La prossima legge di bilancio del governo Meloni sta iniziando a diventare sempre più difficile.
Uno dei provvedimenti principali sembrerebbe sparire dal decreto,si tratta infatti dell’azzeramento dell’iva per i beni di prima necessità.
Come riporta Fabio Fubini sul Corriere della Sera, sono almeno quattro gli scogli che rischiano di far incagliare la nave della maggioranza alle prese con la prima manovra finanziaria. A cominciare proprio dall’Iva per pane e latte, che già oggi gode di un’agevolazione al 4%. Nonostante le spinte da Forza Italia, con Giorgio Mulé che fino a ieri 19 novembre dava per certo l’azzeramento dell’Iva nella manovra, al Mef dove si sta materialmente scrivendo la legge di Bilancio non risulta alcuna variazione sui beni di prima necessità. La misura costerebbe alle casse dello Stato quasi mezzo miliardo di euro, per portare però un risparmio molto contenuto sulla spesa delle famiglie. Se mai dovesse arrivare l’ok da Bruxelles per l’azzeramento dell’imposta, Giorgetti avverte che altre misure a sostegno dei nuclei famigliari dovrebbero venire meno.
Altra questione cruciale viene dal nodo pensioni: Forza Italia sta spingendo per aumentare le pensioni minime,mentre la Lega si starebbe interessando maggiormente del sistema delle quote che aprirebbe una finestra per il ritiro dal lavoro a 62 anni con 41 anni di contributi. Considerando l’aumento costante del costo delle pensioni salito a 58 miliardi al 2025, il Mef chiarisce che dovrà essere scelta solo una delle due strade. Nel percorso a ostacoli della Finanziaria c’è poi lo scontro tutto interno al Mef sul piano per lo scudo fiscale sui capitali dall’estero. Un’idea che, ricostruisce il Corriere, sarebbe nata dall’attivismo del viceministro di FdI Maurizio Leo, in una serie di riunioni organizzate mentre Giorgetti e Giorgia Meloni si trovavano a Bali per il G20. Al rientro della premier, il piano sarebbe stato fermato. Così come pare sparita l’idea della «flat tax incrementale», che prima della partenza per Balì la premier aveva presentato ai sindacati come il motivo per cui non fosse possibile un immediato taglio al cuneo fiscale. E proprio sulla riduzione della tassazione in busta paga, l’ultima ipotesi prevede un taglio del 3%, almeno per i redditi sotto i 20mila euro. Idea ancora tutta da concretizzare in attesa di individuare i fondi con cui coprire la «coperta sempre più corta» ripetuta ancora ieri da Matteo Salvini.