“Lo Spazio, l’Egitto, Battiato” – Tracklist
- I ghiacciai
- Con le doctor Martens blu
- Muoviti
- Marilyn Monroe
- Scendi
- Leggere
- Come un cane
- Mare Mare
- Frida Kahlo
- Alle anime
“Lo Spazio, l’Egitto, Battiato” – Traccia per traccia
È il singolo e videoclip che accompagna l’uscita del disco, una canzone sull’urgenza di cambiare, sul Mondo che cade e sulla rivoluzione. Sull’Amore che abbiamo nel Cuore e nelle vene, a volte disperato, a volte limpido come una bella canzone o come il Sole. Per un’ecologia dell’Anima. Tra gli sfaceli cosmici e quelli interiori, verso la rivoluzione o la resurrezione.
- Con le Doctor Martens blu
Una canzone d’amore sulla fine di un’illusione e di tutte le illusioni. Sui trent’anni e le cose fatte e quelle ancora da fare. Il ritornello si apre con il trittico “Lo Spazio, l’Egitto, Battiato” che dà poi il nome all’intero disco. Il brano è idealmente cantato alla madre di una delle ragazze che l’artista ha amato di più nella Vita. Le celebratissime Doctor Marteens, in questo caso blu, erano le scarpe con cui vide quella ragazza per la prima volta.
Acclarato che, anche un piccolo movimento del nostro corpo, innalza i livelli di serotonina nel sangue e sprigiona le endorfine che donano luce significativa alle cose gettate nell’ombra, restare fermi pare non essere mai una buona soluzione. “Muoviti”, nato dall’esperienza stessa dell’artista, è un brano autobiografico che ruota intorno alla citazione nascosta di William James, uno dei padri della psicologia americana e di quella empirica: “È impossibile rimanere tristi manifestando i sintomi dell’allegria”.
Un pezzo sulla storia dell’Amore. La Storia delle storie. Il racconto dei racconti. Dedicata a Marylin Monroe, la Musa, il simbolo degli amori e dell’Amore tormentato, idealizzato, irraggiungibile e lancinante, l’archetipo dell’angelo lanciato sulla Terra e spezzato per sempre nell’arco della sua tensione estrema verso qualcosa di irraggiungibile. Ed è quasi tutta, come molto spesso e come tante canzoni del disco, costruita su un intreccio di citazioni, questa volta, tutte tendenzialmente ispirate e dedicate alla lettura di un bellissimo libro di interviste di Paola Maugeri, storico volto e voce di Mtv e nota giornalista musicale che l’artista ha ricevuto in regalo da sua sorella.
Il pezzo piu vecchio del disco, una delle prime cose che Mattia Rame ha scritto, una vera e propria canzone d’amore, pensata come una serenata, cantata alla finestra per la donna che fu il suo primo vero incredibile Amore, indimenticabile e consegnato all’Eternità. È una canzone completamente di “cuore”, meno mentale e meno intellettuale.
Una canzone intorno al concetto di lettura. Il leggere nel senso più ampio del temine: i libri, le persone, il mondo, sè stessi. La prima strofa è composta, principalmente, da titoli di libri uniti apparentemente a caso, messi semplicemente gli uni accanto agli altri misti a riflessioni dell’artista. Come il fatto che spesso ci sentiamo soli, pur non essendolo. O che non ci rendiamo conto che per alcune persone rappresentiamo il Sole. “E ho pensato che in fondo è da bastardi saperlo. In fondo, per restare un minimo innocenti, per non farci mangiare dal narcisismo e non restare solo Egomostri, l’unico modo per preservare un piccolo spazio di innocenza, è mantenere un minimo di incoscienza, di estraneità alla e dalla propria Bellezza.”
Un pezzo scritto dentro i perimetri di una piccola solitudine. Non è un inno alla solitudine, anzi, è vero il contrario. Scritta nel giro di due minuti dall’inizio alla fine con una nota vocale in una notte d’ospedale e la voce sottotono e monotono. Insieme al produttore, Alessandro Giovannini e gli altri amici e colleghi con cui è stata arrangiata e prodotta, l’artista ha poi deciso di lasciare questo tono monocorde nella voce, estatico come un vapore non definito, colorandola, appena, nella musica, con atmosfere ispirate a “Drive”, il celebre film di Refn con Ryan Gosling e un ritornello nel quale l’artista vive un vero e proprio momento di sublimazione.
Nato come omaggio all’indimenticabile Franco Battiato che ha influenzato in maniera potente anche le liriche dell’artista romano, il brano offre un’esperienza musicale intrisa di citazioni letterarie e riflessioni profonde sul nostro tempo. Il ritornello del brano è, infatti, un omaggio esplicito al celebre ritornello di “Summer on a solitary beach” che va a fondersi con le parole di Mattia, creando un’atmosfera unica. La melodia che vuole trarne ispirazione, insieme ai versi che mescolano le parole del Maestro con i sentimenti dell’artista romano sulla precarietà dei nostri tempi, creano un connubio di emozioni e riflessioni.
È la canzone più pazza del disco. L’idea di Mattia Rame era quella di fare un pezzo kitsch, un kraut rock dell’Anima. Unire veramente elettronica e brit-rock volgare alla Thin Lizzy, anche se loro sono propriamente irish e di irish quì non c’è nulla. “Quella roba coi chitarroni aperti, la batteria pestata sul rullante. Insomma, una cosa fuori dalle righe.”
Una piccola poesia stralunata cantata alla Luna e all’Anima. “La misura della mia vera cifra, la cosa piu vicina a me Stesso e alla mia anima, che io abbia mai scritto.”. Il ritornello è una citazione di Montale, piena di immagini surreali miste alle personalissime storpiature di Mattia Rame con la chiusa epica: “La Vita è la Via con la T: senza uscita. Quindi apritevi, apritevi, apritevi, apritevi!”.
Questo è il concetto di fondo che riassume tutta la musica di Mattia e la sua ricerca, e che chiude il percorso raccontato in questo disco. È, infatti, come una nascita, anche il disco d’esordio arrivato cosi tardi, perchè tutti siamo chiamati a nascere: da quando nasciamo fino alla nostra morte, che è presumibilmente una nuova nascita.