Ad appena 48 ore dall’approvazione in Consiglio dei Ministri il governo Meloni comincia già a pensare a come cambiarlo.
Nascono subito due problemi:il primo è l’eccessiva genericità della norma,il secondo
è la possibilità di usare le intercettazioni per le indagini. Che deriva dalle pene massime oltre i cinque anni previste per il nuovo reato. Anche se il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi lo ha negato.
Il secondo problema si può risolvere facilmente. La possibilità di intercettare chi organizza raduni potenzialmente illegali è uno dei problemi segnalati dal viceministro Francesco Paolo Sisto (Fi). «L’unico sistema è portare la pena a un livello che inibisca l’uso delle intercettazioni», ha proposto Sisto. E quindi uno “sconto” a quattro anni per il massimo della pena dovrebbe risolvere il problema alla radice. Più difficile invece la tipizzazione del reato. Una delle ipotesi fa leva sulla droga. Visto che l’intenzione del governo è quella di colpire situazione in cui si fa largo uso di sostanze stupefacenti, una definizione maggiore del reato potrebbe andare in questa direzione.
Il quotidiano spiega anche in un articolo di Ugo Magri perché il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non è intervenuto per fermare il decreto. Ma l’ha anzi firmato subito, consentendo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale subito dopo l’ok in Cdm. Il Quirinale non ha trovato ragioni per un intervento prima dell’approdo alle Camere. In primo luogo perché ci sono precedenti di nuove forme di reato introdotte d’urgenza. Quindi anche il decreto anti-rave ha ragione d’esistenza dal punto di vista giuridico. E poi perché l’invasione della proprietà altrui viene già oggi punita con il carcere fino a quattro anni. E dunque sarebbe stato difficile eccepire sulla costituzionalità di una norma che ha dei precedenti.
Fonte: open