Dopo 30 anni di ricerca la Sbarro Health Research Organization arriva anche in Italia

23 Maggio 2024 - 22:22

Dopo 30 anni di ricerca la Sbarro Health Research Organization arriva anche in Italia

La Sbarro Health Research Organization (SHRO) è un’organizzazione di ricerca biomedica senza scopo di lucro con sede a Philadelphia, negli Stati Uniti. Fondata dal professor Antonio Giordano nel 1993, l’organizzazione si dedica allo studio del cancro, delle malattie cardiovascolari e altre patologie gravi. La SHRO collabora con istituzioni accademiche e centri di ricerca di tutto il mondo per sviluppare nuove strategie diagnostiche e terapeutiche, con l’obiettivo di migliorare la salute pubblica e il benessere globale. La ricerca condotta dall’organizzazione copre una vasta gamma di aree, tra cui la genetica, la biologia molecolare e la biotecnologia.

Dopo trent’anni dalla sua fondazione raggiunge finalmente l’Italia.

Quest’oggi abbiamo con noi il Professor Antonio Giordano che ci racconterà questa realtà.

Benvenuto a Retenews24 Prof Giordano, ci racconta di cosa si occupa la Sbarro Health Research Organization?

Lo SHRO è un centro di eccellenza mondiale per la ricerca sui tumori che ha sede a Philadelphia.
Nel 1993, in seguito alla mia scoperta del gene oncosoppressore pRb2 ed una generosa donazione di Mario Sbarro, fondai l’Istituto Sbarro. Inizialmente, il centro di ricerca era situato presso la Thomas Jefferson University, dove il ero professore. Nel 2002 mi trasferii alla Temple University dove lo Sbarro Institute venne ribattezzato Sbarro Health Research Organization, Inc.. Nel corso degli anni, lo SHRO ha ricevuto diversi finanziamenti dalla Temple University ampliando, così, il suo programma di ricerca che vede incluso il lavoro sulla relazione tra obesità e cancro, un nuovo programma sulla terapia molecolare per esplorare come la ricerca genetica molecolare possa essere applicata alle terapie e alla diagnostica del paziente.

Dopo 30 anni di ricerca negli USA, la Sbarro Health Research Organization raggiunge l’Italia, quali sono gli obiettivi che vi siete prefissati?

Oltre alla clonazione del gene oncosoppressore RBL2/p130, ho individuato altri due regolatori del ciclo cellulare e del differenziamento: i geni CDK9 e CDK10, contribuendo così al disegno di diversi farmaci che, attualmente, sono nella fase del trial clinico.
Tuttavia, tutte le mie ricerche scientifiche, focalizzate, da sempre, sulla comprensione dei meccanismi molecolari deregolati alla base dello sviluppo del cancro, sono correlate tra di loro. Sappiamo che il tumore è una patologia multifattoriale e che tra le varie cause dello sviluppo vi è l’esposizione ad inquinanti ambientali. Ne discende possiamo definire il tumore come una patologia genetica ambientale. Il mio obiettivo è far convergere tutte le mie ricerche.
In quest’ottica mi occupo di studiare precise alterazioni molecolari al fine di identificare nuove strategie terapeutiche mirate per il mesotelioma ed il tumore al polmone, la cui eziologia – come noto- è correlata all’esposizione ad inquinanti ambientali. Sappiamo che per aumentare il successo di una terapia è necessario diagnosticare quanto più precocemente possibile la neoplasia, individuare caratteristiche peculiari del tumore che lo rendono responsivo o meno a determinati trattamenti per cui cerco di individuare markers diagnostici, prognostici e terapeutici.

Finalmente grazie al vostro lavoro i ricercatori che, in prima battuta, sono stati costretti ad andare via dall’Italia, adesso potranno ritornare in patria.
In questo modo contribuiranno ad accrescere il prestigio italiano della ricerca.

La scienza medica è una scienza universale. L’Italia ha avuto una grande rivincita in ambito scientifico durante la pandemia, ma purtroppo ad oggi assistiamo ancora alla famosa “fuga dei cervelli”. Questo perché il nostro Paese paga il prezzo di una burocrazia lunga e ricorre al precariato per mancanza di fondi, inducendo menti brillanti ad abbandonare il Paese.

Quali sono stati i risultati ottenuti, in questi trent’anni, nelle ricerche contro il cancro e le patologie cardiovascolari?

Le attuali tecnologie ci consentono di studiare migliaia di geni contemporaneamente e velocemente; ci consentono di individuare la terapia giusta per il paziente, cercando di limitare al massimo gli effetti collaterali. Quindi, i miglioramenti diagnostici e terapeutici ci sono stati ma oggi, sappiamo anche che, la maggior parte delle patologie croniche degenerative, tra cui il cancro e le patologie cardiovascolari sono correlate a stili di vita errati ed inquinamento ambientale. Pertanto, se non impareremo a rispettare l’ambiente la nostra salute, nonostante i progressi in ambito scientifico potremmo assistere ad un aumento dell’incidenza di tali patologie.

  •