Greta Thumberg da un ultimatum al mondo:” Il clima non perdona state violentando la Terra, moriremo”.

17 Novembre 2021 - 5:21

Greta Thumberg da un ultimatum al mondo:” Il clima non perdona state violentando la Terra, moriremo”.

Greta Thumberg e gli ambientalisti criticano l’accordo Cop26: “Solo bla bla bla non ci arrenderemo”

Sul risultato di Glasgow critico anche il segretario generale dell’Onu Guterres: “Accordo Cop26 è compromesso, pieno di contraddizioni”

Greta Thunberg durante la manifestazione a Parigi per la lotta contro i mutamenti climatici

Dopo aver rinviato di un giorno la chiusura, l’accordo al Cop-26 di Glasgow è stato trovato, seppur con tantissime contaddizioni di fondo che hanno attirato, però l’ira di molti: tra cui quella della giovane attivista svedese, Greta Thumberg.
“Capisco la profonda delusione, ma è vitale che proteggiamo questo pacchetto”, lo ha detto il presidente della Cop26, Alok Sharma, visibilmente commosso nell’annunciare l’intesa sul clima che però prevede una forte concessione sul carbone.
“Sono profondamente dispiaciuto”, ha detto prima di interrompere il discorso per l’emozione.
“La storia è stata fatta qui a Glasgow”, ha aggiunto il presidente della Cop26, Alok Sharma, con la voce rotta dal magone, alla plenaria a Glasgow.

Kerry (Usa): è l’inizio di qualcosa, più vicini a evitare caos
“Glasgow è un programma che ci indica cosa dobbiamo fare. Credeteci o meno ma è la prima volta che si nomina il carbone. Siamo più vicini che mai a evitare il caos climatico”: questo è “l’inizio di qualcosa. Abbiamo sempre saputo che Glasgow non non era il traguardo”. Lo afferma l’inviato americano per il clima, John Kerry.
Johnson: grande passo, salvato target 1,5 gradi
Boris Johnson saluta l’accordo all’unanimità fra 197 Stati, strappato fra non pochi compromessi, che ha chiuso la conferenza sul clima CoP26 a presidenza britannica di Glasgow come “un grande passo in avanti” in grado di di tenere in vita l’obiettivo di limitare il

surriscaldamento terrestre entro il tetto di 1,5 gradi in più dell’era pre industriale. Il premier britannico ammette che resta ancora “un enorme lavoro da fare nei prossimi anni”, ma nota come si tratti del primo accordo a sancire un impegno verso “la riduzione” del

carbone. E  rende omaggio “all’incredibile” sforzo del suo ministro Alok Sharma, presidente della Cop26.

Guterres (Onu): “Accordo Cop26 è compromesso, pieno di contraddizioni”


I testi approvati dalla Cop26 sono un “compromesso. Riflettono gli interessi, le condizioni, le contraddizioni e lo stato della volontà politica nel mondo oggi”. Lo afferma il segretario generale dell’Onu, Antonio
Guterres, sottolineando che gli accordi sono un passo importante ma la “collettiva volontà politica non e’ stata abbastanza per superare le profonde contraddizioni”.
Greta Thunberg: solo bla bla bla, noi non ci arrenderemo mai

 “La Cop26 è finita. Ecco un breve riassunto: Bla, bla, bla. Ma il vero lavoro continua fuori da questi saloni. E noi non ci arrenderemo mai, mai”: è quanto ha scritto su Twitter l’attivista svedese Greta Thunberg.

Wwf: “Finale deludente”
“Siamo venuti a Glasgow aspettandoci dai leader globali un accordo che prevedesse un cambio di passo nella velocità e nella portata dell’azione climatica. Anche se questo cambio di passo non è arrivato, e il testo concordato sia lontano dalla perfezione, secondo il

WWF ci stiamo muovendo nella giusta direzione”. Cosi il Wwf in una nota commenta l’esito di Cop 26. “La Cop26 si è conclusa con decisioni deboli in una serie di aree importanti, tra cui l’adattamento, il cosiddetto Loss and Damage (perdite e danni) e la finanza climatica”. Il Wwf nota  però che “questa COP per la prima volta menziona i sussidi ai combustibili fossili in un testo finale approvato. Questo è un elemento importante”. Il WWF inoltre accoglie con favore la richiesta di un’accelerazione a breve termine degli impegni per il clima entro il 2022. Inoltre, si legge nella nota,” è importante il fatto che il testo finale riconosca il ruolo critico della natura nel raggiungimento dell’obiettivo di 1,5°C, incoraggi i governi a incorporare la natura nei loro piani climatici nazionali e stabilisca un dialogo annuale sugli oceani per la mitigazione basata sugli oceani”.

Greenpeace: accordo debole ma era del carbone è alla fine
“E’ un accordo debole e manca di coraggio. L’obiettivo di limitare il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5°C è appeso a un filo ma è stato dato un chiaro segnale: l’era del carbone è agli sgoccioli e questo conta”. Questa la risposta alla conclusione della COP26 di Glasgow di Jennifer Morgan, direttrice esecutiva di Greenpeace International. “Mentre si riconosce la necessità di tagliare in modo drastico le emissioni già in questo decennio, gli impegni sono stati però rimandati al prossimo anno”. “Tutto quello che siamo riusciti a ottenere è stato solo grazie ai giovani, ai leader indigeni, agli attivisti e ai Paesi più esposti agli impatti della crisi climatica, che hanno strappato qualche impegno concesso a malincuore. Senza di loro, questi negoziati sarebbero stati un completo fallimento”.

Il cambiamento climatico è un’emergenza per tutti, ovunque

La devastante convergenza dei conflitti e degli effetti del cambiamento climatico aumenta il numero di persone costrette a migrare e rende la vita di coloro che fuggono ancora più precaria.

Nel periodo precedente alla COP26, la maggior parte delle discussioni riguardava le previsioni per il futuro e gli impegni da prendere per un’azione per il clima più ambiziosa: la neutralità carbonica entro il 2030, emissioni zero entro il 2050.

Ma per milioni di persone nel mondo, il cambiamento climatico è già una realtà quotidiana. Il 90% dei rifugiati sotto il mandato UNHCR, e il 70% degli sfollati interni a causa di conflitti e violenze, è originario di stati in prima linea nell’emergenza climatica.

Non sono solo vulnerabili ad eventi climatici estremi come alluvioni o cicloni, ma anche all’erosione dei loro mezzi di sostentamento a causa di siccità e desertificazione. Dal Burkina Faso al Bangladesh, e dall’Afghanistan al Mozambico, il cambiamento climatico sta

facendo aumentare la povertà, l’instabilità e le migrazioni, facendo crescere le tensioni ed i conflitti per la diminuzione delle risorse.

Lo scoppio di episodi di violenza ed eventi metereologici estremi spingono le persone che si erano già spostate in passato a farlo di nuovo. Ed anche nel caso in cui la pace venga ristabilita, le persone sfollate non potranno ritornare nelle loro case se quell’area è stata

resa inabitabile da siccità, da alluvioni o dall’aumento del livello del mare.

Quello che vediamo oggi è la convergenza devastante fra conflitti e cambiamento climatico, che sta causando movimenti migratori e rendendo la vita di coloro costretti a fuggire ancora più precaria.

Alcuni degli stati più vulnerabili per quanto riguarda il clima sono nella morsa di conflitti decennali e che hanno devastato generazioni. In Afghanistan, uno degli stati più fragili del mondo a causa di 40 anni di guerra, gli effetti aggravanti del cambiamento climatico

stanno avendo gravi conseguenze per coloro che non riescono a reagire. UNHCR lavora in Afghanistan da più di 40 anni. Io personalmente ho servito nel paese per diversi anni. Questo conflitto senza fine ha avuto un effetto irreversibile, forzando le persone a lasciare

il paese o a spostarsi al suo interno. Una siccità prolungata ha fatto sì che molti Afghani avessero difficoltà a sfamare le proprie famiglie anche prima dei recenti sviluppi che hanno lasciato l’economia vicino al collasso. Un’ulteriore peggioramento della situazione

umanitaria porterà quasi sicuramente ad ulteriori movimenti migratori in uno stato in cui 665,000 persone sono già state costrette ad abbandonare le loro case quest’anno.

A molti lettori dei paesi più ricchi, questo sembrerà come un problema lontano in terre lontane. Ma la il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) lo scorso agosto ha segnalato che si stanno osservando cambiamenti irreversibili al clima  in tutte le

regioni della Terra. Solamente quest’anno, alluvioni catastrofiche hanno ucciso più di 200 persone in Europa, ondate di caldo hanno causato morti in Canda e vasti incendi sono divampati in Siberia, nell’area Mediterranea e lungo la costa occidentale degli Stati Uniti e del Canada.

Il mondo si sta finalmente rendendo conto che il cambiamento climatico è un’emergenza per tutti, ovunque. La dura realtà, però, è che coloro che vi hanno meno contribuito ne stanno soffrendo maggiormente.

Se alcune delle nazioni più avanzate e prospere hanno avuto difficoltà ad aiutare le loro popolazioni a riprendersi e ad adattarsi ad un clima sempre più imprevedibile, questo cosa significa per uno stato come il Mozambico? Uno degli stati meno sviluppati al mondo, è

alle prese con attacchi violenti che hanno causato più di 730,000 sfollati interni mentre sta tentando di riprendersi da una serie di cicloni, incluso il Ciclone Idai di marzo 2019, uno delle peggiori tempeste mai registrate nell’emisfero australe. Più ritardiamo l’azione

globale e il sostegno a stati come il Mozambico, così che possano mitigare gli effetti del cambiamento climatico, peggiori saranno le conseguenze.

Le stime predicono che senza un’azione ambiziosa per il clima, il numero di persone che avranno bisogno di assistenza umanitaria a causa di disastri potrebbe aumentare a 200 milioni all’anno entro il 2050, il doppio di oggi.

Cosa possiamo fare e cosa stiamo facendo?

UNHCR opera in più di 130 paesi ed ha 70 anni di esperienza nella protezione dei migranti. Stiamo usando queste competenze e conoscenze per aiutare gli stati con mezzi e risorse limitate ad anticipare e rispondere meglio ai movimenti migratori dovuti a disastri. In

posti dove le persone sono già sfollate, le stiamo aiutando a prepararsi e ad adattarsi al cambiamento climatico.

In Bangladesh, per esempio, l’UNHCR e i vari partner stanno aiutando i rifugiati Rohingya a ridurre il rischio di alluvioni e frane durante la stagione dei monsoni piantando alberi a crescita rapida per stabilizzare le colline, fornendo fonti di energia alternative alle

legna per cucinare, e formando dei rifugiati volontari come soccorritori.

Siamo pronti ad incrementare la nostra risposta, ma abbiamo bisogno di aiuto per farlo. Qualche soluzione sarà di tipo finanziario, qualcuna sarà di tipo tecnico. Ma la maggior parte dell’aiuto dovrà provenire dalle comunità nelle prime linee dell’emergenza climatica.

Le loro voci devono essere ascoltate alla COP26 ed oltre. Conoscono le terre da generazioni e di conseguenza, le soluzioni degli antenati che possono essere applicate.

I costi umani del cambiamento climatico sono qui e ora. Se i nostri sforzi collettivi per ridurre drasticamente le emissioni e limitare il riscaldamento globale non saranno all’altezza, il panorama di intervento di oggi dell’UNHCR rischia di diventare una realtà universale.

Le generazioni più giovani stanno giustamente lottando per i loro diritti umani nel futuro. Siamo ora oltre le promesse, abbiamo bisogno di azione e responsabilità.

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