Maysoon Majidi: scarcerata l’attivista accusata di essere una scafista

23 Ottobre 2024 - 14:21

Maysoon Majdi sarebbe stata scarcerata dopo l’arresto, con l’accusa di essere una scafista, avvenuto lo scorso 31 dicembre, a seguito di uno sbarco di migranti. Il collegio del Tribunale di Crotone (presidente dal giudice Edoardo D’Ambrosio) avrebbe così accolto l’istanza che era stata presentata da Giancarlo Liberati, avvocato dell’iraniana curda.

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La giovane, sarebbe stata accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, pur essendosi prontamente dichiarata innocente.  Fin da subito, la donna avrebbe sostenuto di essere una migrante come tutti gli altri arrivati a bordo di un’imbarcazione in Italia, il 31 dicembre scorso. Dopo l’arresto avrebbe trascorso più di dieci mesi in carcere, in cui avrebbe anche intrapreso, per protesta,uno sciopero della fame, che le avrebbe causato la perdita di diversi chili.
A seguito delle dichiarazioni fatte dai testimoni citati dalla difesa nel corso dell’udienza odierna del processo, sarebbero venuti meno gli indizi di colpevolezza a carico dell’accusata. Un fatto non di poco conto che il Tribunale avrebbe tenuto in considerazione prima di prendere la decisione finale.
“Siamo particolarmente soddisfatti – avrebbe detto l’avvocato Liberati – del fatto che il Tribunale abbia accolto la nostra istanza, concordando con noi sull’insussistenza degli indizi a carico di Maysoon Majidi”.
L’avvocato Liberati sarebbe infatti intervenuto, nel corso dell’udienza di ieri del processo a carico dell’attivista ventottenne durata ben otto ore.
Sempre durante l’udienza sarebbero stati sentiti i testimoni citati dalla difesa. Successivamente non avrebbe più chiesto gli arresti domiciliari, con braccialetto elettronico, come aveva fatto in precedenza , bensì l’assoluzione e la rimessa in libertà immediata della sua assistita per “assoluta mancanza di indizi”. Il Tribunale avrebbe così accolto quest’ultima tesi.
“Apprendiamo con gioia infinita che il Tribunale di Crotone ha rimesso in libertà Maysoon Majdi, 28 anni, attivista e regista curda iraniana arrestata il 31 dicembre scorso, dopo uno sbarco nel crotonese e rinchiusa nel carcere di Castrovillari, in quanto accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I testimoni della difesa, nel corso dell’ultima udienza, hanno fatto venire meno ogni indizio di colpevolezza. Maysoon Majidi era fuggita dalla Turchia diretta in Germania. Due testimonianze rese ad un interprete afghano e poi sparite, la descrivevano come scafista. La sentenza era già pronunciata ma giornalisti de ‘Le Iene’, hanno raggiunto uno dei due testimoni a Berlino, che aveva escluso qualsiasi ruolo di Majidi. In molte e molti, fra cui il nostro partito in Calabria, in particolare, dall’inizio,  il compagno Francesco Saccomanno, si sono mobilitati in sua difesa ma non bastava”, questo sarebbe stato il commento di Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista.
Avrebbe poi aggiunto il leader del PRC: “Dopo aver scritto al Presidente della Repubblica, Majidi aveva attuato lo sciopero della fame. Lei che era attiva per l’associazione dei diritti dei curdi iraniani HANA, che ha girato il corto Thirsty Flight e tenuto una performance di denuncia davanti alla sede ONU di Erbil, ricordando l’uccisione di Jina Mahsa Amini, da parte della ‘polizia morale’, per un velo portato male, sperava di trovare in Europa la tanto decantata libertà e si è trovata in una cella. Il PM ha più volte cercato di dimostrare come ci fossero evidenze a dimostrare la colpevolezza di Majidi che, secondo l’accusa, per l’aiuto fornito non avrebbe pagato il viaggio. I compagni di traversata si erano eclissati e lei era rimasta sola. E a nulla sono valse le dichiarazioni spontanee rese dall’imputata, suffragate da foto con cui spiegava le ragioni per cui ha potuto girare un video quando era in coperta. Lei, come la quasi coetanea Marjam Jamal, giunta in Italia con un figlio di 8 anni e ora agli arresti domiciliari a Barcellona Pozzo di Gotto, sono due fra i 200 esempi di presunti scafisti contro cui si accanisce, spesso perdendo poi i processi, una repressione a caccia di chi rende possibile l’ingresso nel Paese, ma in realtà si limita ad essere solidale con chi è nella stessa barca. Marjan Jamal aveva anche tentato il suicidio, dopo che i suoi accusatori avevano tentato di abusare di lei e dopo che le era stato tolto il figlio in quanto detenuta. Due donne che combattono per la libertà, provenienti da un Paese il cui regime è giustamente condannato da governo e opposizioni, ma che quando diventano richiedenti asilo, vanno incarcerate. Che la liberazione di Maysoon sia la prima di una serie di buone notizie di cui abbiamo bisogno”.
Fonte: Fanpage.it

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