Nella nuova inchiesta sul presunto omicidio, di Marco Pantani ,
torna in gioco uno dei protagonisti,
del primo e unico a processo.
Per la morte del Pirata, avvenuta
il 14 febbraio 2004, al Residence delle Rose di Rimini, dove il campione di ciclismo, fu stroncato da un cocktail
di cocaina e antidepressivi.
È Fabio Miradossa, l’ex spacciatore condannato per aver venduto la dose mortale a Pantani.
Nel gennaio 2020, è stato sentito
dalla commissione parlamentare Antimafia.
Le sue parole sono finite ,
in un fascicolo aperto nel 2019,
a Rimini .
Dove i magistrati, avevano già messo sotto la lente, le zone oscure lasciate dalle precedenti inchieste.
Quelle sul presunto omicidio del campione, ma anche per possibile ruolo, della criminalità organizzata,
per i fatti di Madonna di Campiglio,
il 5 giugno 1999.
Quando il Pirata ,fu sospeso dal Giro d’Italia, per ematocrito sopra i limiti (allora non si parlava di doping, ma di sospensione per tutelare la salute dell’atleta).
Il legale dei Pantani, Fiorenzo Alessi, dice, che la madre del campione,
Tonina, “è già stata ascoltata e la Procura sta vagliando il materiale con grande serietà.
Se prima la famiglia era sempre partita da una caccia al colpevole, ora l’obbiettivo è la verità.
Vogliamo sapere se Marco ,è morto di overdose (e se è così accetteremo la realtà dei fatti).
Se è stato ucciso, o se qualcuno presente in quella stanza ,
quando lui si è sentito male è fuggito senza soccorrerlo.
Quello che è successo dopo la sua morte non ci interessa più: anche se la raccolta delle prove sul luogo del delitto non fosse stata impeccabile, come molti sostengono, non è più tempo di ragionare su questo”.
Le altre inchieste sono finite in un nulla di fatto, ma numerose ipotesi
sui giorni tragici del campione sono state avanzate, come l’assunzione forzata di droga per provocarne la morte.
Pantani dava soldi a tutti, soprattutto ai suoi spacciatori, che non avrebbero avuto interesse a ucciderlo.
Miradossa , che patteggiò 4 anni e 10 mesi di reclusione, mentre a 3 anni ,
e 10 mesi venne condannato Ciro Veneruso, entrambi per spaccio,
e morte come conseguenza di altro reato.
Oggi sottolinea lo stato psicologico del campione in quel periodo:
“Pantani era perennemente alla ricerca della verità sui fatti di Madonna di Campiglio e ha sempre detto che non si era dopato”.