L’italiano blindato a Wuhan: «Dopo due mesi abbiamo 2 ore d’aria al giorno col timer sul telefonino»

1 Aprile 2020 - 12:53

L’italiano blindato a Wuhan: «Dopo due mesi abbiamo 2 ore d’aria al giorno col timer sul telefonino»

L’italiano blindato a Wuhan: «Dopo due mesi abbiamo 2 ore d’aria al giorno col timer sul telefonino».

V come vittoria, V come Veneto. Doppia V, allora, come Wuhan: il vicentino Lorenzo Mastrotto sorride, nella foto che ci manda dall’epicentro della pandemia.

Originario di Costabissara, il manager abita con la moglie cinese Anny, e con i figlioletti Gianluca ed Elisa, a poche centinaia di metri dal famigerato mercato del pesce, inizialmente additato come l’origine di tutti i mali.

Era il 23 gennaio quando la città da 11 milioni di abitanti, destinata a registrare (secondo le statistiche ufficiali) 2.535 morti per Coronavirus, entrava in una quarantena durata in realtà più di due mesi.

Racconta il 47enne: «Solo in questi giorni hanno ripreso a circolare gli autobus, a funzionare alcune linee della metropolitana, a produrre le aziende che sono autorizzate.

Ma bisognerà aspettare l’8 aprile perché riaprano la stazione dei treni e l’aeroporto per i voli interni. Insomma, è stata lunga e dura, ma finalmente ne stiamo uscendo, per questo dovete pazientare ancora un po’ e poi tornerete a sorridere anche voi».

Ascoltare la testimonianza di Mastrotto, in diretta WhatsApp dal capoluogo della provincia di Hubei, è un po’ come vedere un film in anteprima.

«Capisco bene cosa stanno vivendo adesso i veneti, perché ci sono passato anch’io con la mia famiglia. All’inizio abbiamo provato paura e preoccupazione, ma poi ci siamo adattati, direi quasi rassegnati.

Fino al 20 febbraio eravamo obbligati a stare in casa, ma ancora potevamo uscire per fare la spesa, dopodiché sono state possibili solo le consegne a domicilio.

Siccome di questo virus non sapevamo niente, tanto che perfino i virologi dicevano tutto e il contrario di tutto, nel dubbio in quel periodo prendevamo ogni precauzione possibile. Portavamo sempre la mascherina.

Proteggevamo gli occhi: io solo con gli occhiali, ma una nostra amica addirittura con la maschera da sub… Indossavamo scarpe e vestiti vecchi, in modo da poterli buttare.

Ma anche adesso ci è rimasta l’abitudine di evitare l’infezione. Per dire: la scorsa settimana ci hanno mandato un parrucchiere davanti al palazzo, per consentirci finalmente di tagliarci i capelli. Quando siamo rientrati in appartamento, abbiamo disinfettato le suole, le chiavi, i cellulari».

Lorenzo è tuttora in smart working con la sua azienda di Montecchio Maggiore, mentre Anny ha ripreso gradualmente ad andare a lavoro. «Le macchine devono ancora stare ferme e da straniero io non posso ancora prendere la metro.

Invece lei è accompagnata da un autista autorizzato, ma in ufficio sono in dieci e vanno a turni di cinque al giorno, per stare distanti, portandosi da casa la ciotola di riso da scaldare perché non possono uscire in pausa pranzo. Del resto bar e ristoranti sono tuttora chiusi, i negozi di alimentari stanno riaprendo ma non permettono l’ingresso.

Funziona così. Bisogna ottenere un certificato che attesta la sana e robusta costituzione dopo due mesi di isolamento domiciliare, perché anche qui a Wuhan c’è il problema degli asintomatici, come sento dire dal governatore Luca Zaia in Veneto. In questo modo il codice QR sul telefonino diventa verde e si può uscire massimo due ore al giorno, per andare al market.

Ci mettiamo in coda, consegniamo la lista all’addetto che sta sulla porta, riceviamo la spesa e torniamo a casa. Ancora non troviamo il cappuccino o la pizza margherita con la mozzarella di bufala che piace ai nostri bambini…

Ma rispetto ai primi giorni di emergenza, quando a mezzanotte ci collegavamo alla app per gli acquisti online e un minuto dopo erano già esauriti sale e zucchero, adesso troviamo tutto quello che ci serve per vivere. Siamo anche riusciti a ordinare un tiramisù…». (Leggo)