La scorsa notte una detenuta di 52 anni si è tolta la vita nella sua cella del carcere di Rebibbia, dove stava scontando una pena di otto anni per tentato omicidio. Il suo corpo è stato trovato senza vita dagli agenti della polizia penitenziaria, intervenuti troppo tardi per salvarla. Questo tragico episodio è l’ennesimo suicidio registrato all’interno delle carceri italiane, un problema che da tempo solleva preoccupazioni sulle condizioni di vita dei detenuti.
La donna, originaria di Terracina, stava affrontando un periodo difficile. Era in attesa di ricevere l’esito della valutazione Inps per la pensione di invalidità, una questione che sembrava pesare molto sulla sua psiche. La Garante dei detenuti di Roma, Valentina Calderone, ha spiegato che la donna era seguita dal suo ufficio e che la sua situazione era conosciuta, ma nessuno si aspettava un gesto così estremo. La preoccupazione per la pensione di invalidità, combinata con la difficile situazione detentiva, potrebbe aver contribuito alla sua tragica decisione.
Le circostanze dell’accaduto sono ancora sotto indagine. In particolare, si cerca di comprendere perché la detenuta non fosse sorvegliata adeguatamente, un elemento che potrebbe risultare cruciale per chiarire eventuali responsabilità. Il suicidio avvenuto a Rebibbia, infatti, non è un caso isolato: le statistiche mostrano un preoccupante numero di morti per suicidio nelle carceri italiane, sollevando interrogativi sul sistema di monitoraggio e assistenza psicologica disponibile per i detenuti.
Il caso della detenuta di Rebibbia evidenzia ancora una volta la necessità di riforme nel sistema penitenziario, soprattutto per quanto riguarda la gestione delle condizioni di salute mentale e il supporto alle persone più vulnerabili.
fonte: fanpage