Quando con un gruppo di colleghi analizzammo il rapporto tra fenomeni sportivi e fatti sociali, capimmo che uno spazio avremmo dovuto dedicarlo a Maradona. Molteplici furono gli spunti di ricerca sul tema maradoniano che da allora abbiamo portato avanti, e ce ne sarebbero tanti altri ancora.
Così come richieste di collaborazione per nuovi studi sul Pibe ci arrivano ancora oggi da colleghi di tutto il mondo, giusto per afferrare la straordinaria ribalta planetaria del fenomeno e le sue innumerevoli sfaccettature. Uno degli argomenti che gioco forza ci portò a riflettere fu il rapporto tra Maradona e il tifo napoletano.
Che poi, vuol dire con la città di Napoli, se pensiamo alla connaturata coincidenza tra l’identificazione con la squadra e quella con la comunità cittadina. In una città in cui abbondano effigi e reliquie maradoniane, o dove si sente il suo nome pronunciato in pressoché ogni conversazione da bar a tema calcistico, un sociologo non può non interrogarsi sui fondamenti di questa identificazione e, soprattutto, su cosa rimane nelle nuove generazioni.
Maradona è rappresentato dai tifosi napoletani, in primo luogo quelli che hanno vissuto di persona le sue gesta, come il leader che ha affrontato gli ostacoli dell’ordine esistente, caricandosi sulle spalle un destino collettivo e vincendo. Vincendo in una città poco abituata al sapore della vittoria, con uno stile calcistico – geniale, magari poco incline alla disciplina… – che tanto bene si adatta all’immagine dominante (seppur semplicistica) della napoletanità.
Non è un caso se il frasario tipico dei tifosi associa Maradona a parole chiave come riscatto o fierezza. Maradona è dunque stato alimento decisivo dell’amor proprio e del rispetto di sé di una comunità. Che ha sentito finalmente di poter ribaltare simbolicamente una condizione di perdurante subalternità rispetto alle gerarchie calcistiche, economiche e sociali del paese.
Questo corpus di concezioni e sentimenti ha affascinato le nuove generazioni, che ne condividono l’impianto, sebbene a volte con un coinvolgimento meno appariscente. Ciò, però, non è un fattore di indebolimento, anzi. Quelle iniziali emozioni fugaci, infatti, sono ora diventate tradizione, dottrina, assioma. Maradona è ora un’icona indiscussa della città, un simbolo di appartenenza, orgoglio e fiducia collettivo, ormai riconosciuto anche da chi non segue il calcio.
E, se è dunque questo l’impatto del pibe de oro sui napoletani, valgono le seguenti conclusioni. Non bisogna meravigliarsi se i fattori di turbolenza della sua vita, i suoi errori biografici, i suoi comportamenti, non sempre impeccabili, sono considerati di secondo piano, pur censurabili. Insomma, di fronte a questo portentoso travaso di autostima, l’atteggiamento prevalente rimangono riconoscenza, ossequio e adorazione che ha tutta l’aria di essere di lunga durata.
Luca Bifulco (prof. di Sociologia dello Sport e Comunicazione della Federico II)