Salta la proroga del blocco dei licenziamenti. Dal 1 luglio tutti a rischio. Una delle misure principali di cui il governo si è fatto promotore è stata la scelta del blocco dei licenziamenti in tempo di covid. Questa decisione, consigliata anche dai sindacati, voleva assumere il ruolo
di “paracadute sociale” grazie al quale i lavoratori sarebbero stati salvaguardati nei loro diritti. Ci si aspettava anche una proroga per quanto riguarda il blocco dei licenziamenti, ma non c’è stata. Questa posticipazione, fissata per il 28 agosto 2021, è saltata per il mancato accordo tra confindustria e i sindacati. Si tratta di una notizia che ha gettato nello sconforto moltissimi lavoratori. Infatti dal 1 luglio le aziende usciranno dalla CIG promossa in tempi di COVID-19 e saranno libere di licenziare, senza vincoli di sorta.
La disperazione dei lavoratori
Ovviamente la notizia della mancata proroga dei licenziamenti ha gettato le varie categorie lavorative nel panico. In questo drammatico contesto vanno registrate le dichiarazioni dei sindacati, ormai sul piede di guerra. CGIL,CISL E UIL ,da sempre attenti alle esigenze dei lavoratori e curatori dei loro interessi, sottolineano un malcontento comune che si sta trasformando in una pericolosa “ bomba sociale” pronta ad esplodere con l’inizio della stagione estiva. I sindacati avvertono che questa rabbia crescente può portare a gravi disordini nel momento in cui il governo sbloccherà nella data del 30 giugno la facoltà da parte di tutte le imprese di procedere ai licenziamenti. Questa misura del “ libero arbitrio” di licenziare era stata sospesa con l’avvento della pandemia. Ora che la situazione sta lentamente migliorando con graduali riaperture dovute alla massiccia campagna di vaccinazione in atto, il governo ha disatteso le aspettative dei lavoratori
dando facoltà alle imprese di poter licenziare dai primi giorni di luglio. C’è da chiarire un punto molto importante: anche col blocco stabilito in precedenza ,i licenziamenti sono avvenuti ugualmente. Basta guardare ai dati: se volgiamo lo sguardo ai dati del ministero del lavoro scopriamo che nel 2020 sono circa 560.000 i lavoratori che hanno perso il lavoro a seguito di un licenziamento. E questo discorso vale
anche per i lavoratori a contratto determinato cui la convenzione non è stata rinnovata al termine del periodo concordato. Contratti a tempo determinato che sono per lo più rivolti alle categorie dei giovanissimi, soprattutto under 35 ,che indubbiamente sono gli utenti più danneggiati dalla crisi. Questo è un fatto molto grave perché di fronte alla mancata conferma dei vari contratti di lavoro, i giovanissimi , in
preda allo sconforto più totale nei confronti del bel paese, scappano all’estero. Cosi’ si spiega la cosiddetta “fuga dei cervelli” dall’Italia verso altri paesi che garantiscono lavoro e occupazione in maniera continua alle nuove generazioni che chiedono solamente di lavorare. Infatti all’estero c’è un welfare molto piu’ attivo e dinamico che consente ai giovani varie “scelte” alternative una volta che si chiude un contratto a tempo determinato, garantendo continuità di lavoro. In Italia le cose vanno diversamente. Infatti se osserviamo le varie forme contrattuali notiamo che proprio gli under 35 sono la categoria che in brevissimo tempo passa dall’essere “occupato” a una condizione di disoccupazione, con conseguente malcontento delle giovani leve.
I costi troppo alti del lavoro in Italia
L’Italia è indietro rispetto all’Europa per quanto riguarda il mercato del lavoro. Sembra quasi che ci ritroviamo di fronte a una sorta di “latifondi” dove sono in pochi a comandare e tantissimi a essere subordinati senza che venga riconosciuto alcun diritto. Dunque il mercato del lavoro in Italia non si è aggiornato come ad esempio in Inghilterra, Francia, persino Spagna ma è rimasto ancorato a delle regole di inizio 900. Va detto che esistono delle norme che tutelano il lavoratore a tempo indeterminato cui viene riconosciuto qualsiasi diritto. Succede invece l’ inverso per quanto riguarda i lavoratori con contratto a tempo determinato. Infatti sono davvero pochi i diritti riconosciuti a questi “lavoratori temporanei” che possono essere messi alla porta con estrema facilità al termine del periodo indicato nel contratto determinato. Ed è questa la ragione principale grazie alla quale i giovani hanno perso le speranze di lavorare e di avere un impiego stabile. Ora il contratto a tempo determinato e un’arma “a doppio taglio” a favore delle imprese che molte volte, a causa dell’ altissimo costo del lavoro sul suolo italiano, preferiscono anche non assumere. Ci troviamo di fronte a una sorta di serpente che si morde la coda e che dà forza a un sistema che ormai è caratterizzato dagli altri costi e si basa sul precariato.
Il lavoro del precariato non tutelato e un welfare assolutamente inefficace
Abbiamo detto che in Italia vi è un welfare arretrato che non si è saputo aggiornare come invece è avvenuto negli altri paesi europei. Sembra quasi che la tutela del cosiddetto “posto fisso “sia prevista e incoraggiata dal welfare, quando in realtà dovrebbe essere il singolo soggetto che lavora ad essere tutelato. Questa strenua difesa del posto di lavoro fisso ha fatto crollare il mercato del lavoro italiano, che vede molti
giovani completamente sconsolati e che non hanno più fiducia nel lavoro offerto dalle varie aziende Italiane. A questo proposito viene invocata da più parti una “rivoluzione” nel mercato del lavoro a garanzia dei diritti degli under 35 con la creazione di un sistema di formazione per il giovane operaio che si affaccia per la prima volta sul mondo del lavoro. Tutte considerazioni che comunque sembrano non trovare ascolto nella politica odierna, con i sindacati che criticano l’ operato del governo. Le parole di Ignazio Visco, governatore della banca Italia, sono particolarmente eloquenti. In una dichiarazione recente, ha affermato senza mezzi termini che soltanto un disoccupato su 10 riceve assistenza nei centri adibiti all’impiego, contro ad esempio i 7 su 10 nei paesi del nord Europa. In nazioni quali ad esempio Germania,
Olanda , Danimarca e via dicendo questa sfiducia nelle istituzioni non c’è per la forte vicinanza dei governi ai giovani lavoratori.
Blocco dei licenziamenti: cosa fare per bloccare l’ emorragia
Il quadro del lavoro in Italia è sì difficile ma non per questo bisogna lasciarsi trascinare nello sconforto. E’ vero che dal 1 luglio le aziende non avranno più divieti nel licenziare, ma esiste la possibilità per le imprese di poter utilizzare la “cassa integrazione ordinaria” stringendo cosi un patto col governo a non licenziare.
Le proposte del ministro Andrea Orlando approvate dall’esecutivo
Il ministro Orlando nei suoi progetti di legge ha avanzato importanti novità. Infatti le bozze della nuova normativa danno la possibilità alle imprese che chiedono il proseguimento della “CIG COVID-19” di prorogare il blocco dei licenziamenti fino al termine ultimo del 28 agosto. Ma c’è un’altra importantissima notizia. Viene offerta alle imprese la possibilità di utilizzare la cosiddetta CIG senza pagare le spese
“addizionali”, ma con il divieto assoluto di licenziamento. Soluzioni importanti che con la mediazione del governo hanno accontentato un po’ tutti. Inoltre sono state confermate la disposizioni del ministro Orlando: le aziende che faranno uso di questa cassa integrazione “con sconto” non potranno licenziare, cosi da evitare congedi coatti che genererebbero sconforto e sgomento nei tanti lavoratori che lavorano per le imprese Italiane.