Con La Vetrina La Mia Arte, edito da Giacovelli Editore, ha esordito nel mondo dell’editoria. Parliamo del vetrinista molisano Giuseppe Marco Pasquarella, che si è raccontato in questa intervista, dove ci ha spiegato com’è nato il progetto del suo primo libro, dove ha potuto avere la prefazione firmata da Vittorio Feltri.
Salve Giuseppe, parliamo del suo libro, dove parla della sua passione, che poi è diventata il suo lavoro, per la vetrinistica. Quando è nato questo amore? Immagino sia frutto di un percorso che ha fatto, no?
“Assolutamente sì. Più che passione, la definirei un percorso che ho fatto nel negozio di famiglia, che racconto appunto anche nel libro. E’ stato, inoltre, un percorso artistico perché ho fatto l’Istituto d’Arte. Quando uno sceglie un determinato tipo di studio, in fondo, è per via delle sue attitudini. Quindi, già delle scuole medie, avevo questa propensione per il settore artistico. Contemporaneamente a ciò, aiutavo i miei che avevano un negozio di abbigliamento”.
Com’è entrato per la prima volta a contatto con la vetrinistica?
“Le racconto un aneddoto. Un giorno, quando era al bar, mi sono imbattuto nell’articolo di un prestigioso quotidiano, che diceva appunto che l’Accademia vetrinistica organizzava dei corsi. Ho chiesto quindi a mio padre se fosse fattibile una cosa del genere. Lui, che è morto molto giovane ed adesso è 26 anni che non c’è più, aveva perso entrambi i genitori; era rimasto orfano di padre e di madre nel giro di due anni. La prima cosa che mi ha detto è stata: ‘Quello che non ho avuto io, lo faccio fare a te. Se tu pensi che questo possa essere uno sbocco lavorativo oppure può servire per il nostro negozio, se ti piace, te lo faccio fare’. Ho così iniziato, riportando anche degli ottimi risultati come scuola, come accademia. Andavo lì quattro volte a settimana. Quando finivo di fare scuola cercavo poi il negozietto per mettermi all’opera. Mi sono dunque fatto una cerchia di clienti, che mi ha dato tantissime soddisfazioni. Pian piano, ho cominciato a costruirmi un nome, che mi ha portato a lavorare per i più grandi brand della moda nazionale ed internazionale. Ho fatto scuola, consulenze, formazioni a 360°. Sono stato in Turchia, Siberia, Russia. Sono sempre cresciuto professionalmente, senza abbandonare mai quelli che sono stati i miei valori, gli stessi che mi ha dato mio padre da piccolo”.
Mi sorge spontanea la domanda: quali sono questi valori?
“Ho sempre creduto nel supporto della famiglia, in tutto quello che mi ha dato con tanti sacrifici. Gli stessi che io, ora, riverso nella mia famiglia, composta da me, mia moglie e due figli, che sono il mio centro. Sono loro che mi danno la forza giornaliera, in tutto e per tutto. Mi affido tutti i giorni a loro e, di conseguenza, vado sempre avanti”.
Entriamo nello specifico del suo lavoro, a quella rete di clienti che ha formato nel corso del tempo, di cui ha già fatto menzione.
“Esattamente. Ho iniziato a creare una rete professionale ma, da allora, sono passati 35 anni. E’ stato tutto consolidato nel tempo. In questo percorso, ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno fatto capire l’importanza della vetrinistica, del visual, del punto vendita e ciò che era importante nella strada formativa, fatta di alti e bassi. Pian piano, ho messo tanti mattoncini uno sull’altro che mi hanno portato ad essere, oggi, il Presidente dei Vetrinisti e Visual Europei. Sicuramente, con tutte le conoscenze che ho acquisito nel tempo, nel mio percorso formativo, ho incontrato vari personaggi che mi hanno dato delle dritte. Due di questi, li troviamo anche nel libro. Uno è il presidente di Confassociazioni Nazionale, ossia il dottor Angelo Deiana, che mi ha fatto l’introduzione de La Vetrina La Mia Arte. L’altro è il dottor Vittorio Feltri”.
Parliamo proprio di Vittorio Feltri. Come vi siete conosciuti?
“Mi ha intervistato personalmente, scrivendo anche vari articoli, che lui ha firmato. Nel libro ho così avuto la sua prefazione, che cita tra gli altri Giorgio Armani, che è un vetrinista che ha fatto la mia stessa Accademia, come Alviero Martini e lo stesso Feltri. Pensi che nel libro Vittorio dice che è laureato in Scienze Politiche, ma che di quel titolo di studio non sa nemmeno dove si trova la pergamena. Non a caso, nella prefazione confessa: ‘Alla prima riga della voce Vittorio Feltri, sull’enciclopedia digitale Wikipedia, sta scritto diplomato vetrinista e laureato in Scienze Politiche. Sorrido e ne vado fiero. Prima vetrinista, poi laureato. Per me non è solo un ordine cronologico, ma anche di un’importanza. Mentre il diploma di laurea mi è stato inutile, e non so neppure dove si trovi la pergamena, quello di vetrinista ha contato molto e lo porto, oltre che appeso ad un muro di casa, nella stanza delle creazioni dentro di me. Ha dato una svolta alla mia vita, ho imparato un lavoro che mi ha appassionato e mi ha dato sostentamento e, a dir vero, molte più soddisfazioni della laurea’. Oltre ad altre cose che Vittorio cita, La Vetrina La Mia Arte racconta proprio l’esperienza che ho fatto. Mi metto a nudo, con la mia esperienza di vita da quando sono nato. Parlo della mia professione, di come sono andato a Roma e per quanto tempo, dei miei successi e delle mie cadute, da cui mi sono rialzato. Un percorso che è stato caratterizzato anche da dei traguardi. Nel 2019, ad esempio, sono stato insignito con l’Award della Vetrinistica e del Visual Merchandising per aver portato l’arte vetrinistica e visual a livello europeo e italiano. A gennaio, poi, ho preso un premio come eccellenza molisana. Il primo dopo 35 anni di carriera. Ad ogni modo, il libro è stato un momento bello e particolare”.
A proposito di Vittorio Feltri, per un certo periodo lei ha scritto anche su Libero Quotidiano.
“Sì, scrivevo su Libero Quotidiano ogni quindici giorni circa. Mi sono fermato da un anno, per via delle problematiche, che purtroppo, sono sempre uguali: dalla pandemia alla mascherina, passando per i negozi chiusi. Non potevo certamente raccontare un qualcosa, dato che le problematiche dei commercianti erano le stesse. In due anni che ho scritto su Libero ho parlato però di tante cose: del colore, del commercio e di tutto quello che ho potuto. Avevo 1800 battute per articolo; era uno spazio molto ampio. Certe pagine le ho riportate sul libro, proprio come mi ha consigliato di fare Vittorio. Un giorno mi disse: ‘Perché non fai un bel libro? Io ti faccio la prefazione’. Durante il lockdown, un po’ con gli articoli che avevo, un po’ con altre cose, tra cui la mia storia, biografia e uno scritto al Presidente della Repubblica Italiana, dove ho fatto sentire la mia voce sulla professione del vetrinista e quello che rappresento, ho vissuto una bella situazione”.
Si aspettava di poter dar vita ad un progetto così grande come quello di un libro?
“Sapevo di avere le attitudini, perché quelle ce le abbiamo tutti quanti. Basta saperle esporle. Mi sono trovato negli anni ad insegnare, nei corsi di formazione di vetrinistica, con professionalità a persone che avevano 70 anni e passa. Non lo facevano per professione, ma per cultura. Ricordo che una signora, a Siena, mi disse che non sapeva disegnare. Gli consigliai quindi di fare un tondino, con le braccia e poi mettere un vestitino sopra. L’importante, dal mio punto di vista, era che arrivasse un messaggio. Quando noi guardiamo una vetrina, lo facciamo perché ci ha dato qualcosa. Se una vetrina non lasciasse un messaggio, noi vetrinisti non avremmo ottenuto il risultato. Nel libro, vado così a raccontare tutte le mie competenze, condito da curiosità e dal loro significato. Ad esempio, PGM Studio sta per Pasquarella Giuseppe Marco. Alla quarta elementare mi firmavo così, avevo già le idee chiare, tant’è che quella è diventata una sigla. Pasquarella era lungo, Giuseppe altrettanto, e quindi giocavo con la sigla, quando firmavo a scuola un compito in classe. Sono cose di cui ne La Vetrina è La Mia Arte parlo”.
Ha definito La Vetrina La Mia Arte un libro esperienziale. Ci spiega meglio questo concetto?
“Certo. Essendo esperienziale si basa molto su tutto quello che il mio percorso mi ha dato dalla nascita, andando poi a fondo su quello che ho fatto dall’Accademia fino ai giorni nostri. Tutti e 35 anni del cammino che ho fatto, senza mai fermarmi. Un libro dove vado a parlare del colore, delle tipologie merceologiche. Non lo faccio però dal punto di vista tecnico, ma spiego semplicemente come si deve realizzare una vetrina. Se uno vuole sapere come va fatta approfonditamente, lo invito a venire a scuola per imparare. All’interno del libro ci dev’essere però la curiosità. C’è dentro il vissuto di tutto quello che ho fatto. Non dico per chi ho lavorato, perché non è un curriculum, ma la sua bellezza sta nel fatto che parla di arte, di quella professione che è visiva, che è creatività, manualità. Il vetrinista è quella professione che comunque ti deve venire da dentro. Io ci metto l’anima. Quando parlo del mio lavoro non lo vedo soltanto come moneta. Per me, essere vetrinista è passione, amore per quello che vado a fare”.
So che si parla già di una possibile ristampa del suo libro, giusto?
“Esatto, proprio così. Ha avuto un successo che io non mi aspettavo proprio. Non sono mai stato uno scrittore, ma mi hanno dato fiducia ed ho cominciato a credere di valere, tutto sommato, di più rispetto a quanto pensassi. E’ così cominciata questa storia”.
Di cosa parla esattamente ne La Vetrina La Mia Arte?
“Nel libro parto da quello che è il mio studio, pieno di colori. Perché comunque il colore indica un messaggio, indica tutto, no? Di conseguenza, il colore è importante. E’ il colore della creatività: l’arancio, il rosso, il verde. Ho questi colori dentro il mio studio, che comunica sensazioni, emozioni; tutto quello, insomma, che ci può dare la creatività e che gira intorno. Chi viene da me sa che vede un mondo a colori; non lo vede in bianco e nero. Ci sono poi le interviste, le relazioni che ho avuto nel parlamento Europeo, a Bruxelles, dove sono stato. Ho fatto il relatore nella Camera dei deputati. Parlo di come la vetrina è un palcoscenico; svelo lo stile del nostro punto vendita, la vetrina del negozio; racconto i miei articoli su Libero Quotidiano. Mi sono soffermato anche sull’allestimento delle boutique, parlando a livello settoriale e andando a toccare quelle sensazioni del mondo retail, che in italiano significa “vendita al dettaglio”. Nel gergo tecnico, è la fase di una catena commerciale di distribuzione. Il retail è sempre più bello e affascinante, ma ci sta sempre il discorso della formazione, di tutti quelli che sono i canali social delle vetrine, degli allestimenti, del layout e ciò che ne consegue. Ho parlato poi dell’importanza della luce, del punto vendita e delle vetrine; di cosa comunica una vetrina in un negozio; di chi è il visual merchandising, che è una figura diversa dal vetrinista. Il primo è il visualizzatore di mercanzia, che detto in inglese è più chic, e sistema il punto vendita, curandone l’aspetto con la sua comunicazione a 360°. Il vetrinista, invece, è presente nella vetrina, ma è un elettricista, un decoratore, uno scenografo. E’ un figura complessa con una forte creatività, che spazia in qualsiasi tipo di negozio: dall’abbigliamento alla cucina, dall’arredamento alla frutta e verdura. Non a caso parlo anche ai wedding planner; dico loro come possono allestire i matrimoni. Il vetrinista può creare un matrimonio, un evento, una sfilata. Ha una sua arte che può portare in una fiera, in uno showroom. Come cito nel libro, ‘il vetrinista è l’artigiano che all’abilità delle mani unisce il cuore, la creatività e la passione’. Questa è una delle tante citazioni che ho messo, ma ne sono presenti tante altre, come quella che dice che ‘il vetrinista è un regista, la vetrina è un palcoscenico, la merceologia l’attore, il passante il pubblico, la decorazione è un effetto scenico indispensabile per la narrazione’. Una frase che dico spesso anche nei corsi di formazione perché è la verità”.
Qual è lo scopo principale del libro?
“Nelle varie pagine vado ad incuriosire. Ci sta l’esperienza ma, nello stesso tempo, ci sta la professionalità, ma anche la conoscenza e le competenze di quella professione che è il vetrinista. Faccio conoscere, attraverso la mia figura, che cosa ho fatto in questi anni tramite i miei lavori. Ho riportato tutto quello che ho conosciuto con l’esperienza accumulata. Parlo della mia arte da vetrinista a livello esperienziale, insomma. Racconta la vita del vetrinista attraverso le mie opere, le mie conoscenze. C’è tutta la mia formazione”.
Come mai ha scelto di intitolarlo La Vetrina La Mia Arte?
“E’ un titolo che ho sentito mio fin da subito. La Vetrina La Mia Arte perché è grazie a lei che mi esprimo al massimo. Un passante, quando sta di fronte a una vetrina, difficilmente pensa a tutto il lavoro e lo studio che c’è dietro. In tanti mi hanno chiesto perché dovessero comprare il libro, pur non essendo del settore. Ho così detto loro che dovevano acquistarlo perché è un libro che parla della vetrina in un modo differente. Se lo leggi, ti puoi sentire incuriosito. A parte tutta la mia storia, condita da citazioni, mette curiosità. In ogni caso, ognuno nel suo piccolo vuole essere un artista. Per questo, credo di dare un contributo nel mio settore. Non posso dire di essere un cantante, né un attore, anche se ho fatto delle piccole parti in determinate situazioni. Mi prendo dunque delle responsabilità per quello che sono”.
D’altronde è giusto aggiornarsi anche sulle cose che non conosciamo. Se leggessimo solo dei libri dei quali siamo competenti, il nostro bagaglio culturale non si amplierebbe mai. Non bisogna fossilizzarsi su una cosa. Ben vengano quindi i libri che parlano di vetrinistica, un’arte poco conosciuta per chi non è del settore. Il suo libro poi si presenta bene, con la prefazione di Vittorio Feltri e la copertina che è stata fatta da una fotografa di Vogue. E’ stato un lavoro di squadra, di mondi che si sono incrociati.
“Nei corsi di formazione, parlo molto di team building, infatti. E’ molto importante dentro un gruppo, perché non si lavora da soli. Potrei dire: ‘faccio il libro, faccio la foto, me lo vendo’, ma non è così. Ci sono quelle figure che danno risalto al libro. Lo scorso 14 febbraio abbiamo fatto la presentazione a Roma, quando la mia regione stava in zona rossa e sono potuto uscire solo per motivi di lavoro. Alla presentazione c’erano la televisione, i giornalisti. E’ stato veramente bello, anche se abbiamo invitato poca gente per non fare assembramenti. Abbiamo avuto con noi il dottor Deiana e la vicepresidente per l’associazione dei vetrinisti. E’ stato un pomeriggio diverso, dove abbiamo lanciato il libro a livello nazionale. Le critiche sono positive da ogni parte d’Italia. Non me l’aspettavo, ma La Vetrina La Mia Arte sta andando molto bene”.
Trattandosi del suo libro d’esordio, immagino sia stata anche una bella emozione, no?
“Assolutamente. L’ho dedicato anche a mio padre, che è venuto a mancare quando aveva 54 anni. Nella dedica ho scritto: ‘a mia moglie Maria e ai miei figli Chiara e Antonio per la forza che mi danno ogni giorno, a mia mamma Maria, a mio padre Tonino e a tutti i miei cari che non ci sono più’. La mia casa editrice, la Giacovelli Editore, ha detto che si metteva una dedica, un pensiero, nel primo libro. E quindi ho scelto questa frase”.