Juventus, l’Avvocato e Andrea: da una parte stile e strategia, dall’altra smania di potere e arroganza

7 Maggio 2021 - 8:00

Juventus, l’Avvocato e Andrea: da una parte stile e strategia, dall’altra smania di potere e arroganza

E’ una caratteristica precipua in ogni saga delle grandi famiglie che vi sia qualcuno che esca fuori dal seminato. Insomma, qualcuno che devii dalla via tracciata dai capostipiti. Per acclarata stupidità o per smisurata intraprendenza.

Ecco, prendiamo il caso di Andrea Agnelli. Cultura fine, coltivata al St. Clare’s International college di Oxford e alla Bocconi di Milano. Inglese fluente, presidente della Juve e una volta dell’Eca,

Un manager moderno e competente, baciato anche dalla sorte. Lo stadio di proprietà, nove scudetti consecutivi più coppe italiche e due finali di Champions. Che cosa volete di più! E invece, così come ha costruito così si sta impegnando per distruggere.

Un Crono dei giorni nostri. L’Avvocato, che più di tutti amava Edoardo, non avrebbe gradito il comportamento del nipote. L’avrebbe senz’altro redarguito e consigliato di non strafare.

Per l’amore autentico che l’Avvocato nutriva per la Vecchia Signora, tradita soltanto qualche volta per il Napoli di Maradona. Amava il bello e voleva vederlo da vicino quello scugnizzo che gli ricordava un altro suo grande amore calcistico: Omar Sivori.

Amava il bello e la continuità, molto meno i salti nel vuoto. E Andrea ne ha fatti tanti, un trapezista troppo sicuro di sé da non volere la rete di protezione. Andrea è fumantino e non sopporta che qualcuno gli dica no a un progetto coltivato nella mente.

Ha perduto per il colpo Ronaldo, voluto ad ogni costo, la grande capacità manageriale di Marotta, approdato alla rivale di sempre. Che, guarda caso, ha interrotto il lungo regno scudettato durato nove anni.

E prima aveva perduto Conte forse per un puntiglio di troppo. Conte, l’altro artefice del successo della Beneamata. L’Avvocato si affezionava ai tecnici della Vecchia Signora e, se erano pure vincenti, li avrebbe voluti a vita sulla panchina.

Andrea, no. Ha legato in un certo modo con Allegri finché il Max – cinque scudetti e due finali di Champions – non gli ha detto, al quinto anno, che la Juve era da rivedere, se non proprio da rifondare. Via.

Dal pragmatismo di Max alla grande bellezza di Sarri. Un salto triplo. Lo scudetto è sì arrivato col tecnico di Figline Valdarno, ma il bel gioco non si è mai visto. Anzi contrasti tra tecnico e calciatori. Dunque, quella è la porta, si cambia di nuovo.

Ed ecco il gran salto nel vuoto con Pirlo che, poverino, ora tutti chiamano Pirla. Il benservito a Sarri, reo anche di un’eliminazione inaspettata in Champions, e l’idea (balzana) di promuovere subito l’altro Andrea dalla’Under 23 – mai guidata – alla prima squadra, suggerita dal gatto e la volpe: Nedved e Paratici.

L’Avvocato, ma qui Andrea non c’entra, avrebbe alzato il bastone se avesse vissuto Calciopoli e tutto il resto. E, soprattutto, avrebbe raccomandato di cancellare Perugia, bella città per pochi, dalla rotta della Signora.

Porta male, avrebbe sentenziato con la sua erre blesa, ricordando quel Perugia-Juve (io c’ero) cominciata tre ore dopo per il nubifragio. E che Collina volle far giocare a tutti i costi: lo scudetto perduto nella pioggia. A favore della Lazio.

E Andrea, lì non sono stato io! Allora il suo gatto e la sua volpe che s’inventano? Quel pasticciaccio dell’esame farlocco a Suarez. E dove? Proprio all’ateneo per stranieri della fatal Perugia. E’ troppo, avrebbe tuonato l’Avvocato.

Ma la smania fuori controllo dell’Andrea presidente rampante e dalle sopracciglia unite (dicono che sia segno di tendenza al tradimento, alla non sincerità) non era ancora appagata. E quindi la figuraccia dell’idea della Superlega e la condanna dell’Uefa e non solo.

La mossa dei parrucconi di Nyon con i due rigori negati a Ronaldo nella doppia sfida di Champions con il Porto sanno tanto di avviso, di vendetta preventiva di Ceferin. Ora Andrea è solo – gli altri favorevoli a quel campionato per pochi ricchi, si sono defilati tutti – e si trova a piangere sul latte versato di un campionato gettato alle ortiche e di un piazzamento Champions che, se mancato, sancirebbe il fallimento di quei troppi salti senza rete e, soprattutto, farebbe venire a galla un deficit mostruoso. Con dietro l’angolo la squalifica e il rischio di non vedere le coppe per due anni. Che frittata!

Adolfo Mollichelli