Emanuela Orlandi, il fratello Pietro e la lettera inedita a Verissimo: «La tenevano a Londra perché era incinta»
Il caso Emanuela Orlandi è uno dei capitoli più oscuri e misteriosi nella cronaca italiana e vaticana.
Pietro Orlandi, fratello di Emanuela è l’unico che, in 40 anni, non ha mai accettato il silenzio e le incongruenze che avvolgono questo caso.
Procura, Vaticano e Commissione d’inchiesta sono tre i rami su cui si sta sviluppando l’indagine.
Pietro Orlandi mostra a Verissimo dei documenti inediti: «Un anno fa una persona mi scrive spiegandomi che lui viveva a Londra.
Io lo ho ascoltato e mi ha detto che lui sapeva questa cosa perché lui era lì. Emanuela abitava al suo fianco nell’ostello dei preti. Lui dice che Emanuela era in un appartamento singolo non nell’ostello».
La lettera, che il fratello di Emanuela porta nel salotto di Silvia Toffanin sarebbe del Cardinal Poletti inviata all’ex del ’93 segretario di stato inglese e ministero della difesa:
«La ringrazio per essersi reso disponibile per il problema inaspettato»… Importante che la signorina Orlandi rimanga viva e in salute, per quanto è chiara la visione del Vaticano che un feto all’interno di un grembo materno possieda un’anima comprendo la sua preoccupazione ed essendone coinvolto in prima persona condivido in parte il suo pensiero».
Dalla lettera ,che Silvia Toffanin legge si capisce che Emanuela Orlandi era incinta e per questo, secondo quanto si apprende dal documento in questione, è stato chiesto l’aiuto da parte del Vaticano allo stato inglese per interrompere la gravidanza.
«La lettera diranno che è falsa perchè la lettera è del 93 e Poletti non era piu’ vicario di Roma, ma per me è vera» insiste il signor Pietro Orlandi
«Tutti mi hanno garantito che presto partirà la Commissione parlamentare».
È fiducioso in una vicenda in cui verità e giustizia sembrano sfilargli via tra le mani.
Roma 22 giugno 1983, Emanuela Orlandi esce dalla scuola di musica che frequentava e viene vista per l’ultima volta alla fermata dell’autobus.
Le piste arrivano ovunque persino al terrorismo internazionale ma bussano insistentemente alle porte del Vaticano e si intrecciano alla criminalità organizzata.
40 anni di silenzio ma una sola certezza il dolore della famiglia che sceglie di lottare per Emanuela.
Nonostate tante segnalazioni che aprono scenari terribili che non portano a nulla in questa odissea c’è un fratello che non ha mai smesso di far sentire la sua voce, ora che la verità non è mai stata così vicina Pietro sente risciovolarla dalle dita. «Non smetteremo mai di cercarla. 40 anni sono tanti».
Pietro aveva poco più che 20 anni quando è successo. «Siamo caduti nel vero senso della parola era ricambiato tutto.
La cosa più brutta era non sapere nulla. La paura di trovare Emanuela morta in un cespuglio.
Pietro è padre, di 6 figli e marito, e proprio da loro trova la forza di continuare a lottare per scoprire la verità. «Mia moglie e i miei figli mi hanno sempre supportato. Patrizia ha sposato me e questa storia».
«Io la sento viva, lei ha 53 anni ma nella mia testa è sempre la 15enne che è uscita di casa quel giorno.
Io spero sempre di ritrovarla o almeno di capire cosa è successo e darle giustizia».