Sono state trasportate all’obitorio dell’ospedale “Mazzini” di Teramo, le salme dei due alpinisti romagnoli, che hanno perso la vita in un canalone sul Gran Sasso.
I corpi, arrivati a Teramo a bordo dell’elicottero dei Vigili del fuoco, sono ora a disposizione della magistratura.
La famiglia è stata avvertita prima di diffondere la notizia del ritrovamento dei corpi.
I due, a distanza di circa cinquanta metri l’uno dall’altro, sono stati ritrovati nello stesso luogo da cui domenica mattina, 22 dicembre, era stato lanciato l’allarme.
«Ringraziamo tutti i soccorritori per il lavoro svolto in questi giorni», affermano alcuni dei familiari di Gualdi e Perazzini. «Abbiamo collaborato tutti insieme. Siamo qui per salvare le persone e quando accadono queste cose siamo i primi a rattristarci.
Quando non riusciamo a portare le persone a valle per noi è una sconfitta», commenta Daniele Perilli, presidente del Soccorso Alpino e Speleologico abruzzese.
Perazzini e Gualdi avevano già raggiunto la vetta del Gran Sasso, quando scendendo sono scivolati in un canalone ai lati della “Direttissima” verso la Valle dell’Inferno.
Bloccati a venti metri l’uno dall’altro, erano ben equipaggiati per la scalata, ma le condizioni meteorologiche andavano peggiorando, soprattutto con l’arrivo della notte.
I soccorsi – subito mobilitati – non hanno potuto raggiungerli tempestivamente: con il forte vento che batteva le cime del Gran Sasso, la neve si era alzata a creare delle barriere sul percorso, oltre ad abbassare la temperatura.
Una condizione estrema sia per la sopravvivenza degli alpinisti che per l’intervento dei soccorsi.
Uno dei due dispersi è riuscito a contattare ancora una volta il numero di emergenza ma aveva serie difficoltà di parola. Un chiaro segnale di assideramento, secondo i soccorritori.
Nella notte la temperatura è scesa a meno otto gradi, rendendo il rischio ipotermia sempre più concreto.
Le operazioni di soccorso sono riprese il 22 dicembre scorso. Sono state, però, sospese poco dopo le 20 per le condizioni meteo proibitive, con l’obiettivo di riprendere nella mattinata successiva. Il 23 dicembre il soccorso Alpino ha riavviato alle 6:30 le operazioni e una squadra è rimasta in quota per tutta la notte.
Il 23 dicembre – poche ore dopo le nuove operazioni – è arrivato un altro stop: i soccorritori erano arrivati fino a località Sella di Corno, ma le condizioni meteo impedivano di proseguire in sicurezza, tra fortissime raffiche di vento, nebbia, visibilità nulla, precipitazioni e neve (tanto che gli impianti di risalita di Campo Imperatore erano stati chiusi, per le raffiche a cento chilometri orari).
Le condizioni erano tali che anche loro sono rimasti bloccati nel rifugio sul Gran Sasso, costretti così a trascorrere la notte in quota, in attesa di riprendere le ricerche. Il 24 dicembre tutto è rimasto immobile.
Poi a Natale, finalmente, sono rientrati a valle. Degli alpinisti nessuna traccia.
Il 27 dicembre, infine, il tragico epilogo. Dopo due sorvoli aerei, sono stati ritrovati i corpi senza vita dei due alpinisti dispersi da ormai cinque giorni.