Brasile: uccide il marito, gli taglia il pene e lo frigge in padella
La donna avrebbe ucciso il marito al culmine di una lite poi lo avrebbe mutilato con un coltello da cucina

Orrore in Brasile, dove una donna è accusata di aver ucciso il marito, prima di tagliargli il pene e friggerlo in padella. Dayane Cristina Rodrigues Machado, 33 anni, è stata arrestata lunedì 7 giugno nella città brasiliana di Sao Goncalo, nello Stato di Rio de Janeiro. A riportare la notizia è il The Sun
Orrore in Brasile: accoltella il marito e lo mutila, indagini in corso
La polizia è stata chiamata nel quartiere di Santa Catarina e secondo quanto riferito ha trovato il corpo del marito – noto solo come Andre – senza vita, nudo e mutilato. La moglie è accusata di averlo evirato e di aver cucinato il pene in una padella con olio di soia verso le 4 del mattino. È stata accusata di omicidio e profanazione di cadavere e la polizia ha sequestrato un coltello da cucina sulla scena del delitto.
Problemi nella coppia
La coppia stava insieme da 10 anni, ma era separata da due e continuava a vedersi a intermittenza. Andre e Dayana hanno un figlio di 8 anni e una figlia di 5 e gestivano insieme una pizzeria. Stando a quanto riportato dai media brasiliani, la coppia è andata in uno snack bar la sera del delitto e ha avuto una discussione. L’avvocato della donna, Carla Policarpo, ha detto che il marito l’avrebbe minacciata e lei lo ha ucciso per legittima difesa. Ma la sorella di Andre, Adriana Santos, afferma che la moglie ha ucciso suo fratello per vendicarsi di un suo presunto tradimento.
Le denunce
Pare che Dayane Machado avesse denunciato l’uomo alla polizia in un’occasione e la coppia
litigava costantemente. “Andre non ha accettato la fine della relazione e ha detto che se lei non
poteva stare con lui, non poteva stare con nessuno”, ha aggiunto Policarpo. Ha detto che la sua
cliente è “turbata” per quello che è successo. L’indagine è in corso.
Il tradimento è certamente una delle esperienze più temute e dolorose all’interno della vita di coppia,
nonché uno dei motivi più comuni di rottura della relazione e divorzio. Che siate stati vittime di
tradimento oppure artefici, ecco 7 idee scientifiche che vi aiuteranno a fare maggior chiarezza su
questo complesso fenomeno umano.
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1 – Quanto è frequente il tradimento?
Numerose ricerche hanno tentato, nel tempo, di stimare la prevalenza del tradimento nella
popolazione generale. Tuttavia, i risultati sono eterogenei e compresi in un range decisamente ampio
che oscilla tra l’1,5% e il 60% (Smith, 1991; Gordon et al., 2004) a seconda del campione di riferimento
e della domanda sperimentale. Un certo numero di studi (vedi ad esempio Atkins et al. 2001 o Wiederman 1997)
indica come la percentuale di persone aventi una relazione stabile che dichiara esperienze extraconiugali
si attesti mediamente attorno al 25%. Che l’infedeltà si concretizzi o meno, la fantasia di tradimento
è un’esperienza molto comune: secondo i risultati di uno studio condotto da Hicks e Leitenberg (2001),
alla quasi totalità degli uomini (98%) e a una fetta molto significativa di donne (80%) è capitato di
fantasticare di avere rapporti con persone diverse dal loro partner.
2 – Uomini e donne hanno diversi concetti di tradimento
Quando si parla di tradimento, ognuno ha un suo personale modo di vedere le cose. Alcuni di noi
si sentono traditi nel momento in cui vengono a sapere che il partner ha avuto un rapporto
sessuale con qualcun altro, per altri la vera questione riguarda la vicinanza emotiva. Uno
studio condotto da Kruger e collaboratori (2013) e pubblicato sulla rivista Evolutionary Psychology
ha mostrato come uomini e donne abbiano tendenzialmente idee diverse in merito: mentre gli uomini
darebbero particolare importanza al tradimento fisico, anche di una sola notte, le donne tenderebbero
ad attribuire un’importanza fondamentale a comportamenti di vicinanza emotiva come tenersi per mano
o scambiarsi messaggi a sfondo amoroso. Una definizione “completa” dell’infedeltà include
dunque entrambe le sfaccettature (sessuale ed emotiva) e può essere ben rappresentata da quella
offerta da Snyder e collaboratori (2007): “una violazione delle aspettative o degli standard di una relazione
diventando emotivamente o fisicamente coinvolti con qualcun altro”.
Una ricerca condotta da Alter e Hershfield (2014) e pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences ha mostrato come le persone abbiano molta più probabilità di essere infedeli alle soglie di un nuovo decennio di vita, ossia quando hanno un’età che termina con il numero 9 (29 anni, 39, 49, ecc.). Quando ci avviciniamo ad un nuovo decennio, infatti, tendiamo a farci più domande sul significato della nostra esistenza, arrivando più facilmente a mettere in discussione aspetti della nostra vita e, in alcuni casi, a fare cambiamenti importanti. Tra questi spiccano il coinvolgersi in relazioni extraconiugali, ma anche modificare stile di vita (ad esempio cominciare a praticare sistematicamente uno sport) e addirittura decidere di porre fine alla propria esistenza.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio? Il vecchio cliché del “traditore seriale” è stato sottoposto
a verifica empirica nel 2017 da Knopp e collaboratori, e l’esito sembra positivo. Seconda lo studio,
pubblicato sulla rivista Archives of Sexual Behaviour, le persone che hanno tradito avrebbero una
probabilità significativamente maggiore di tradire nella relazione successiva rispetto
a persone che non hanno tradito. Per arrivare a questa conclusione, i ricercatori hanno seguito
longitudinalmente 484 adulti attraverso due relazioni sentimentali. Coloro che hanno riferito di
essere stati coinvolti in esperienze extraconiugali durante la prima relazione avevano una probabilità
3 volte maggiore di riferire lo stesso comportamento nella relazione successiva rispetto a coloro che
non avevano avuto tali esperienze fedifraghe. Benché l’infedeltà precedente sia emersa come fattore
di rischio per l’infedeltà nelle relazioni successive, è bene sottolineare che si tratta di un trend
e non di un “destino”.
Ma perché le persone tradiscono? Come per tutti i comportamenti umani complessi, anche
nell’infedeltà sono coinvolti una moltitudine di fattori di diversa natura. Tra i fattori ambientali
che sono stati associati all’infedeltà possiamo elencare fattori relativi alla coppia in sè, come
una vita emotiva o sessuale insoddisfacente (Mark et al., 2011), fattori relativi al contesto, come
l’esposizione ad ambienti che forniscono un’approvazione sociale (ad esempio, frequentare persone
per cui tradire è “normale”, Buunk et al. 1995), e fattori interni alla persona come lo stile di
attaccamento (Russell et al., 2013) o alcuni tratti di personalità (vedi dopo). Uno studio condotto
da un team di ricercatori dell’università del Queensland (Zietsch et al., 2014) sostiene che una parte
delle differenze tra individui per quanto riguarda l’infedeltà potrebbe essere riconducibile a fattori di stampo genetico (in particolare, il 62% negli uomini e il 40% nelle donne). Altri studi confermano l’importanza di fattori di stampo biologico, ad esempio una ricerca del 2010 svolto da Garcia e collaboratori su 181 volontari ha mostrato come coloro che avevano la variante lunga del gene del recettore della dopamina (DRD4) avevano una maggior probabilità di aver tradito il proprio partner rispetto a quelli che avevano la variante corta.
I fattori che motivano le persone alla fedeltà sono il tema chiave dello studio di Apostolou e Panayiotou (2019) pubblicato sulla rivista Personality and Individual Differences. Nella top 3 delle motivazioni per cui le persone scelgono di non tradire sono risultati essere al primo posto la soddisfazione per la propria relazione, al secondo posto il senso di colpa personale e al terzo posto la paura delle conseguenze per se stessi (dallo stigma sociale alla necessita di ricostruirsi una vita da zero). I ricercatori hanno anche cercato di identificare quali tratti di personalità fossero maggiormente associati all’attitudine a tradire o a rimanere fedeli e, per capirlo, hanno somministrato ai soggetti del campione il test di personalità Big Five. Più una persona otteneva punteggi alti in una scala del test denominata “apertura all’esperienza” (che misura la predisposizione a ricercare stimoli esterni al proprio contesto ordinario), maggiore era la sua propensione a tradire. Al contrario, più alto era il punteggio in un’altra scala denominata “coscienziosità” (che raggruppa tratti come precisione, affidabilità, accuratezza, perseveranza), minore era la sua propensione al tradimento.
Per quanto l’esperienza del tradimento sia molto dolorosa e in diversi casi traumatica, non sancisce necessariamente la fine di una relazione. La ricerca dimostra che, se molto relazioni soccombono all’infedeltà, altre vi sopravvivono e diventano addirittura più salde di prima (Heintzelman et al., 2014; Abrahamson et al. 2012). Affinché ciò si realizzi sono necessari alcuni ingredienti, come l’esperienza del perdono, la cura del legame di attaccamento ferito, l’impegno, il tempo e, talvolta, un lavoro psicologico. Esther Perel, psicoterapeuta di coppia belga di fama internazionale, è d’accordo. Ecco cosa dichiara nel suo TED talk “Ripensare l’infedeltà”: “Il dolore del tradimento è profondo. Ma può essere curato. Alcuni tradimenti sono le campane a morto per relazioni che stanno già avvizzendo. Ma altre ci daranno la scossa per nuove possibilità. Il fatto è che la maggior parte delle coppie che hanno provato il tradimento restano insieme. Alcune di queste si limiteranno a sopravvivere, mentre altre saranno davvero in grado di trasformare la crisi in un’opportunità. Saranno in grado di trasformarla in una esperienza di crescita (…). Molte coppie, nel periodo immediatamente successivo a un’avventura, a causa di questo nuovo disordine, possono davvero giungere a un nuovo ordine e affrontano conversazioni profonde con un’onestà e una franchezza che non hanno avuto per decenni”.