Un mobiliere brianzolo 55enne è stato condannato a 6 anni di carcere dal tribunale di Monza per aver fatto abortire la compagna, una donna monzese
45enne. L’uomo è stato riconosciuto colpevole di aver aggiunto un farmaco a una tisana e a un bicchiere di acqua di cocco procurando un aborto
alla compagna che voleva invece tenere il bambino. Secondo quanto riporta il quotidiano Il Giorno, la donna ha raccontato in tribunale che all’epoca lei e il
mobiliere, vedovo e con figli grandi, avevano attraversato momenti di crisi, ma lui poi sembrava convinto di voler riprendere il rapporto e formare
una nuova famiglia con la compagna. “Quando gli dissi che ero rimasta incinta, la sua reazione fu rabbiosa, nonostante quello che diceva di desiderare
per il nostro futuro. Io non sapevo che fare, ma alla fine decisi di tenere il bambino, con o senza di lui”, ha spiegato la donna. Una sera del 2018,
ha proseguito la 45enne nel racconto, lei è andata a casa del compagno: vivevano separati, e ai figli dell’uomo non era stato detto nulla della gravidanza.
La donna ha quindi spiegato che, entrata in casa, trovò due tisane già pronte: era un’abitudine della coppia, ma di solito la preparava lei al momento. Al momento però
non ci fece caso, e bevve la tisana. Quindi lui le offrì un bicchiere di acqua di cocco, altra abitudine consolidata. Ma lei avvertì un sapore strano, e notò
sul fondo del proprio bicchiere un residuo che invece in quello di lui non c’era. Quella sera stessa la donna finì al pronto soccorso dell’ospedale.
E quindi, alla settima settimana di gravidanza, perdette il bambino e decise di denunciare il compagno. Ora il tribunale le ha dato ragione: durante le
indagini è emerso che l’uomo aveva cercato su internet notizie su un farmaco abortivo e sul risarcimento del danno per un bambino non riconosciuto.
E dopo l’aborto ci sono evidenze di ricerche online sulla possibilità che quel farmaco lasciasse tracce nel sangue. Una perizia medica e tossicologica
disposta dai giudici non ha però fornito elementi decisivi, l’uomo non è stato trovato in possesso del farmaco e non c’è prova che l’abbia acquistato. L’uomo,
durante il processo, ha spiegato che lui quel bambino l’avrebbe voluto perché la gravidanza era “un sogno, un nuovo progetto con la mia compagna”.
Mentre invece per i pm il mobiliere l’ha vissuta come “un incubo, un problema da risolvere”. Ciò nonostante il tribunale ha condannato l’uomo,
disponendo una provvisionale di 20mila euro, mentre l’eventuale risarcimento dovrà essere deciso in sede civile. Ora si attendono le motivazioni della sentenza, che verranno depositate entro 90 giorni. Fonte Tgcom24.