Gianluca Magni: Un mio sogno nel cassetto sarebbe tornare indietro fino agli anni ’70 e lavorare con Sergio Leone”

21 Maggio 2022 - 1:04

Gianluca Magni: Un mio sogno nel cassetto sarebbe tornare indietro fino agli anni ’70 e lavorare con Sergio Leone”

Sono tanti i progetti che attendono, nei prossimi mesi, l’attore Gianluca Magni, volto di fiction cult come
Incantesimo o Il Bello delle Donne. Oltre a due film destinati al cinema, Magni è infatti al lavoro per una
nuova sit-com, dove avrà il ruolo del protagonista principale. Proprio come ci ha raccontato in questa
intervista, in cui ha ripercorso anche gli eventi più salienti della sua carriera.

Gianluca, partiamo dai progetti che la vedono impegnato in questo periodo. Che cosa può raccontarci?

“Al momento, sono nel cast del film Playboy, che è uscito di recente al cinema e ha visto alla regia
Domenico Costanzo. Interpreto il ruolo del padre del playboy da ragazzino. Inoltre, ho preso parte
all’anteprima internazionale del film The Last Fighter, dove sono un giornalista inviato. Infine, sto
preparando una sitcom con un mio amico produttore, che è molto carina. Sarà suddivisa in puntate da 15
minuti davvero molto divertenti”.

Avete già pensato a dove distribuirla?

“Sì, su una piattaforma che si chiama INTV Italia, che è molto bella: ha 200milioni di utenti e trasmette in
130 Paesi del mondo. La sit-com si intitola Il Cronista. Un uomo che è goffo e ne combina di tutti i colori
mentre va in giro a fare interviste per la televisione per cui lavora. Insieme a me ci saranno dei personaggi,
più o meno noti, a fare le guest-star delle varie puntate. Non siamo ancora andati sul set, però. Dobbiamo
ancora iniziare”.

Ritornando ai lavori cinematografici. Immagino ci sia contentezza per il ritorno nelle sale, rimaste chiuse

per tanto tempo causa pandemia…
“Assolutamente. Siamo rimasti bloccati per tanto. L’avvento delle piattaforme, così come lo scaricare i film
gratis, ha danneggiato ancora di più il cinema. Da attore, ho vissuto quel periodo a casa. Sfortunatamente,
in Italia, il mondo dello spettacolo non è ancora considerato come un lavoro vero e proprio. Non abbiamo
un sindacato, motivo per cui non ci sono stati aiuti. Non mi è restato dunque altro da fare se non aspettare
tempi migliori”.

So che ha studiato recitazione anche all’estero.

“Ho fatto uno stage all’Actor Studios di New York. In seguito, ho studiato al Centro Teatro Attivo di Milano
con l’attrice e doppiatrice Nicoletta Ramorino. Anche se studiare, nel mio mestiere, è estremamente
importante, ritengo che per fare l’attore ci voglia un talento di base naturale. Non credo che sia un lavoro
accessibile a tutti. Specialmente nel cinema, oltre al talento, si deve avere una faccia particolare, che buca
l’obiettivo. Bisogna essere persone carismatiche e magnetiche. La scuola serve per affinare il talento,
ammesso che uno ce l’abbia, ed imparare la dizione, l’uso della voce e del diaframma. Insomma, dal mio
punto di vista, per emergere ci vogliono talento e faccia”.
E personalmente, quando è nata la sua passione per l’arte?
“Quando ero bambino. Avevo circa sei anni e guardavo i film di John Wayne. Sono appassionato del genere
western. Imitavo Wayne con un mio amichetto, in campagna dai nonni, e facevo finta che ci fossero gli
indiani. E’ una passione che c’è sempre stata e che ho deciso di convertire in un lavoro. Ritengo che per
farlo, in primis, uno debba avere un vero e proprio amore per l’arte e non per i soldi. Quelli sono la
conseguenza della dedizione che si mette nell’arte. Noi artisti siamo dei guerrieri che devono proteggere un
bellissimo castello dorato. L’arte non si deve sfruttare per egocentrismo, megalomania e opportunismo. E’
una cosa da proteggere. Anche perché chi recita è precario: a volte stai dei mesi fermo finché non trovi
diverse occasioni, che spesso devi anche rifiutare perché, magari, ti capitano più offerte in contemporanea.

Infatti, quando lavori, devi fare un po’ la formica, perché non bisogna solo cavalcare l’onda ma anche
mettere qualcosa in cassa se poi starai fermo. Noi artisti siamo come i surfisti: dobbiamo stare sulla
spiaggia, cavalcare al massimo l’onda che arriva, aspettarne un’altra e così via”.

Ha lavorato con tanti attori noti. C’è qualcuno di loro che le ha trasmesso qualcosa che conserva ancora
oggi?
“Un uomo straordinario è stato Nino Manfredi. Ho lavorato con lui nel suo ultimo film, Apri gli occhi e…
sogna. Ero un ragazzo giovane e, in quanto tale, emozionato a stare al fianco di un attore del suo calibro.
Mi ha così consigliato di lasciarmi guidare; è stato davvero di un’umanità incredibile. In ogni caso, tutti i
grandi con cui lavori ti lasciano qualcosa. Oltre a Manfredi, ricordo poi con affetto Giancarlo Giannini, Ricky
Tognazzi, Virna Lisi, Giuliana De Sio nella terza stagione de Il Bello delle Donne. Ho lavorato con Remo
Girone, Antonia Piccolo, Paola Pitagora in uno sceneggiato Rai”.

A proposito de Il Bello delle Donne è felice di averne fatto parte?
“Sì, è stato un grande piacere. All’epoca, quando andava in onda, la serie mi ha dato una grande notorietà.
In Italia noi abbiamo un po’ il culto del cinema americano, che seguiamo tantissimo. Un attore italiano
dunque, per farsi conoscere, deve prendere parte ad una grande fiction, soprattutto se importante come Il
Bello delle Donne, che aveva tantissimi telespettatori e non era volgare. In quella fiction, è stato fatto un
lavoro straordinario e all’avanguardia. Ha proposto storie tra eterosessuali ma anche tra omosessuali, cosa
che per l’epoca era impensabile. Non è come oggi che, per trovare storie analoghe, basta andare su Netflix.
Un altro lavoro molto bello che ho fatto è stato Incantesimo”.
In un certo senso, data la proposta televisiva che è frammentata dalle varie piattaforme, al giorno d’oggi
è difficile raggiungere i risultati in ascolto che facevano fiction come Il Bello delle Donne o Incantesimo…
“Sono irraggiungibili e, secondo me, non ci sono più i soldi per fare determinati lavori in Italia, come invece
accade in Francia o all’estero in generale. Non ci mancano i professionisti, ma il potere economico per fare
determinati lavori”.

Per quanto riguarda, invece, i suoi lavori cinematografici, quali hanno segnato maggiormente il suo
percorso artistico?
“Ha avuto molto riscontro un omaggio a Pasolini, per la regia di Gianni Minello, intitolato E insieme vivremo
tutte le stagioni. Aveva tutti gli attori pasoliniani, come Franco Citti, Laura Betti, Ninetto Davoli. Lì mi sono
messo alla prova perché ho fatto il ruolo dell’omosessuale. Sono rimasto leggero, non ho accentuato. E’
stato un film che mi ha dato un grande input a livello di carriera perché mi ha messo in un ruolo insolito,
molto bello ed impegnativo, dove dovevo andare a tirare fuori qualcosa. E poi cito anche I Giorni dell’Amore
e dell‘Odio – Cefalonia con Tognazzi, un lavoro molo bello venduto all’estero che ha avuto tanta risonanza,
dove ho interpretato il tenente dell’esercito italiano. Inoltre, ricordo molto bene Prigioniero della mia
libertà, distribuito in 30 paesi del mondo. Insomma, alcuni film mi hanno dato degli input notevoli”.

Come si approccia ai personaggi che interpreta?
“Vengo dal Metodo Stanislavskij. Parto dal lavoro dell’attore su se stesso. Mi domando, ad esempio, come
mi comporterei se fossi un avvocato. Ovviamente, bisogna tenere presente che un attore, in primis, deve
avere una grande immaginazione visiva. Deve vedere, prima di interpretarlo, come sarà il suo personaggio.
E poi deve lasciarsi trasportare dalle emozioni. Non deve aver paura di ‘volare’ o di ‘andare nel vuoto’.
Insomma, deve vivere al 100% il personaggio. Per fare questo, bisogna avere una mente libera, molto
aperta. Bisogna essere una persona che, come un’aquila, guarda il mondo dall’alto e non rimane soggetta a
pettegolezzi, quisquiglie, giudizi”.

In ciascun ruolo ci mette anche del suo?

“Certo. Ultimamente ho interpretato il grande personaggio di Tiresia nel film Enigma di una produzione
indipendente. Era ambientato nell’antica Grecia ed ero un indovino imbroglione che parlava con gli dèi. Lì
mi sono fatto crescere la barba per un mese e mezzo, ho assunto atteggiamenti e modi di fare diversi. E’
stata una prova attoriale fuori dal comune. Andava al dì là della vita comune di tutti i giorni. Ed è questo il
bello dell’attore: calarsi in ruoli e situazioni che nella quotidianità non affronteresti mai. In Italia questo non
è facile: i personaggi sono sempre i soliti, ma possono capitare delle eccezioni”.

Negli ultimi anni le sono stati consegnati anche dei premi importanti, giusto?

“Esatto. Ne ho ricevuto due: il Premio Internazionale Culturale Cartagine 2.0 nel 2020, che in passato è
stato consegnato a nomi prestigiosi come Kofi Annan, Giulio Andreotti, Franco Zeffirelli, Antonio Banderas e
Lino Banfi, ed il Colosseo D’Oro nel 2021, che è altrettanto ambito. Ricevere premi fa piacere, perché vuol
dire che hai fatto qualcosa di bello nella tua carriera. Ti ripaga di tutti gli sforzi che hai fatto per emergere”.

Parlando di sogni c’è un regista o un attore con cui vorrebbe lavorare? Una tipologia di film che le
piacerebbe interpretare?

“Un mio sogno nel cassetto sarebbe tornare indietro fino agli anni ’70 e lavorare con Sergio Leone, magari
in film di genere western. Lui faceva proprio il Cinema. Oggi i grandi registi, come Quentin Tarantino,
copiano le sue inquadrature, che 50 anni fa erano davvero innovative. E poi mi piacerebbe lavorare con Luc
Besson, un regista straordinario, che ha fatto Nikita, Leon e I Fiumi di Porpora, perché unisce la
spettacolarità americana con la psicologia europea. E’ un mix incredibile; mi piacerebbe davvero lavorare
con un regista di questo calibro. Per quanto riguarda gli attori, mi piacerebbe incontrare Elio Germano, che
ha una faccia particolare e i suoi ruoli li fa davvero molto bene. Comunque sia ho un sogno più grande di
quelli che ho appena raccontato…”

Quale?
“Siccome vedo l’artista come una stella che scende dal cielo, ho come sogno quello di lasciare, durante il
mio cammino su questa terra, per chi verrà dopo di me, una luce perpetua e positiva. In modo tale che,
quando non ci sarò più, penseranno a Gianluca Magni con un senso di positività e col sorriso. Questa è la
cosa che mi piacerebbe fare di più, al di là dei guadagni. Credo che questo sia il senso della vita di ciascuno
di noi. Tanto, tutto quello che facciamo non lo portiamo nell’aldilà ma rimane qua sulla terra”.
Tornerebbe a recitare in una fiction?
“Volentieri! Magari in un ruolo in grado di identificarmi. E sicuramente ci ritornerò. Ora sta riprendendo il
lavoro dopo un periodo di sconquassamento. Sperando, ovviamente, che non ci richiudano a settembre
un’altra volta”.

Hai qualche hobby? Cosa le piace fare nel tempo libero?
“Faccio tanto sport, perché sono un appassionato. Ho giocato per tanto tempo a calcio. Inoltre, nel tempo
libero, porto fuori il mio cane Charlie, che è un bassotto molto carino, e sto con la mia compagna. Vivo a
Roma. Faccio una vita normale. Sono un salutista: mangio bene, dormo le ore giuste. Vado alle feste legate
al mio lavoro solo se serve e nei momenti giusti. Non vivo in maniera spasmodica ed esagerata il mondo
dello star system. Ho una vita privata mia, al di fuori dello spettacolo, che penso sia la mia salvezza. Credo
sia importante staccare i due campi, come ho sempre fatto”.

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