli un cambiamento. Cambiare ruolo non è solo ricoprire una diversa zona del campo, ma significa rivedere i propri movimenti e di conseguenza anche l’atteggiamento posturale.

Un esterno destro è abituato a proteggersi sul lato sinistro. Attivando tutti quei meccanismi che gli consentono di farlo, dagli occhi alla posizione del capo fino all’appoggio sul terreno di gioco.

Viceversa quello di sinistra. E così per ogni ruolo. Sento troppo spesso parlare di schemi tattici, che talvolta considerano i calciatori come scacchi. Non è così, per fortuna i robottini in campo sono solo quelli della pubblicità.

Franco Di Stasio (presidente SIOS)