«Stiamo discutendo di gas da sette mesi. Abbiamo speso decine di miliardi dei contribuenti europei, serviti a foraggiare la guerra di Mosca e non abbiamo ancora risolto nulla. Se non avessimo perso così tanto tempo ora non ci troveremmo sull’orlo della recessione», l’hanno sentito dire ieri.
Un Draghi davvero furioso quello che si è visto ieri nel corso del vertice tenutosi con gli altri capi di stato.
Gli obiettivi di Draghi erano fondamentalmente tre. La prima è Ursula von der Leyen. Con la quale aveva discusso già la sera prima, invitandola a smetterla di farsi condizionare da Germania e Paesi Bassi. Gli altri due sono invece Olaf Sholz, cancelliere della Germania, e Mark Rutte, premier olandese. Imputa a entrambi di aver rotto il fronte della solidarietà europea.
Ieri Draghi ha parlato in privato anche con Emmanuel Macron. Dell’uscita della ministra degli Affari Europei Boone, che ha parlato di vigilanza sull’Italia per il rispetto dei diritti. Poi rettificando quando Meloni era già partita all’attacco. Macron si è impegnato con Draghi a una dichiarazione riparatrice. Poi sul tetto del gas e sulle resistenze dei paesi nordici. L’Italia ha proposto un tetto al gas dinamico. In questo modo sarebbe «possibile stabilire un valore centrale per questo corridoio (di prezzo, ndr) e rivederlo regolarmente tenendo conto di parametri di riferimento esterni e consentendo fluttuazioni, ad esempio del 5%».
Per questo Draghi è furioso con la Germania e con l’Europa. In questi mesi il suo governo ha speso 60 miliardi in aiuti. E ora non ha spazio per altro deficit. «Cosa dovrebbe fare adesso Giorgia Meloni?», ha detto agli altri capi di governo. «Quel che conta è restare uniti fra di noi», perché nel frattempo «la propaganda russa è diventata più aggressiva e piena di menzogne», ha detto. E questo perché Putin «sta scientemente mettendo in difficoltà l’Europa sul gas per alimentare tensioni sociali, costruire consenso e spaccare l’Unione». Ed è quello che esattamente sta accadendo. Perché intanto comincia a soffiare sull’Europa il vento della recessione. E se ci arriveremo, è il ragionamento, sarà colpa dell’Europa.