Un altro capitolo si aggiunge alla storia infinita dell’Italia del Mancio e di Chicco Evani (l’equilibratore del grande Milan di Sacchi). Ventiduesima partita utile, diciassettesima vittoria. Successo a Sarajevo e primo posto, accesso alle final four della Nations League, Italia paese organizzatore.
Siamo orgogliosi del lavoro svolto da Mancini, capace di dare fiducia un po’ a tutti gli emergenti del nostro calcio e ai cosiddetti vecchietti, tra i quali alcuni che con un altro ct non avrebbero mai giocato. Penso a Ciccio Caputo il grande bomber di provincia.
Un’Italia del fraseggio e del tocco corto, delle triangolazioni ubriacanti e dei cambi di gioco improvvisi. Del mutuo soccorso e della voglia matta di stupire, di fare sul serio per arrivare a un trofeo.
E penso all’Italia di Lippi, l’ultima grande squadra prima di questa del Mancio.
Se contro la Polonia si arrivò al gol con un fraseggio infinito, con la Bosnia sono stati sufficienti un allungo da terra (Locatelli) e una mini-fuga di Insigne conclusa con un invito al bacio per Belotti in spaccata volante, gran gol.
Il raddoppio è figlio della sana provincia vestita d’azzurro, invito parabolico di Locatelli e girata volante di Berardi, due tra i diamanti del Sassuolo di De Zerbi.
Se proprio vogliamo trovare un neo a questa meravigliosa creatura di Mancini è il rapporto ancora esiguo tra azioni create e gol realiźzati.
E va bene che contro la Bosnia il tiro a giro di Insigne (un’altra prova stupenda di Lorenzinho a tutto campo) s’è fermato sul palo esterno, ma tra Belotti e Berardi e la traversa di Bernardeschi mancano almeno un altro paio di reti. Ma vogliamo stare qui a lamentarci quando c’è da godersi anche una Lasagna?
Adolfo Mollichelli