Sono lunghi in media fra 20 e 30 cm, in alcuni casi possono raggiungere perfino il metro di lunghezza, assomigliano a millepiedi colorati, il nome
scientifico è Hermodice carunculata. Si tratta di una specie endemica invasiva del Mediterraneo, numerosa in passato nel canale di Suez ma
oggi con il surriscaldamento globale e le ondate di calore anomalo degli ultimi anni i vermocani si sono moltiplicati a dismisura minacciando le acque
di Sicilia, Calabria e Puglia. Carnivori, predatori voraci e insaziabili, noti anche come “verme di fuoco”, stanno diventando un serio problema
per le riserve marine. Ghiotti di polpi e coralli stanno gravemente danneggiando le barriere coralline e gli ecosistemi marini fondamentali per la biodiversità.
Strisciano sui fondali e se spezzati in due riescono a rigenerarsi. La specie più longeva studiata fino ad ora aveva 8 anni. I loro aculei hanno
tossine urticanti, a seconda della zona del corpo sfiorata, possono provocare bruciore (simile a quello causato dall’ortica) rossore, intorpidimento e prurito
persistente, tanto che potrebbe essere necessario ricorrere ad una crema a base di cortisone. In casi più gravi entrare in contatto con questo animale potrebbe
scatenare anche reazioni allergiche e infezioni. La loro proliferazione rappresenta anche una grave minaccia per la pesca, spesso infatti dopo una notte
intera i pescatori trovano le reti completamente saccheggiate, perché i vermocani rimasti impigliati, divorano tutti i pesci imprigionati tra le maglie,
entrano dagli occhi e scavano all’interno del corpo del pesce. “Oggi il caldo ha trasformato questa specie in un problema – spiega Michela D’Alessandro,
biologa dell’Ogs – per questo stiamo cercando di sensibilizzare le autorità pubbliche, perché al momento non c’è nemmeno troppa consapevolezza e i
pescatori a volte assumono cortisone prima di uscire in mare per prevenire il dolore”. Ultimamente la loro presenza è stata rilevata anche sugli scogli e
a riva, nelle località turistiche del Sud Italia è scattato l’allarme anche per i bagnanti di fronte al fenomeno, i biologi dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di
Geofisica Sperimentale (Ogs) di Trieste hanno avviato laboratori a Panarea e a Milazzo per poter studiare meglio la specie e le sue caratteristiche. Fonte tgcom24.