«Ho solo ammazzato mia moglie, ora mi rifaccio una vita»

25 Novembre 2019 - 12:13

«Ho solo ammazzato mia moglie, ora mi rifaccio una vita»

«Ho solo ammazzato mia moglie, ora mi rifaccio una vita»

«Massimo tre giorni e mi deve far uscire, c’ho da fare. Ho solo sparato a mia moglie». Armando Nuccetelli non ha dubbi, non ha fatto niente di grave, niente che meriti una pena più lunga di tre giorni. In fondo ha solo sparato a sua moglie, Assunta Finizio detta Susy, madre di suo figlio, dopo una vita di violenze. E lui c’ha da fare. Cosa hanno da fare gli uomini, dopo che hanno ucciso le donne?
Nel caso di Nuccetelli lo sapremo solo tra una quindicina di anni, o forse meno, quando avrà finito di scontare la pena già dimezzata in appello. Ma in molti altri casi sappiamo già com’è la vita normale di lui dopo la morte di lei.

È il 2003. Diego Armando Mancuso ha 30 anni e lavora come muratore a Milano. La sua fidanzata, Monica Ravizza, estetista di 28 anni, è incinta ma non vuole sposarlo. Lui la accoltella e dà fuoco al corpo. Viene condannato in primo grado a 18 anni, poi ridotti a 16 anni e 8 mesi, ma 5 anni dopo è fuori grazie all’indulto. Ora lavora per un’azienda comunale, ha uno stipendio e la sua vita è tornata normale.

Luca Ferrari compie 20 anni il 14 marzo 1996, va con la macchina a prendere la fidanzatina a scuola, a Reggio Emilia. Jessica ha 17 anni, quando esce da scuola sale sull’auto di un altro. Luca “non ci vede più” eppure riesce a colpirla con 43 coltellate. La condanna in primo grado all’ergastolo viene ridotta a 23 anni in appello. È libero dal 2012 (16 anni dopo il delitto). In un’intervista chiede: «Per favore, dimenticatemi: sto cercando di rifarmi una vita».

Anche Alex Maggiolini aveva 20 anni quando, il 2 marzo 1991, violenta e poi strangola la fidanzata, Rossana Jane Wade, studentessa 19enne, e ne getta il corpo nei pressi di un casello ferroviario in disuso a Fiorenzuola, nel piacentino. Condannato a 23 anni in primo grado e a 15 anni e 8 mesi in via definitiva, torna libero dopo 12 anni. In carcere si è laureato, tornato libero si sposa e compra casa a Piacenza, proprio vicino alla casa della mamma di Jane. (Espresso)

Massimiliano Gilardoni è tornato a vivere proprio dove abitava la donna che ha ucciso, a Bellagio, vicino ai genitori di lei. Era sposato e aspettava un figlio, eppure continuava a corteggiarla, ma Anna continuava a respingerlo e lui, il 10 aprile del 2002 la sgozza. Condannato in primo grado a 16 anni, ridotti in appello a 14 anni e 6 mesi, esce dal carcere dopo appena 2 mesi ottenendo i domiciliari in una casa di cura. Tra indulto e sconti di pena è tornato libero dopo 10 anni, ma il padre di Anna è meglio che non lo sappia.

Il padre di Barbara Bellerofonte non può crederci: quel ragazzo che lavora nel chiosco di Montepaone, un piccolo centro in provincia di Catanzaro, è proprio lui, Luigi Campise: il 24enne che due anni prima ha scaricato una raffica di proiettili sulla fidanzatina. La ragazza, appena diciottenne, muore con una pallottola nella testa dopo un mese di atroci sofferenze. Luigi viene condannato a 30 anni di reclusione, ridotti a 16 in appello. Come mai è libero e lavora nel bar al centro del paese? Il padre di Barbara lo chiede al Ministro, che invia gli ispettori e scopre che «è stata erroneamente applicata la buona condotta». Dal canto suo, Campise rilascia interviste in cui si dice pentito e pronto a pagare il suo debito: da quel giorno non è più andato a mangiare una pizza e non si è comprato neanche una maglietta.